di Vito Sibilio
Il processo che, coincidendo con lo scandalo del Vatileaks e traendo forza da esso, contribuì a cambiare l’indirizzo generale della Chiesa tra il Papato di Benedetto XVI e quello di Francesco, si identifica con la maturazione di una serie di istanze e movimenti di cattolici del dissenso, trasversali al clero e ai fedeli, che riescono in quel frangente ad andare al potere, coalizzandosi tra loro e con altri gruppi ecclesiastici di vertice e godendo del supporto visibile dei ceti dirigenti dell’Occidente. In ragione di ciò, lo si è assimilato alle Rivoluzioni Colorate promosse dagli USA, facendone così una sorta di regime change o golpe bianco. Fermo restando che io rimango convinto di quanto ho scritto sull’abdicazione di Benedetto XVI, del tutto libera, anche se resasi impellente per la fatica sostenuta nel mettere ordine nel caos del Vatileaks, nell’estirpazione della pedofilia e nel riordino del sistema finanziario del Vaticano, in quel che segue cercherò, mettendo in ordine ed in correlazione diversi fatti, di mostrare come sia oramai evidente che il progressismo cattolico sia stato accompagnato, nel suo pur libero sviluppo, dall’alta finanza mondialista e poi, una volta vinta la battaglia contro l’URSS, usato per espugnare la Chiesa, dopo una battaglia iniziata contro Giovanni Paolo II e culminata sotto Benedetto XVI. Tale operazione può essere considerata la risultante di tre elementi convergenti: la strumentalizzazione degli scandali per azzerare il prestigio della Chiesa, la catalizzazione del dissenso di base per sovvertirne l’ordinamento materiale e una psy-op contro Ratzinger per frastornarlo a tal punto da farlo morire o, in subordine, da affrettarne le intenzioni abdicatarie, fatte intuire da prima ancora dello scoppio del Vatileaks, nel 2009 durante la visita all’Aquila, culminata nel pellegrinaggio alle reliquie di San Celestino V.
E’ una storia complessa, avviatasi molto prima di quando chiunque avesse potuto presagirne la fine, al punto di incontro tra indirizzi culturali diversi e che ebbe protagonisti molto differenti.
La prima tappa si ebbe nel 1969, quando si tenne a Medellin la prima Assemblea Generale del CELAM, l’organismo di raccordo delle Conferenze Episcopali Latino Americane, che fece una scelta politica e sociale fortemente segnata dall’influenza del socialismo e che aprì la strada alla nascita della Teologia della Liberazione. Se questa si sviluppò anche e soprattutto per le interferenze dei servizi segreti dell’Est, assai attivi anche tra i Gesuiti e desiderosi di destabilizzare la Chiesa dall’interno, l’Assemblea di Medellin ebbe l’approvazione della Fondazione Rockefeller, che considerava il socialismo una forma di governo adatta a paesi più arretrati come quelli del subcontinente latinoamericano e mirava a condizionarlo mediante politiche di contenimento della crescita demografica e di svecchiamento del pensiero cattolico dominante.
Il 9 febbraio 1970, in Europa, Joseph Ratzinger, Karl Lehmann, Walter Kasper e molti altri, a fronte della crisi vocazionale ed identitaria del clero, espressero una visione possibilista sull’ammissione al sacerdozio di uomini sposati, i cosiddetti viri probati. Visione riapparsa anche nel libro Luce del Mondo, scritto da Ratzinger, quando divenne Papa, a quattro mani con Peter Seewald e pubblicato nel 2010.
Nel 1971 Gustavo Gutierrez pubblica l’opera Teologia de la liberaciòn, che dà inizio al movimento che ne porta il nome. In esso la promozione umana è identificata con il riscatto sociale, quest’ultimo fa tutt’uno con la Redenzione, la lotta di classe viene accettata come strumento, l’analisi marxista adoperata come metodo di studio.
Il 6 agosto 1978 morì Paolo VI, mentre si accingeva a restaurare i poteri del Sant’Uffizio. Dopo il pontificato di trentatré giorni di Giovanni Paolo I, del cui rigore disciplinare nessuno poteva dubitare, morto alla vigilia di una drastica repressione del dissenso dei Gesuiti di Pedro Arrupe, venne eletto, il 16 ottobre, Giovanni Paolo II.
Nel 1979 si tenne l’Assemblea Generale del CELAM a Puebla, dove Giovanni Paolo II mise in guardia dalle deviazioni ereticali della Teologia della Liberazione. Il movimento tende ad assestarsi, anche perché nel 1984 e nel 1986, con le istruzioni Libertatis Nuntius e Libertatis Coscientiae, la Congregazione della Dottrina della Fede, presieduta da Joseph Ratzinger e per conto del Papa, ne censura le storture. Le proteste dei movimentisti, non a caso sostenuti in Occidente dai media mondialisti, non fanno retrocedere la Santa Sede. I mondialisti speravano di conquistare il blocco sovietico dal di dentro, con investimenti economici che lo inducessero a creare insieme un nuovo ordine mondiale, attingendo ad un progetto che attingeva al socialismo fabiano anglosassone, più antico di quello marxista. Per questo avrebbero voluto che Giovanni Paolo II attenuasse il suo zelo anticomunista, ma senza successo. Il Papa non credette mai che il blocco comunista potesse evolversi democraticamente mantenendo le sue specificità e agì di conseguenza. Le correnti moderate della Teologia della Liberazione, tuttavia, non vengono represse e la corrente spirituale, pastorale e pacifista, rappresentate da Eduardo Francisco Pironio, poi Cardinale, e da Helder Camara, vescovo di Recife, godono di un certo prestigio. Sono senz’altro le forme più mature di teologia inculturata proprie dell’America Latina, la più vasta regione cattolica del globo, ma anche ancora culturalmente arretrata. In questo alveo ortodosso della Teologia della Liberazione, nella sua forma detta del Pueblo, si formò anche Jeorge Mario Bergoglio.
Nel 1989 fu firmato il Manifesto di Colonia, da 220 studiosi, contro i punti chiave del magistero di Giovanni Paolo II in bioetica e per una riforma del governo ecclesiastico tramite decentramento. Esso era il punto di arrivo della contestazione ecclesiastica tedesca e centro europea scaturita dalla crisi post conciliare. Tale appello non fu mai censurato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, retta all’epoca da Ratzinger, ovviamente d’intesa col Papa. Era il primo segno di una difficile convivenza, in un solo corpo ecclesiale, di almeno due anime, sostanzialmente moderate, una di tendenza conservatrice e una di orientamento riformista, entrambe radicate in Europa e nella medesima storia ecclesiastica recente.
Nel 1992, alla caduta del Socialismo reale, l’Assemblea Generale del CELAM a Santo Domingo, presieduta da Giovanni Paolo II, apre ad una fase nuova, post ideologica, della Teologia della Liberazione, i cui presupposti epistemologici sono oramai venuti meno.
Nel 1993, sulla scia del Manifesto di Colonia, i vescovi di Magonza Karl Lehmann e Stoccarda Walter Kasper si dissero favorevoli all’ammissione alla comunione eucaristica dei divorziati che avessero condotto, sotto la guida di un sacerdote, un cammino di discernimento. Questa istanza, fatta propria dal Gruppo di San Gallo di cui Lehmann faceva parte, sarebbe poi stata recepita dall’esortazione apostolica Amoris Laetitia di Papa Francesco, ma all’epoca non fu presa in considerazione. La cosa non impedì ai due promotori di diventare poi Cardinali per mano di Papa Wojtyła.
Nel 1994 la Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis di Giovanni Paolo II, che ribadiva l’inammissibilità delle donne al sacerdozio ministeriale con un atto di magistero supremo ed ordinario, venne contestata negli USA dall’arcivescovo di Milwaukee Rambert Weakland, che aveva raccolto il sostegno di quaranta vescovi. Era una significativa manifestazione del progressismo cattolico eterodosso americano, minoritario, non politicizzato e ispirato all’Americanismo, eresia condannata da Leone XIII e che prevedeva l’adattamento dei dogmi e della morale cattolici alla cultura USA.
Nel 1995 nacque tra Germania, Austria e Alto Adige il movimento Wir sind Kirche, per il cambiamento dottrinale e gerarchico della Chiesa. Esso divenne una associazione internazionale l’anno successivo e prese la denominazione di We Are Church International. Rifacendosi esplicitamente all’insegnamento di Hans Küng, il guru del dissenso ereticale post conciliare, di sicuro godette degli ingenti finanziamenti di cui il teologo poté sempre disporre da parte del grande capitalismo tedesco, come ad esempio dalla Wolksvagen, gravitante attorno alla Commissione Trilaterale e al Gruppo Bilderberg, nonché molto influente nella CEE, poi UE. L’associazione si strutturò in gruppi nazionali, elencati ancora oggi sul suo sito web.
Nello stesso anno inizia a riunirsi il Gruppo di San Gallo. Carlo Maria Martini gli dà le coordinate spirituali. Godfried Danneels cura le sue relazioni con la finanza mondialista. Achille Silvestrini quelle con la politica internazionale. Continuerà a riunirsi segretamente fino al 2005, per preparare una candidatura progressista alla successione di Giovanni Paolo II e sbarrare la strada a Joseph Ratzinger.
Nel 1997 We are Church International si diede un manifesto che richiedeva l’elezione episcopale da parte dei fedeli, l’ordinazione femminile, l’abolizione del celibato del clero, la libertà di coscienza sessuale, quella di ricerca teologica. Si trattava in fondo di un programma di secolarizzazione della Chiesa Cattolica che poteva convergere facilmente con quello tecnocratico dell’alta finanza globalista.
Proprio negli anni ’90 del secolo scorso, in un ciclo di conferenze internazionali dell’ONU (dal Vertice di Rio de Janeiro sull’ambiente nel 1992 fino al Summit di Roma sull’alimentazione nel 1996) si scatenò una battaglia diplomatica senza precedenti tra Stati Uniti e Unione Europea da una parte e Santa Sede dall’altra proprio sui temi dell’aborto, del controllo delle nascite, sulle teorie di genere considerate parte integrante della lotta all’inquinamento e della redistribuzione delle risorse ai fini della lotta alla povertà. In quella decade, non a caso, in corrispondenza dei molti malanni del Papa, si levò dalla Germania e dagli USA più volte la voce della necessità della sua abdicazione in caso di inabilità. Uno dei fautori di questa scelta fu il Cardinale Lehmann, presidente della Conferenza Episcopale Tedesca e membro del Gruppo di San Gallo, il cui vertice, rappresentato dal Cardinale Danneels, era in contatto col mondialismo, attraverso il World Council of Religions for Peace, finanziato dalla Fondazione Rockefeller e dalla UE. Erano gli anni dei due mandati presidenziali di Bill Clinton (1994-2001), esponente del progressismo mondialista e intriso di cultura New Age. Le campagne orchestrate dalla Trilaterale sotto di lui contro il Papa non ebbero però successo, per l’altissimo prestigio di questi.
Nel 1998 Joseph Ratzinger fece un intervento pubblico in cui lanciava l’ipotesi di riconoscere la nullità matrimoniale nel caso in cui almeno uno dei due coniugi non avesse fede nel vincolo sacramentale e quella di lasciare al foro della coscienza la decisione di comunicarsi o meno a chi fosse convinto della nullità delle sue nozze, anche se il tribunale ecclesiastico competente non l’avesse riconosciuta. La cosa non ebbe alcun seguito ma dimostra, ancora una volta, che anche da custode della Dottrina della Fede, Ratzinger non poteva essere etichettato semplicemente come un conservatore, avendo proposte di innovazione da formulare, purché nella continuità della Tradizione dottrinale cattolica. Nello stesso anno Giovanni Paolo II scrisse la Lettera Apostolica Apostolos Suos in cui ribadiva i fondamenti del centralismo papale nel governo della Chiesa a dispetto di alcune rivendicazioni eccessive di parte dell’Episcopato, sia anglosassone che, specialmente, dell’Europa centrale e settentrionale.
Nel 2000 le tendenze irenistiche e sincretiche dell’Occidente, caldeggiate anche dal mondialismo finanziario a scopo di livellamento delle differenze culturali e per favorire l’integrazione economica, sono rigettate dall’istruzione Dominus Iesus della Congregazione per la Dottrina della Fede, firmata da Joseph Ratzinger e approvata da Giovanni Paolo II, che è costretto a difendere in pubblico l’operato svolto in tal senso dal suo collaboratore.
Nel 2002 furono ordinate prete sette donne, nei pressi di Passau, in Austria, dal vescovo scismatico argentino Romolo Braselù. Scomunicate, aderirono al movimento americano Roman Catholic Priests, uno dei tanti della galassia progressista americana, facile ad attecchire nel Paese per la sua legislazione particolarmente favorevole alle associazioni di culto.
Nel 2005 Paul Zuleher, docente di Teologia Pastorale all’Università di Vienna, chiese, dalle colonne di US Catholic, regole più elastiche per l’accesso alla comunione eucaristica di separati e divorziati.
Nello stesso anno, il 2 aprile, Giovanni Paolo II morì e Joseph Ratzinger gli successe come Benedetto XVI, il 19 di quel mese. Il Conclave aveva, con larga maggioranza, preferito lui al candidato progressista Jeorge Mario Bergoglio, divenuto Cardinale Primate di Argentina, gesuita atipico e discepolo di Pedro Arrupe e Romano Guardini, portato avanti dal Gruppo di San Gallo, al quale però egli aveva partecipato poco o niente. Benedetto XVI, nell’agosto di quello stesso anno, rivolse al clero di Aosta, presso cui si era recato in visita, un discorso in cui riprendeva i contenuti del suo intervento pubblico del 1998 sulla nullità matrimoniale. Da Papa, tuttavia, Benedetto XVI non avrebbe fatto nessuna innovazione alla disciplina matrimoniale, intuendo forse che sarebbero state profondamente divisive.