
Giorgia Meloni in Parlamento ha ribadito che l'Italia non è stata coinvolta nel raid Usa in Iran e ha assicurato che, se mai dovesse arrivare una richiesta dall'alleato statunitense, l'utilizzo delle basi italiane per interventi in Iran passerebbe comunque per il vaglio delle Camere.
Una risposta che non basta alle opposizioni, che chiedono, Schlein e Giuseppe Conte in testa, una parola "chiara" sul fatto che l'Italia "non entrerà in questa guerra". Non basta ai dem nemmeno la presa di posizione sull'azione di Israele a Gaza, che per la premier sta "assumendo forme drammatiche e inaccettabili".
È non solo pretestuoso, ma indice di propaganda di quarta serie, chiedere al Governo ciò che non è a sua disposizione. È vergognoso che leader politici ed ex presidenti del Consiglio, fingano di non sapere quanto è scritto nei trattati che l’Italia ha sottoscritto nel corso degli anni.
I trattati sull'uso delle basi militari statunitensi in Italia sono regolati da una serie di accordi bilaterali e multilaterali, principalmente siglati a partire dagli anni '50, nel contesto della Guerra Fredda e dell'adesione dell'Italia alla NATO.
Ecco una sintesi dei principali trattati e delle loro implicazioni.
Accordo bilaterale del 1951 - Firmato tra Italia e Stati Uniti, questo accordo ha gettato le basi per la cooperazione militare, consentendo agli USA di utilizzare terreni italiani per scopi militari in cambio di aiuti economici e supporto per la ricostruzione post-bellica. Da questo accordo è nata, ad esempio, la base di Camp Darby tra Pisa e Livorno.
Bilateral Infrastructure Agreement (BIA) del 20 ottobre 1954 - Conosciuto anche come "Accordo Ombrello", regola le modalità di utilizzo delle basi concesse agli Stati Uniti sul territorio italiano. Stabilisce che le basi rimangono sotto la sovranità italiana, ma gli USA mantengono il controllo operativo su equipaggiamenti e attività militari. Il testo di questo accordo è stato a lungo secretato, alimentando dibattiti sulla trasparenza.
Trattato NATO SOFA (Status of Forces Agreement) del 19 giugno 1951 - Ratificato dall'Italia con la legge n. 1335 del 1955, disciplina lo status delle forze armate NATO nei paesi membri. Regola aspetti come la giurisdizione sui militari stranieri, prevedendo l'esenzione dalla giurisdizione italiana per reati commessi in servizio ufficiale. Questo trattato si applica anche alle basi USA in Italia, spesso condivise con la NATO.
Memorandum d’intesa del 2 febbraio 1995 - Aggiorna e specifica le procedure del BIA, definendo dettagli tecnici per l'uso delle basi, come il controllo dei voli e la gestione del personale. Conferma che i comandanti italiani hanno un ruolo formale, ma il controllo operativo rimane prevalentemente statunitense.
Accordi tecnici locali - Negli anni, sono stati siglati vari memorandum e accordi specifici per singole basi (es. Aviano, Sigonella), spesso secretati, che regolano aspetti operativi e logistici. Questi documenti sono stati criticati per la loro opacità, come evidenziato in sede parlamentare, poiché violerebbero l’articolo 80 della Costituzione italiana, che richiede la ratifica parlamentare per trattati internazionali.
Sebbene le basi siano formalmente sotto la sovranità italiana, gli accordi concedono agli USA ampia autonomia operativa, suscitando critiche su una presunta limitazione della sovranità nazionale. Episodi come la crisi di Sigonella del 1985, quando l'Italia si oppose agli USA per la gestione dei terroristi dell'Achille Lauro, hanno evidenziato tensioni su chi abbia l'ultima parola. Su quella vicenda si giocò il futuro politico Bettino Craxi.
Gli accordi richiedono che l'Italia autorizzi l'uso delle basi per operazioni non NATO, ma in pratica, l'approvazione è spesso implicita o subordinata a pressioni politiche. Ad esempio il ministro Tajani ha dichiarato che le basi italiane non sono state usate per attacchi USA contro l'Iran, ma l'innalzamento dell'allerta suggerisce un coinvolgimento indiretto.
La natura secretata di molti accordi ha alimentato proteste e richieste di trasparenza, ma non è un problema di questo Governo, ma dello Stato italiano da decenni.
Le basi di Aviano e Ghedi ospitano bombe nucleari B61 nell'ambito del "Nuclear Sharing" NATO. L'uso di queste armi non richiede il consenso italiano, ma solo l'approvazione del Consiglio NATO, sollevando interrogativi sulla sovranità in caso di conflitto.
I trattati sull'uso delle basi USA in Italia riflettono, pertanto, un equilibrio tra cooperazione strategica e limitazioni alla sovranità nazionale, con accordi spesso opachi che lasciano margini di ambiguità. La loro applicazione pratica dipende dai rapporti di forza tra Italia e Stati Uniti, come dimostrato da episodi storici e dalle recenti tensioni geopolitiche.
Questo quadro di accordi non è mai stato messo in discussione da chi ha governato prima di Giorgia Meloni e, conseguentemente, il baillame propagandistico delle opposizioni è del tutto fuori luogo e dimostra poco senso dello Stato.
Se si vogliono cambiare i trattati e gli accordi lo si dica e si avvino le opportune procedure, ma non faccia politica di bassa lega su questioni che riguardano gli equilibri internazionali, soprattutto con gli alleati.
Uno degli aspetti più evidenti ed imbarazzanti del declino culturale, dell'intera intera classe politica e dirigente, viene spesso rappresentato dell'infantile processo di semplificazione adottato nei confronti di fenomeni complessi, interpreto attraverso un classico paradigma ideologico.
Il fenomeno dell'immigrazione rappresenta sicuramente uno di questi casi, la cui difficile gestione di fatto ha determinato la creazione di due schieramenti politici avversi ed incompatibili, rappresentati da chi si dichiara assolutamente contrario sic et nunc.
A questi si contrappongono coloro i quali, invece, vedono addirittura in questo epocale fenomeno l'unico strumento che possa assicurare la ripresa economica, cioè rispondere alla richiesta delle imprese di nuove figure professionali, e contemporaneamente determinare la soluzione all’inverno demografico italiano ed europeo.
Il recente studio pubblicato da Le Figaro, quasi completamente ignorato dai Media italiani, ha il grande merito di riportare dei dati che possano fornire una griglia di valutazione da applicare ad una complessità in termini oggettivi (ma ovviamente sempre opinabili) e così escludere le interpretazioni politiche ed ideologiche.
Questo studio sottolinea come le imposte versate dagli immigrati coprano solo l'86% dei costi che essi generano per il contribuente.
Inoltre, solo il 62,4% degli immigrati in età lavorativa risulta occupato, contro una media UE del 67,5% e un tasso del 69,5% per i cittadini francesi nativi , in più con una percentuale di Neet sicuramente superiore.
A questo si aggiunga che le politiche dei diversi stati tendono a favorire i ricongiungimenti familiari (forse inevitabili) determinando ulteriori flussi ma non più legati ad un ipotetico inserimento professionale ma motivati da ragioni semplicemente familiari, quindi con un aggravio ulteriore di costi per la pubblica amministrazione.
Del resto, il Gap esistente tra le figure professionali richieste dalle imprese (quasi il 70% hanno difficoltà a reperire figure tecniche) e l'immigrazione assolutamente inidonea a rispondere a queste ricerche professionali, non fa che certificare l'assoluta incompatibilità tra i due fenomeni.
Questa consapevolezza, ovviamente, non deve portare le autorità politiche europee ed italiane ad una radicalizzazione delle posizioni, quindi con una chiusura totale ai flussi migratori.
Contemporaneamente sarebbe finalmente giunto il momento di crescere culturalmente, abbandonando così la classica soluzione semplicistica ed ideologica che vede nell'immigrazione la soluzione ad ogni problematica nazionale sia essa economica politica o sociale.
Lo sforzo culturale più che politico dovrebbe venire rappresentato ora più che mai dall’inizio di una articolata riflessione proprio in relazione a quel declino culturale del quale l'Italia e l'Europa intera ne rappresentano ora il simbolo.
In questa "inversione culturale" proprio il nuovo tentativo di comprensione del fenomeno dell'immigrazione, potrebbe in questo caso dimostrarsi un fattore decisivo.
In quel mondo degli ignavi, dei cerchiobottisti che è diventata l’Europa sottoposta al lavaggio del cervello di trent’anni di predominio delle logiche neocon, fabiane, neocolonialiste, ormai difendere la libertà significa osare la verità. La verità, intesa come orthothes, in quanto esatta corrispondenza, si avvale della razionalità.
Per l’aletheia (svelamento) rinvio alla conoscenza intuitiva, ma qui, per la verità come esatta corrispondenza, non è necessario intuire, basta ragionare osando.
In previsione del vertice Nato di oggi, domenica scorsa il presidente ucraino Volodymir Zelensky ha dichiarato che l'intelligence di Kiev ha le prove che la Russia sta preparando nuove operazioni militari in Europa.
L’ex comico che comanda a Kiev sforna notizie senza senso, definite dal presidente russo, Vladimir Putin: "tattica intimidatoria utilizzata dall'Occidente per estorcere denaro al proprio popolo".
Al netto delle reazioni russe, la dichiarazione sui piani di invasione russa è pura propaganda.
Zelensky, sfuggito, sempre secondo l’intelligence di Kiev, ad un attentato all’aeroporto polacco di Rzeszów (lo riferisce l'agenzia polacca Pap), è volato ieri a Londra per incontrare Re Carlo e il premier britannico Keir Starmer, in quanto Kiev spera che le sue esigenze di fronte all'avanzata russa non siano oscurate dagli sviluppi in Medio Oriente.
La ricerca di protezione inglese mette a nudo il vero problema attuale di Kiev. Zelensky è letteralmente nelle mani degli inglesi, ancorati all’idea neocon di confliggere con Mosca, mentre Donald Trump al G7 ha detto che è stato un errore di Obama e di Trudeau quello di espellere la Russia del G8. Donald Trump, inoltre, se ne è andato prima del tempo dal G7, di fatto delegittimando un organismo internazionale ormai obsoleto.
Gli Usa hanno trasformato la Russia da nemico in interlocutore. Questo non significa che si sono fidanzati e che andranno a nozze, ma che hanno invertito la marcia neocon intesa a disastrare e infiacchire la Russia.
Ne è prova che il Cremlino fa sapere che i raid Usa in Iran non intaccano il dialogo fra Mosca e Washington.
I bombardamenti degli Stati Uniti in Iran, che Vladimir Putin ha condannato come "ingiustificati e non provocati", non intaccano il dialogo fra Stati Uniti e Russia, ha affermato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, aggiungendo che “si tratta di processi indipendenti l'uno dall'altro".
Piaccia o non piaccia a Zelensky e agli inglesi (e ai loro corifei baltici), Usa e Russia si parlano.
In questo nuovo quadro a Zelensky non rimane che alzare la tensione, con notizie di piani di invasione ai quali crede ormai solo la Kallas, impotente a fare qualsiasi cosa, come dimostra il fatto che Ungheria e Slovacchia hanno bloccato un nuovo pacchetto di sanzioni Ue a Mosca.
Qualsiasi soluzione riguardante l’Ucraina, se soluzione si vuole che sia, passa attraverso un esame di realtà che esclude la propaganda e razionalmente fa i conti con la verità, ossia l’esatta corrispondenza tra ciò che è e ciò che si pensa e si dice che sia.
Se si passa dall’Ucraina al quadrante Medio Orientale, il fatto che la baronessa von der Leyen abbia convocato per ieri la riunione dei Ministri degli Esteri e per domani il Collegio dei Commissari per discutere dell'escalation del conflitto in Medio Oriente e dei suoi effetti sull'Europa, fa capire che l’Unione Europea si muove come un plantigrado in un momento nel quale sarebbe necessaria una reazione immediata. Del resto un morto non può correre.
L’Unione Europea, questa la verità incontrovertibile, è un fantasma geopolitico e una dittatura insensata nei rapporti con le popolazioni degli Stati aderenti, nonché un carrozzone burocratico che sforna idiozie a raffica. Osare la verità per difendere la libertà è dire che l’Unione Europea andrebbe sepolta, prima che il suo cadavere impesti il Vecchio Continente, già invaso dal suo olezzo di morte.
Osare dire la verità per difendere la libertà è dire che l’Onu è ormai un cadavere imbalsamato mantenuto sulla scena come il povero Leoníd Il'íč Bréžnev quando salutava dalle mura del Cremlino.
Il suo segretario straparla, mentre le sue organizzazioni o sono impotenti o sfornano pasticci.
L’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per il sussidio dei rifugiati nel Medio Oriente, è stata più volte accusata di coprire i terroristi di Hamas.
L’Organizzazione mondiale della sanità è stata all’origine di tutte le follie che si sono accumulate nell’occasione della pandemia e ha perso ogni credibilità.
L’Aiea, ora, è all’origine del pasticcio Iran-Israele, in quanto in pochi giorni è passata dal dire che l’Iran era prossimo ad avere la bomba a dire l’esatto contrario. Ignavia pura. Cerchiobottismo all’ennesima potenza.
Il fatto è che l’Aiea, che doveva essere l’agenzia che certificava lo stato dell’arte dell’arricchimento di uranio non sapeva e non sa cosa dire dopo vent’anni di permanenza in Iran. Altra squadra di inutili da licenziare.
Se vogliamo osare la verità per difendere la libertà , dobbiamo dire con chiarezza che gran parte degli organismi sovranazionali creati nel secolo scorso vanno eliminati.
Ho tra le mani il libro di Paola Bergamo, dal titolo: “Ritrovare i sentieri d’Europa”, gentilmente inviatomi dall’autrice e a pagina 61 trovo il titolo di questo articolo: “Un insieme rissoso che brancola nel buio”. Aggiungerei infernale.
Questa è l’Unione Europea di oggi, sì “nata come rimedio necessario dopo l’esperienza devastante del secondo conflitto mondiale”, come scrive l’autrice, ma diventata rapidamente un’altra cosa.
Nel libro, dove alle considerazioni dell’autrice si alternano citazioni del nonno Mario Bergamo, una vale l’insieme di tutte le altre: “La concordia – scriveva Mario Bergamo - o è un accordo di gente di buona fede che mette naturalmente in comune quello che ad ognuno è proprio e può divenire, in vista di un fine – fine puro e semplice per gli uni. Fine che non sarà che un mezzo o una condizione d’altri fini, per gli altri – o è la dissoluzione di ognuno nel calderone del vuoto o dell’ingannevole. In tal caso, la concordia si risolve nella elisione reciproca delle forze che la compongono, o nell’assorbimento di tutte le altre da parte di una di esse”.
Il tema è centrale. L’Unione Europea nata a Maastricht non è stata l’opera di gente in buona fede che mette in comune ciò che di ognuno è proprio per un fine, ma l’idea da parte della Germania (con l’ausilio della Francia) di assorbire tutte le altre componenti.
L’Unione Europea è stata il IV Reich di Angela Merkel e, progressivamente, si è trasformata in una dittatura burocratica di stile sovietico.
La responsabilità è in gran parte dei socialisti, che si sono venduti alla tecno finanza neocon (il neo colonialismo travestito da progressismo).
Che l’Unione Europea sia un’entità autoritaria antidemocratica lo stanno a dimostrare le vicende dei vaccini e ora del riarmo. Nonostante il no dell’Europarlamento la presidente della Commissione tira dritto sulla sua scelta di poteri speciali per imporre il riarmo? Che differenza c’è tra l’Unione Europea e una dittatura sudamericana?
Pensiamo alla follia green, che non cessa di essere imposta da una schiera di fanatici nonostante persino la finanza che aveva dato il via alla follia si stia ricredendo. Blackrock licenzierà 600 dipendenti, principalmente della divisione ESG. Gli investimenti globali ESG sono crollati di 5mila miliardi di dollari in soli 2 anni. ESG è il sistema utilizzato da Blackrock e Vanguard per ricattare le aziende affinché adottino pratiche Green.
L’auto elettrica è una follia. Le misure sulla casa sono una follia. La politica green ha disastrato l’economia.
C’è una logica di morte, oserei dire diabolica, nella pervicacia con cui un’élite di spostati prosegue la sua politica antidemocratica senza ascoltare nessuno.
L’Unione Europea è l’esempio classico di quella che René Girard chiamava “la voce inascoltata della realtà”.
Non c’è verso. La dittatura di Bruxelles marcia come un carro armato del III Reich e non ascolta la realtà.
“In quell’emblematico “Fuck the EU” sfuggito di bocca a Victoria Nuland, sottosegretario di Stato quando stava confezionando il pacco della guerra in Ucraina, c’è tutta la verità sull’Europa. Si fotta. La battutaccia è stata pronunciata alla fine di gennaio mentre Nuland era al telefono con l’ambasciatore statunitense a Kiev, Geoffrey Pyatt. I due sondavano un possibile accordo tra il governo ucraino di Viktor Ianukovich e l’opposizione guidata dall’ex pugile Vitali Klitschco. E così è, perché la guerra in Ucraina è stata l’arma con la quale mettere in ginocchio il IV Reich della Merkel e le buffonate della grandeur francese. Macerie.
Ci sono altri due punti che val la pena di ricordare. “La libertà figlia della giustizia sociale”, scrive Mario Bergamo.
L’Unione Europea è riuscita a distruggere progressivamente il welfare, il lavoro e ora attacca la casa. In uno dei suoi diabolici pensatoi, quello di Davos, si è teorizzata la povertà delle masse. Nullatenenti e felici.
I socialisti si sono venduti passando dalla socialdemocrazia al progressismo (ideologia malefica).
Infine l’antifascismo.
Ricorda la nipote che il nonno Mario Bergamo, antifascista, esule in Francia, braccato dai fascisti scrive: “L’antifascismo, contemporaneo del fascismo, è perciò superato. Il fatto storico è definitivo. Solo i morti e i beccamorti possono dividersi sopra un fatto storico. Sofisma? Si salvi chi può dai sofismi”.
Eppure, in assenza di un’idea che sia una, abbandonato ogni riferimento alla realtà, i beccamorti dell’Unione Europea inscenano l’antifascismo per erigere muraglia attorno al castello della loro dittatura.
I sentieri d’Europa portano a quel che vediamo. Se ci piacciono le dittature possiamo percorrerli.
In un convegno a Padova il ministro della Difesa Guido Crosetto ha messo in fila Nato, Onu e Ue, inserendo le tre organizzazioni sovranazionali in un quadro che deve fare i conti con quanto sta avvenendo nel mondo, ossia con l’agonia della globalizzazione e con il progressivo affermarsi della sovranità degli Stati, che il globalismo neocon (leggi neo colonialismo) aveva tentato (e tenta nel suo agonico contorcersi) di eliminare, con una verticalizzazione della catena di comando che aveva la sua cabina di regia e di comando nella tecno finanza.
"I tempi sono cambiati, cambi anche la Nato", ha detto Guido Crosetto e ha aggiunto: “Una volta Stati Uniti ed Europa erano il centro, oggi non lo sono più. La Nato si adegui ai tempi cambiati. Se la Nato è nata per garantire la pace e la mutua difesa o diventa un'organizzazione che si prende questo compito parlando con il Sud del mondo, oppure non raggiungeremo l'obiettivo di avere sicurezza all'interno di regole che valgano per tutti. Siamo passati dall'epoca delle grandi democrazie all'epoca delle grandi potenze. Noi abbiamo il dovere di presidiare le conquiste di migliaia di anni che ci hanno portato a codificare un diritto internazionale".
Vero, quel che dice Crosetto, ma è solo una mezza verità. C’è l’altra metà che manca e riguarda il nord-est, ossia il rapporto con la Russia.
Il Sud del mondo comporterebbe per la Nato uscire dall’ossessione dell’Est e dalla logica di chi ha nel tempo continuamente bloccato le iniziative italiane verso l’Africa. Il Piano Mattei, oggi finalmente supportato anche dall’Unione Europea, che si è resa conto che l’Africa è decisiva per il futuro del Vecchio Continente, è strettamente connesso con la possibilità di difendere, anche militarmente, i rapporti instaurati.
Questo significa che la Nato deve guardare al suo fianco Sud come ad un aspetto strategico che riguarda l’Africa, il Medio Oriente e il controllo del Mar Mediterraneo, nel quale passano i traffici commerciali più importanti per l’Europa e passeranno ancor di più quando sarà realizzato il corridoio detto la via del Cotone.
L’Italia ha qui un ruolo fondamentale che deve essere riconosciuto anche nelle strategie Nato.
L’altra metà della questione Nato è quella che riguarda un aspetto fondamentale: la fine dell’accerchiamento della Russia.
Donald Trump al G7 ha detto chiaramente che il contrasto a Putin deve finire e che espellere la Russia dal G8 è stato un errore di Obama e di Trudeau, ossia della squadra che risponde ai neocon e alla tecno finanza.
L’aver indicato Putin come possibile mediatore in relazione alle vicende con l’Iran è un ulteriore messaggio verso la conversione della Russia da nemico potenziale a interlocutore per un riassetto degli equilibri del mondo.
La Nato deve adeguarsi, nonostante le ossessioni dei Paesi baltici e le logiche guerrafondaie degli inglesi. Macron segue a ruota Starmer, giusto per dimostrare che esiste.
Crosetto ha affermato: "Oggi il potere si misura con nuovi strumenti: chi guida la tecnologia guida il mondo. La sicurezza passa dal controllo delle risorse strategiche, dalle catene di approvvigionamento. Siamo nel cuore di una rivoluzione: il Digital Order, che sta riscrivendo gli equilibri globali, i modelli di sviluppo, perfino la nostra idea di sovranità. L'Europa non può permettersi di restare alla finestra. Servono visione, volontà e investimenti concreti in ricerca e innovazione".
Visione, volontà e investimenti sono esattamente quello che l’Unione Europea non ha, essendo in mano a un’élite ideologizzata, che ha disastrato l’economia e il lavoro, distrutto il welfare, impoverito le popolazioni degli Stati appartenenti. La visione è quella del progressismo, ideologia dei neo colonialisti, dei fabiani, dei settari woke, del malthusianesimo, dell’eugenetica. La volontà è quella delle dittature. Gli investimenti sono deviati da interessi estranei a quelli dei popoli.
L’Unione Europea, più che essere riformata, andrebbe chiusa, con il suo carico di 30 mila burocrati da licenziare.
E anche l'Onu "conta come l'Europa nel mondo, niente", aggiunge il ministro.
Ecco, appunto. L’Europa nel mondo conta niente e l’Onu è un fantasma inutile, costoso, incapace e imbelle.
E allora, la verità diciamola fino in fondo: l’Unione Europea va smontata e l’Onu, che ha fallito la sua missione, va chiuso.
All’orizzonte c’è un mondo di Stati sovrani che stabiliranno nuove regole di convivenza. Il futuro vede come protagonisti gli Usa, la Russia, la Cina, l’Arabia Saudita e l’India. Onu e Unione Europea sono ferri vecchi da rottamare. La Nato può avere un ruolo se sa uscire dalla ossessione della Russia e si proietta verso le nuove frontiere della sicurezza.
“Annuncio del Vangelo, pace, dignità umana, dialogo: sono queste le coordinate attraverso cui potrete essere Chiesa che incarna il Vangelo ed è segno del Regno di Dio”.
È questa la sintesi del discorso di Leone XIV ha rivolto ai Vescovi della Conferenza Episcopale Italiana, ricevuti in Udienza il 17 giugno nell’Aula delle Benedizioni.
Un discorso che, nel linguaggio felpato della Chiesa, richiama la Cei a diffondere la parola di Cristo e a ristabilire il particolare legame tra la Conferenza episcopale e il Papa.
Detto in termini profani: è finita la ricreazione che ha portato la Conferenza episcopale italiana a raccogliere i fondi per la nave di Casarini e a diventare la parrocchia del Pd.
“La storia della Chiesa in Italia – ha detto Leone XIV - evidenzia il particolare legame che vi unisce al Papa e che – secondo lo Statuto della CEI – «qualifica in maniera peculiare la comunione della Conferenza con il Romano Pontefice» (Art. 4 § 2). Seguendo l’esempio dei miei predecessori, anch’io avverto la rilevanza di questo rapporto “comune e particolare”, come lo definì San Paolo VI intervenendo alla prima Assemblea Generale della CEI (cfr Discorso, 23 giugno 1966)”.
Letto in chiave politica, il messaggio è chiaro: cari vescovi italiani, tornate sotto il controllo del Papa.
Dopo aver richiamato il principio di collegialità: “collegialità tra voi e collegialità con il successore di Pietro”, Leone XIV ha sottolineato che “questo principio di comunione si riflette anche in una sana cooperazione con le Autorità civili. La CEI è infatti luogo di confronto e di sintesi del pensiero dei Vescovi circa le tematiche più rilevanti per il bene comune. Essa, all’occorrenza, orienta e coordina i rapporti dei singoli Vescovi e delle Conferenze episcopali regionali con tali Autorità a livello locale”.
L’autorità a livello locale, stando alla logica, è il Governo, non l’opposizione.
La Cei, pertanto, invece di essere la parrocchia del Pd e delle sue frange e cespugli, dovrebbe avere un rapporto con il Governo.
Chiarito che è finita la ricreazione, Leone XIV ha dettato le linee guida alle quali la Cei deve uniformarsi.
“In virtù del legame privilegiato tra il Papa e i Vescovi italiani – ha detto Leone XIV –
, desidero indicare alcune attenzioni pastorali che il Signore pone davanti al nostro cammino e che richiedono riflessione, azione concreta e testimonianza evangelica. Innanzitutto, è necessario uno slancio rinnovato nell’annuncio e nella trasmissione della fede. Si tratta di porre Gesù Cristo al centro e, sulla strada indicata da Evangelii gaudium, aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui, per scoprire la gioia del Vangelo. In un tempo di grande frammentarietà è necessario tornare alle fondamenta della nostra fede, al kerygma. Questo è il primo grande impegno che motiva tutti gli altri: portare Cristo “nelle vene” dell’umanità (cfr Cost. ap. Humanae salutis, 3), rinnovando e condividendo la missione apostolica: «Ciò che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi» (1Gv 1,3). E si tratta di discernere i modi in cui far giungere a tutti la Buona Notizia, con azioni pastorali capaci di intercettare chi è più lontano e con strumenti idonei al rinnovamento della catechesi e dei linguaggi dell’annuncio”.
“La relazione con Cristo – ha proseguito Leone XIV - ci chiama a sviluppare un’attenzione pastorale sul tema della pace. Il Signore, infatti, ci invia al mondo a portare il suo stesso dono: “La pace sia con voi!”, e a diventarne artigiani nei luoghi della vita quotidiana. Penso alle parrocchie, ai quartieri, alle aree interne del Paese, alle periferie urbane ed esistenziali. Lì dove le relazioni umane e sociali si fanno difficili e il conflitto prende forma, magari in modo sottile, deve farsi visibile una Chiesa capace di riconciliazione. L’apostolo Paolo ci esorta così: «Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti» (Rm 12,18); è un invito che affida a ciascuno una porzione concreta di responsabilità. Auspico, allora, che ogni Diocesi possa promuovere percorsi di educazione alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali, progetti di accoglienza che trasformino la paura dell’altro in opportunità di incontro. Ogni comunità diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono. La pace non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione. E che chiede oggi, più che mai, la nostra presenza vigile e generativa”.
La sfida della disumanizzazione
Ci sono poi le sfide che interpellano il rispetto per la dignità della persona umana. L’intelligenza artificiale, le biotecnologie, l’economia dei dati e i social media stanno trasformando profondamente la nostra percezione e la nostra esperienza della vita. In questo scenario, la dignità dell’umano rischia di venire appiattita o dimenticata, sostituita da funzioni, automatismi, simulazioni. Ma la persona non è un sistema di algoritmi: è creatura, relazione, mistero. Mi permetto allora di esprimere un auspicio: che il cammino delle Chiese in Italia includa, in coerente simbiosi con la centralità di Gesù, la visione antropologica come strumento essenziale del discernimento pastorale. Senza una riflessione viva sull’umano – nella sua corporeità, nella sua vulnerabilità, nella sua sete d’infinito e capacità di legame – l’etica si riduce a codice e la fede rischia di diventare disincarnata”.
Raccomando, in particolare, di coltivare la cultura del dialogo. È bello che tutte le realtà ecclesiali – parrocchie, associazioni e movimenti – siano spazi di ascolto intergenerazionale, di confronto con mondi diversi, di cura delle parole e delle relazioni. Perché solo dove c’è ascolto può nascere comunione, e solo dove c’è comunione la verità diventa credibile. Vi incoraggio a continuare su questa strada! Annuncio del Vangelo, pace, dignità umana, dialogo: sono queste le coordinate attraverso cui potrete essere Chiesa che incarna il Vangelo ed è segno del Regno di Dio”
Con il recupero a pieno della funzionalità della Segreteria di Stato, sarà difficile per il cardinale Matteo Zuppi e per la Comunità di Sant’Egidio continuare a giocare alla diplomazia parallela, non solo vaticana, così come è impensabile che si possano perpetuare situazioni come quelle che hanno visto intere diocesi finanziare Luca Casarini, ex leader no-global e fondatore della ONG Mediterranea Saving Humans.
Secondo inchieste giornalistiche, in particolare di Panorama e La Verità, le diocesi italiane avrebbero elargito somme significative alla ONG di Casarini, con cifre complessive stimate intorno ai 2 milioni di euro tra il 2019 e il 2023, anche se Casarini ha dichiarato che i contributi ecclesiastici rappresentano solo il 23-27% delle donazioni totali ricevute nel 2023, pari a circa 400 mila euro.
Tra i casi specifici emersi:
Diocesi di Modena-Nonantola. L’arcivescovo Erio Castellucci ha confermato di aver effettuato due bonifici, uno da 20 mila euro nel settembre 2020 e un altro da 10 mila euro nel gennaio 2021, attingendo dal fondo personale del vescovo, parzialmente alimentato dall’8 per mille. Castellucci ha definito queste somme “una goccia nel mare” per il salvataggio di vite umane, sottolineando che i fondi sono stati regolarmente rendicontati.
La Diocesi di Brescia ha versato 10 mila euro nell’agosto 2020 per la missione “Mediterranea in mare”.
L’inchiesta di Panorama riporta che nel 2023 la presidenza della CEI avrebbe approvato un finanziamento di 780 mila euro attraverso le arcidiocesi di Napoli, Palermo, Pesaro, Brescia e Ancona, con un ruolo centrale attribuito al cardinale Matteo Zuppi, presidente della CEI, e all’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice.
Don Mattia Ferrari, cappellano della Mare Jonio, ha difeso i finanziamenti ecclesiastici, affermando che il sostegno della Chiesa alle ONG che salvano vite in mare è una pratica diffusa in Europa, in linea con il messaggio di Papa Francesco.
La CEI ha dichiarato di non aver finanziato direttamente Mediterranea, ma di aver accolto richieste di due diocesi in un contesto di carità, negando un coinvolgimento istituzionale diretto. Tuttavia, le intercettazioni indicano una rete di vescovi e cardinali, tra cui Zuppi, Lorefice e Castellucci, che avrebbero supportato attivamente le attività di Casarini, anche attraverso strategie per evitare contatti diretti con la ONG.
Ora i vescovi italiani, che hanno un legame particolare con il Papa (leggi sono controllati) dovranno occuparsi del kerigma, la qual cosa, del resto, dovrebbe essere la loro principale occupazione.
L’è tutto da rifare, diceva il grande Gino Bartali qualche decennio fa ed è ora di farlo altrimenti tutto andrà definitivamente in malora, se non lo è già andato. Son tre lunghi decenni che i beneficiari del Golpe contro la Prima Repubblica ne approfittano con programmi roboanti se non proprio fulminanti e ricchi di tutto. Qui non si fa propaganda per l’uno o per l’altro ma si ricorda agli ingenui italioti che tutte le loro scommesse, a partire dal 1994, si sono polverizzate nel “nulla cosmico” della seconda Repubblica. Tutti, nessuno escluso, hanno proposto e mai realizzato tutto il possibile ovviamente: dai milioni di posti di lavoro all’abbassamento delle tasse, una migliore sanità pubblica, più e migliori ammortizzatori sociali, aumento delle pensioni minime ovvero di quasi tutti quelli che non hanno mai versato contributi, maggiore sicurezza ecc. ecc.
Dei problemi reali nessuno se ne è fatto mai carico. L’unica cosa in cui tutti lor signori da Berlusconi a Meloni, nessuno escluso, sono stati capaci di fare è aumentare sempre più la spesa pubblica che è arrivata a ben 1.108 miliardi di euro, dati aggiornati al 2024.
Il problema non è solo l’enorme quantità di denaro ma lo spreco totale per cui le casse pubbliche sono considerate da tutti gli italioti ed i loro validi rappresentanti da assalire. I soldi di noi tutti vengono buttati per accontentare gruppi sempre più numerose di corporazioni che succhiano risorse o speculano con situazioni di privilegio su beni pubblici.
Ecco alcuni degli sprechi miliardari: in primis i famosi “Bonus” a centinaia che elargiscono mancette a destra e sinistra assommando miliardi, i costi per l’energia spropositati sia per i privati che per le imprese. Il fisco per cui due terzi dell’imposta a carico grava totalmente su chi dichiara da 35.000 euro in su come se fosse un ricco da spogliare ed infatti il 13,94% con redditi dai 35.000 euro in su versa il 62,52% del totale. Sempre per il fisco il 47% non dichiara redditi, Caf e simili compilano inutili dichiarazioni dei redditi su lavoratori e pensionati di cui il fisco già conosce tutto e che costano molto alle casse dello Stato; dulcis in fundo la progressività fiscale, tanto sbandierata dai vari Colli della Politica, riguarda solo i lavoratori dipendenti e i pensionati, ma nessuno dice o fa nulla. Continuando si scopre che le partite IVA hanno un regime forfettario a 85.000 euro sul quale pagano solo il 15%; questo vuol dire che chi da dipendente o da pensionato incassa lo stesso importo paga molto di più, alla faccia della progressività fiscale. Non vanno dimenticati il Reddito di cittadinanza e il Bonus al 110% che hanno fatto sprofondare ancor più il debito pubblico arrivato, ad aprile 2025, a 3.030 miliardi di euro. Le infinite assunzioni a tempo determinato nelle Regioni, Comuni, Provincie, Camere e simili quando di personale pubblico ce ne sarebbe già oltre il reale fabbisogno.
Senza dimenticare le spese abnormi per il personale delle Camere, Quirinale, Corte Costituzionale che a parità di mansioni con altre strutture pubbliche vengono beneficiate di stipendi di gran lunga più alti. I bilanci della Camera sotto la guida dell’inossidabile ed integerrimo 5 stelle Roberto Fico, ci costa sempre 943 milioni l’anno e quello del Senato, sempre 505 milioni, pur avendo ridotto il numero dei parlamentari da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato. Una parola a parte va detta per i paradisi fiscali in Europa che lor signori hanno consentito di attuare in Olanda, Lussemburgo, Austria, Irlanda ecc. mentre in Italia si scendeva agli inferi fiscali. Ma la cosa più bella è stata ed è la “lotta all’evasione” sbandierata da tutta l’armata Brancaleone della seconda repubblica, che è culminata nella disfatta totale: l’ex Equitalia ora Agenzia delle Entrate aveva accertato evasione fiscale dal 2000 per oltre 1.000 miliardi di euro di cui il 95% non sono in grado di recuperare più. Cambiato il nome ma risultati sempre nulli.
Per non parlare dell’abuso su normative fiscali come quelle del 5x1000 e dell’8x1000 che consentono di drenare soldi della collettività ad una marea di soggetti che succhiano anch’essi miliardi. Per non parlare delle milionarie regalie a giornali, a teatri e cinema con abnormi abusi su presunta arte e che viene contestata da sedicenti artisti che ottengono milioni di euro e ne incassano qualche migliaio. Nelle ultime ore è venuto alla luce anche il finanziamento per 860.000 euro all’assassino di Villa Pamphili a Roma. Per 30 anni si è adottato, senza che nessuno si opponesse, il Dumping Sociale col quale hanno abbassato i salari e le condizioni di lavoro dei lavoratori, per ottenere un vantaggio competitivo oltre che a maggiori utili. In tal modo in Italia negli ultimi 30 anni i salari in Italia sono saliti solo dell’1% contro il 32,5% della media Ocse, non ci sono parole.
Poi ci sono le agguerrite corporazioni dei tassisti, notai, balneari e tanti altri che a costo quasi zero dispongono di beni ed aree pubbliche da cui ricavano redditi enormi. Nel frattempo un po' tutti continuano a discutere sul colore del gatto mentre dovrebbero ricordare l’antico e saggio detto: “Non importa che il gatto sia bianco o nero; cio’ che conta è che acchiappi i topi!”

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