Sembra un balletto, ma chi ha intelligence per capire, lo comprende nella sua realtà di danza macabra per la cupola colonialista europea, a guida anglo-francese.
Il minuetto è tra la Russia di Putin e gli Usa di Trump. Un minuetto che sottende un’intesa che va esattamente dalla parte opposta dalle esternazioni muscolari di Francia e Inghilterra e dai continui messaggi propagandistici che inducono gli europei a pensare che la Russia, inevitabilmente, farà la guerra all’Europa e che, pertanto, è necessario riarmarsi perché Trump sta abbandonando il Vecchio Continente.
La logica sottostante è che bisogna dare armi all’Ucraina perché combatta fino all’ultimo ucraino al fine di dare ragione alla cupola oligarchica neocoloniale a guida inglese. Da qui la propaganda, che va in crescendo in questi giorni, facendo fare figuracce ai giornali in versione “voce del padrone”, i quali scambiano una città russa per una città ucraina senza nemmeno vergognarsi.
La pressione, in Europa come negli Usa, è per convincerci che Trump è un povero deficiente, un fanfarone che non ha idea di quello che fa, uno che vive alla giornata e che è ingannato dal furbo Putin.
Negli Usa ci pensa il senatore Lindsey Graham a guidare la crociata delle sanzioni, come se fossero una cosa seria.
Trump, che sotto il ciuffo ha il cervello, gli risponde prendendolo per i fondelli: sanzioni fra cinquanta giorni se Putin fa il cattivo.
Per inciso, il tasso di approvazione di Trump è aumentato. Secondo un sondaggio pubblicato giovedì da Rasmussen Reports, uno dei sondaggiti più accurati, Trump è al 50% di consensi e al 48% di disapprovazione, mentre RMG Research, altro sondaggio serio, lo colloca al 52% di consensi e al 48% di disapprovazione. Il sondaggio Rasmussen è stato condotto dal 13 al 17 luglio, mentre il sondaggio RMG dal 9 al 16 luglio. Il gradimento di Trump è migliorato in entrambi i sondaggi: di 2 punti percentuali nel sondaggio RMG e di 1 punto percentuale nel sondaggio Rasmussen.
Nel frattempo l’Unione Europea, per la felicità di Londra, di Parigi e della Kaja Kallas, ha varato il 18° pacchetto di sanzioni.
L’insieme degli idioti sanzionatori non dice che la Russia è stata sottoposta a sanzioni fin dalla Guerra Fredda, quando era Urss e che le sanzioni comminate all’Urss sono finite nel 2012 (l’Urss è crollata nel 1991) e che sono riprese con la Russia di Putin nel 2014.
Concretamente, la Russia è sotto sanzioni dalla fine della seconda guerra mondiale e non è crollata.
A dire il vero, a forza di sanzioni, la Russia si è attrezzata ad un’economia protezionista, della quale deve ringraziare proprio i sanzionatori, e ha differenziato i mercati.
Riguardo alle armi, Donald Trump, che si vorrebbe arrabbiatissimo con Putin, ha sdoganato i Patriot (armi difensive per attacchi dal cielo), dicendo che li devono dare gli europei. Per le restanti armi, ha avvertito gli europei, con in testa Inghilterra e Francia, che lui le armi le vende, loro le comprano e poi le danno a chi vogliono. Pagare euro, vedere cammello.
Il fatto è che i poveretti, con niente nella testa e con le piume sul cappello, sono gli europei, i quali, con una motivazione o con un'altra, si sono sfilati sia dall’idea di comperare armi da Trump, sia di attivare il ReArm del generale Ursula.
Il motivo conduttore degli europei è: no tengo dinero. Amen.

Torniamo alla propaganda.
Secondo la cupola oligarchica neo coloniale, a guida anglo francese, con trombe e cimbali baltici, Putin ci invaderà, tutti, fino al Portogallo. A difenderci i missili con testate atomiche di Inghilterra e Francia, stretti in nuova alleanza amicale. Uno “scudo rosso”(!) che te lo raccomando.
Putin risponde, con altrettanto intento propagandistico sul canale televisivo croato 4, dove si è rivolto agli europei dicendo: "La Russia non è mai stata e non sarà mai vostra nemica! Non vogliamo materie prime e ricchezza europee, abbiamo le nostre materie prime e ricchezza, non abbiamo assolutamente bisogno delle vostre materie prime. La Russia è il paese più ricco al mondo in termini di materie prime. Non vogliamo la vostra terra o il vostro territorio. Guardate quanto è grande la Russia sulla mappa. La Russia è grande il doppio dell'intera Europa in un unico posto. A cosa ci servirebbe la vostra terra, cosa ne faremmo? Perché pensate che la Russia sia nemica dell'Europa? Che danno vi ha fatto la Russia? Vi abbiamo venduto gas e materie prime a prezzi inferiori a quelli a cui i vostri "amici" vi stanno vendendo attualmente? SÌ. La Russia ha sacrificato 20 milioni di persone nella seconda guerra mondiale per sbarazzarsi dei nazisti? SÌ. La Russia è stata il primo paese ad aiutare l'Europa durante la pandemia di Covid? SÌ Abbiamo aiutato l'Europa quando ci sono stati incendi e disastri naturali? SÌ. Cosa vi ha fatto la Russia che la odiate così tanto? molto? La Russia non è il tuo nemico; i tuoi veri nemici sono i tuoi leader, coloro che ti guidano!”.
Messaggio, al di là di ogni aspetto propagandistico, che ben intendono coloro che “guidano”.
Lo ha capito anche Zelensky, che sta cambiando i vertici del suo governo con personale più vicino agli Usa che agli inglesi, e che rilancia l’idea del negoziato, anche perché delle chiacchiere degli impotenti senza un soldo buco in tasca non sa più cosa farsene.
“È necessario – ha detto Zelensky - intensificare i negoziati, bisogna fare tutto il possibile per ottenere il cessate il fuoco. E la parte russa deve smettere di nascondersi dalle decisioni”.
Il presidente ucraino nel suo consueto messaggio serale postato sabato sui social, ha comunicato che il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale ucraino Rustem Umerov “ha riferito di aver proposto alla parte russa un nuovo incontro per la prossima settimana”. Zelensky elenca i punti di quello che vorrebbe essere un nuovo round di colloqui: “Scambio di prigionieri. Ritorno dei bambini. Fine delle uccisioni. È necessario un incontro a livello di leader per garantire realmente la pace, una pace duratura”, ha proseguito, “l’Ucraina è pronta per un incontro di questo tipo”.
Sarà come dicono i giornaletti della filiera della “voce del padrone” (leggi cupola oligarchica neo coloniale) che Putin è sciocco, megalomane, egocentrico e narcisista, rimane il fatto che in Medio Oriente ha fatto prigioniero Bibi Netanyahu con un colpo che ha chiuso una guerra con l’Iran che qualcuno voleva andasse avanti per mesi. Trump a Bibi ha detto: ci penso io. Bombardo i siti e poi il direttore d’orchestra lo faccio io. Fine della guerra. Guarda caso, con tutti i se e i ma del caso, anche per salvare la faccia, gli iraniani tre giorni fa hanno detto che “qualsiasi nuovo giro di colloqui è possibile solo quando la controparte è pronta per un accordo nucleare equo, equilibrato e reciprocamente vantaggioso". Forse delusi alcuni del deep state americano che volevano coinvolgere gli Usa nella guerra.
Cosa voglia dire equilibrato e reciprocamente vantaggioso è tutto da vedere. Quello che è certo, a proposito del minuetto Putin-Trump, è che il capo del Cremlino ha detto a chiare lettere che l’Iran non deve avere la bomba nucleare.
Fatto il quadretto della situazione, vediamo quale sia il vero fuoco che cova sotto la cenere.
Il fuoco che cova negli Stati Uniti si chiama in dipendenza dagli inglesi. Una nuova guerra di indipendenza dalla corona inglese, come la prima, che la cancel culture vorrebbe non far ricordare e che viene celebrata ogni 4 luglio.
E qui si annida la sottostante brace che cova sotto la cenere e che si chiama intesa con la Russia.
I rapporti tra gli Stati Uniti e l'Inghilterra imperiale, intesa come Regno Unito durante il periodo del suo impero (soprattutto tra il XVIII e il XIX secolo), sono stati un’alternanza di conflitti, rivalità e di cooperazione.
Gli Stati Uniti sono nati come colonie britanniche, con una relazione inizialmente di dipendenza economica e politica dalla Corona britannica. Le colonie erano governate secondo il sistema mercantilista, con l'Inghilterra che controllava il commercio. A partire dalla metà del XVIII secolo, le tensioni crebbero a causa di imposizioni fiscali (es. Stamp Act, Tea Act) e della mancanza di rappresentanza coloniale nel Parlamento britannico. Questo portò alla Rivoluzione Americana (1775-1783). Con il Trattato di Parigi (1783), il Regno Unito riconobbe l'indipendenza degli Stati Uniti, segnando la fine della relazione coloniale e l'inizio di una nuova dinamica tra due nazioni sovrane.
Nei primi decenni di indipendenza (1783-1815) i rapporti rimasero tesi. Il Regno Unito, impegnato nelle guerre napoleoniche, impose restrizioni commerciali e sequestri di navi americane, causando attriti.
Nel 1812 gli Stati Uniti dichiararono guerra al Regno Unito per questioni di sovranità marittima e ambizioni territoriali. Il conflitto si concluse con il Trattato di Gand (1814) e rafforzò il senso di identità nazionale americana. Dopo il 1815, i rapporti iniziarono a stabilizzarsi, con entrambi i paesi che evitarono ulteriori conflitti diretti.
Nel XIX secolo gli Stati Uniti si sono espansi verso ovest, talvolta in competizione con gli interessi britannici, specialmente in Canada e nell'Oregon, ma dispute territoriali come quella sull'Oregon (1846) furono risolte diplomaticamente e il Regno Unito divenne un importante partner commerciale e fonte di investimenti per gli Stati Uniti.
La Guerra civile americana (1861-1865) fu però un nuovo motivo di frizione e qui si innesta il fatto che i rapporti con la Russia non sempre siano stati di contrasto.
Durante la Guerra d'Indipendenza americana (1775-1783), infatti, la Russia, sotto Caterina la Grande, non fornì un sostegno diretto agli Stati Uniti contro l'Inghilterra, ma indirettamente favorì le colonie americane. Nel 1780, la Russia promosse la Lega della Neutralità Armata, un'alleanza con altre potenze europee (come Danimarca, Svezia e Prussia) per proteggere il commercio neutrale durante il conflitto. Questa iniziativa limitò la capacità della Gran Bretagna di bloccare le navi neutrali che trasportavano rifornimenti alle colonie ribelli, ostacolando così gli sforzi britannici. La posizione della Russia fu pragmatica, volta a contenere l'influenza britannica e a proteggere i propri interessi commerciali.
Dopo l'indipendenza americana, i due paesi stabilirono relazioni diplomatiche nel 1809. La Russia vedeva gli Stati Uniti come un contrappeso alla potenza britannica, mentre gli Stati Uniti apprezzavano il ruolo della Russia come grande potenza europea non ostile.
Nel 1863, la flotta russa visitò i porti di New York e San Francisco, un gesto interpretato come un segnale di appoggio agli Stati Uniti contro le potenze europee (come Regno Unito e Francia) che simpatizzavano per i Confederati. Tuttavia, questa visita aveva anche motivazioni strategiche russe, legate alla protezione della flotta durante le tensioni con altre potenze europee.
Uno degli eventi più significativi fu la cessione dell'Alaska dagli Stati Uniti alla Russia per 7,2 milioni di dollari. Questo accordo rafforzò i legami tra i due paesi, poiché la Russia, dopo la sconfitta nella Guerra di Crimea (1853-1856), voleva liberarsi di un territorio difficile da difendere, mentre gli Stati Uniti vedevano un'opportunità di espansione. Oggi l’area dell’Artico diventa di nuovo strategica e punto di contatto.
L'Inghilterra, invece, durante la Guerra civile, pur non appoggiando ufficialmente la Confederazione sudista contro l'Unione del Nord, la appoggiò di fatto.
Il governo britannico, guidato dal primo ministro Lord Palmerston, dichiarò la neutralità all'inizio del conflitto, ma la Confederazione fu trattata come un belligerante, il che consentì alcune interazioni commerciali e diplomatiche senza un riconoscimento formale.
Verso la fine dell’800, con l'indebolimento relativo dell'Impero britannico e l'ascesa degli Stati Uniti come potenza industriale, i rapporti si sono spostati verso una maggiore cooperazione e la Gran Bretagna ha iniziato a vedere gli USA come un contrappeso alle potenze europee emergenti, come la Germania. Accordi come il Trattato di Washington (1871) risolsero dispute pendenti, come quella dell'Alabama, rafforzando la fiducia reciproca.
Nel ‘900, con l’impero britannico in declino, la relazione tra USA e Regno Unito si trasformò in quella che oggi è nota come la "Special Relationship", anche a causa del fatto che durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, quando i due paesi combatterono fianco a fianco.
Tornando alla Russia e al suo rapporto con gli Stati Uniti, va detto che la loro relazione si è basata su pragmatismo e interessi comuni, soprattutto contro l'influenza britannica. Non si può parlare di un’alleanza, anche se ci sono stati momenti, nel ‘900, nei quali Russia e Stati Uniti sono stati alleati.
L'esempio più significativo è durante la Seconda Guerra Mondiale, quando l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti hanno collaborato come parte degli Alleati contro le potenze dell'Asse. Attraverso il programma Lend-Lease, gli Stati Uniti fornirono ingenti aiuti materiali all'URSS, contribuendo alla sua resistenza contro la Germania nazista.
Nel XX secolo, gli Stati Uniti, pur non essendone la causa, hanno favorito il declino del colonialismo europeo.
A partire dal XIX secolo, nei territori coloniali (Africa, Asia, Caraibi) si svilupparono movimenti nazionalisti che chiedevano l'indipendenza. Leader come Gandhi (India), Nkrumah (Ghana) e Ho Chi Minh (Vietnam) mobilitarono le popolazioni contro il dominio europeo. La Prima e, soprattutto, la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) indebolirono le potenze coloniali europee (Regno Unito, Francia, Paesi Bassi, Belgio). Le guerre esaurirono risorse economiche e militari, riducendo la capacità di mantenere il controllo sulle colonie.
Dopo il 1945, l'ONU e nuove potenze come gli Stati Uniti e l’URSS promossero l’autodeterminazione dei popoli, opponendosi al colonialismo. La Carta dell’Atlantico (1941) e la Dichiarazione ONU del 1960 sull’indipendenza dei popoli coloniali rafforzarono questa tendenza.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Asia fu la prima a vedere l’indipendenza di grandi nazioni. L’India ottenne l’indipendenza dal Regno Unito nel 1947, seguita da Indonesia (1949, Paesi Bassi) e Vietnam (1954, Francia). L’Africa subsahariana vide un’accelerazione delle indipendenze, con paesi come Ghana (1957), Nigeria (1960) e Kenya (1963). Il 1960, noto come "Anno dell’Africa", vide 17 nazioni africane diventare indipendenti. Gli ultimi territori coloniali, come Angola e Mozambico (1975, Portogallo) e Zimbabwe (1980, Regno Unito), ottennero l’indipendenza. Piccoli territori caraibici e del Pacifico seguirono negli anni successivi.
Sebbene politicamente indipendenti, molte ex colonie rimasero legate economicamente alle ex potenze coloniali attraverso multinazionali, debito estero e accordi commerciali, ma ora anche queste dipendenze vengono meno.
I nuovi assetti mondiali che si annunciano estromettono quello che resta delle influenze degli ex imperi.
Il nuovo assetto è nelle mani di Usa, Russia, Cina, India e Arabia Saudita. Non c’è da meravigliarsi che la cupola neo colonialista anglo francese sia sul piede di guerra.
Basti pensare alla "Françafrique", dalla quale la Francia è stata cacciata in malo modo e dove sono arrivati i russi.
Negli ultimi anni, diversi Paesi dell'Africa occidentale e centrale, come Mali, Burkina Faso, Niger e Gabon, hanno visto colpi di stato militari che hanno portato al potere giunte ostili alla presenza francese. Questi regimi hanno spesso accusato la Francia di ingerenza neocoloniale e di sfruttare le risorse locali, come l'uranio in Niger, senza portare benefici tangibili alle popolazioni locali. In Niger, ad esempio, dopo il colpo di stato del luglio 2023, la giunta guidata dal generale Abdourahamane Tiani ha ordinato il ritiro dei 1.500 soldati francesi presenti nel Paese, completato a dicembre 2023. Inoltre, a giugno 2024, è stata revocata la licenza alla multinazionale francese Orano per lo sfruttamento della miniera di uranio di Imouraren, una delle più grandi al mondo.
Analogamente, Mali, Burkina Faso e la Repubblica Centrafricana hanno espulso le truppe francesi, con il Mali che ha terminato la cooperazione militare con Parigi nel 2022.
La perdita di influenza francese è aggravata dall'ingresso di nuovi attori, come la Russia, che ha offerto supporto militare e politico a governi locali attraverso gruppi come Wagner (ora Africa Corps).
In Niger, la compagnia nucleare russa Rosatom è in trattative per subentrare alle attività di estrazione di uranio di Orano. La Cina ha intensificato gli investimenti in infrastrutture, come in Costa d'Avorio, riducendo la quota di mercato francese, che tra il 2000 e il 2017 è scesa dall'11% al 5,5%.
La perdita di influenza dell'Inghilterra nelle ex colonie africane non è così drammatica come quella francese, ma è in atto da molti decenni.
Dopo il 1945, l'Inghilterra, indebolita economicamente e militarmente dalla guerra, non è più stata in grado di mantenere il controllo diretto sulle sue colonie.
La sterlina ha perso il suo ruolo di valuta dominante e l'Inghilterra ha dovuto cedere spazio a nuove potenze come gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica, che competevano per l'influenza in Africa durante la Guerra Fredda.
Organizzazioni come l'Organizzazione dell'Unità Africana (OUA, fondata nel 1963) hanno rafforzato l'identità africana, marginalizzando le ex potenze coloniali.
Negli ultimi decenni, nuove potenze come la Cina, l'India e, in misura minore, la Russia hanno aumentato la loro presenza in Africa attraverso investimenti, infrastrutture e accordi commerciali. La Cina, in particolare, ha superato il Regno Unito come partner economico in molti paesi africani, riducendo ulteriormente l'influenza britannica.
Sebbene il Commonwealth abbia mantenuto legami formali tra il Regno Unito e molte ex colonie, la sua influenza è più simbolica che sostanziale. Molti paesi africani membri, come il Sudafrica o il Nigeria, perseguono politiche indipendenti e guardano altrove per partnership strategiche.
Nel tempo l’Inghilterra ha "finanziarizzato" il suo impero, utilizzando il potere economico e finanziario come strumento di controllo e profitto, rendendo la City di Londra il cuore pulsante di un sistema globale.
Questo impero è stato ed è sottoposto ad una dura cura dimagrante.
Il mercato degli eurodollari, ad esempio, che si riferisce a depositi in dollari USA detenuti in banche al di fuori degli Stati Uniti, spesso associati a Londra come principale centro finanziario, ma attivi anche in altre piazze come New York, Singapore e Dubai (non ha alcuna connessione con l’euro come valuta), è in declino.
Durante la rivoluzione ungherese del 1956, l’Unione Sovietica temeva il congelamento dei propri depositi in dollari nelle banche USA. Trasferì quindi fondi alla Moscow Narodny Bank a Londra, che li ridepositò in banche americane, creando i primi eurodollari (28 febbraio 1957, $800.000). Questo permise di aggirare il rischio di confisca, poiché i fondi risultavano legalmente appartenenti a una banca britannica.
Negli Stati Uniti, le restrizioni sui tassi di interesse dei depositi bancari (Regulation Q) spinsero le banche a creare filiali a Londra per offrire tassi più alti, liberi dai vincoli della Federal Reserve. Questo favorì l’espansione del mercato degli eurodollari.
Negli anni ’60 e ’70, il mercato crebbe rapidamente grazie ai deficit della bilancia dei pagamenti USA, al Piano Marshall e all’aumento delle importazioni americane, che portarono grandi quantità di dollari all’estero. Londra divenne il fulcro, con banche come Midland Bank e altre istituzioni della City che gestivano la maggior parte dei depositi.
Negli anni ’80, il mercato degli eurodollari superò i certificati di deposito USA come principale strumento del mercato monetario a breve termine.
Londra è il principale centro del mercato degli eurodollari, grazie alla sua posizione geografica, alla flessibilità regolamentare e alla presenza di banche internazionali. La City di Londra gestisce la maggior parte dei depositi e delle transazioni.
Il mercato degli eurodollari ha rappresentato una delle principali fonti di finanziamento globale, con il 90% dei prestiti internazionali negli anni ’90 effettuati tramite eurodollari. Tuttavia, dal 2020, la rimozione dei requisiti di riserva negli USA ha ridotto l’attrattiva degli eurodollari, con una preferenza per depositi domestici.
Il mercato degli eurodollari, pertanto, nato a Londra per esigenze geopolitiche e regolamentari, ha rivoluzionato la finanza globale, con la City come epicentro, ma il suo declino è evidente e significativo.
La City di Londra è inoltre la piazza sulla quale si intermedia la maggior parte dei crediti ed ei certificati green.
La rimozione dei vincoli green da parte di Trump, in particolare attraverso politiche come il ridimensionamento dell'Inflation Reduction Act (IRA) e il congelamento delle concessioni per l'eolico offshore, ha avuto un impatto significativo sul mercato dei certificati verdi e dei crediti di carbonio negli Stati Uniti.
L'IRA, firmato nel 2022, aveva stanziato ingenti risorse per la transizione verde, tra cui 14,2 miliardi di dollari per veicoli a zero emissioni e 8,6 miliardi per carburanti a basse emissioni.
La nuova amministrazione Trump, con ordini esecutivi emanati nel 2025, ha eliminato incentivi fiscali per progetti eolici, solari e altre energie rinnovabili entro il 2027, imponendo requisiti più stringenti per ottenerli. Questo ha fermato la transizione verso l'energia verde ponendo una "pietra tombale" sul Green Deal.
Il mercato globale dei crediti di carbonio, specialmente in Europa, rimane robusto grazie a sistemi come l'EU ETS (Emission Trading System), che regola le emissioni in settori ad alta intensità di carbonio.
Il problema è: ancora per quanto?
Non a caso l’Unione Europea tenta di convertirsi dal green alle armi, ma anche qui Donald Trump ha detto a chiare lettere che se ci sono armi da dare all’Ucraina lui le vende ai Paesi europei che le devono pagare.
La risposta quasi unanime è: non abbiamo i soldi. Amen.
In questo contesto è ovvio che la cupola oligarchica neo coloniale sia in sofferenza e tenti in tutti i modi di far sì che Trump perda credibilità e non riesca a concludere nulla nel rapporto con gli attori mondiali del momento, che non sono l’Inghilterra, non sono la Francia e nemmeno la Germania.
Ed ecco che alla luce di questo lungo elenco di dati, acquista credibilità l’intesa di fondo Usa-Russia in funzione di eliminazione definitiva della cupola neo colonialista, soddisfacendo la richiesta della base Maga di una seconda guerra di indipendenza e dando, attraverso il rapporto con la Russia, un assetto stabile al Medio oriente anche con l’apporto decisivo dell’Arabia Saudita.
Rimane aperta la questione della Cina, ma quello è un capitolo che riguarda l’area del Pacifico, dove si muovono altri attori e altri interessi.