L’ossessione per Sinner e il silenzio sulle fabbriche che chiudono
Maurizio Landini ha deciso che il problema del Paese è Jannik Sinner. Lo ha detto a “Un giorno da Pecora”, sostenendo che chi guadagna molto può essere tartassato senza pietà, perché “rimane ricco comunque”. Una teoria comoda, che però dà per scontato un principio inquietante: la proprietà privata non è più un diritto, è un cassetto da cui lo Stato può attingere quando vuole.
Peccato che Sinner non sia un contribuente italiano. Vive a Montecarlo, come quasi tutti i top player del tennis mondiale, perché su un reddito che supera i 35 milioni annui, l’Italia ne preleverebbe 20-22 milioni. E sì, questo conta. E comunque, quando Sinner gioca in Italia, paga eccome: agli Internazionali di Roma 2024, su un premio da 370 mila euro, ha versato oltre 110 mila euro al fisco italiano. L’indotto fiscale che genera in Italia vale tra 5 e 7 milioni l’anno. Non proprio il profilo dell’“uomo che non contribuisce”.
Il vero nodo è un altro: perché Landini sceglie di accanirsi su Sinner invece di guardare a ciò che sta franando? Il settore auto è in caduta verticale.
Nel 1990 producevamo quasi due milioni di auto l’anno.
Nel 2024 siamo scesi sotto 500 mila, con interi distretti evaporati. E la cessione di Iveco agli indiani, operazione che un sindacato serio avrebbe combattuto fino all’ultimo, è passata quasi nel silenzio generale, con la perdita di un asset strategico che non tornerà più indietro.
Forse è anche arrivato il momento di ammettere qualcosa che si evita per pudore politico: gli scioperi del venerdì per il clima non sono stati la rivoluzione promessa, sono stati una distrazione collettiva. Mentre si ballava per salvare il pianeta, si frantumava la manifattura.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: cassa integrazione crescente, fabbriche chiuse, produttività inchiodata. E con la produttività ferma, la classe media si è ristretta come una camicia lavata male: potere d’acquisto crollato, salari che non tengono il passo, e un Paese che discute di simboli mentre perde pezzi reali di economia.
La domanda, a questo punto, non è perché Sinner viva a Montecarlo. La domanda è perché chi rappresenta i lavoratori come Landini abbia smesso di difendere il lavoro reale, preferendo lezioni morali a buon mercato.
Il mondo corre, il capitale si muove, l’industria si trasforma. Noi, invece, sembriamo fermi a discutere di un ragazzo che gioca a tennis.








