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GEOPOLITICA

GLI USA SPINGONO BERLINO VERSO UN NUOVO RUOLO NELLA NATO

GLI USA SPINGONO BERLINO VERSO UN NUOVO RUOLO NELLA NATO

di Giuseppe Gagliano *

Le parole dell’ambasciatore statunitense presso l’alleanza atlantica non sono un esercizio retorico. Quando mette nero su bianco il desiderio che la Germania assuma un giorno il comando supremo delle forze alleate in Europa, manda un messaggio molto chiaro: gli Stati Uniti si preparano a ridurre la loro guida e vogliono che l’Europa, e in particolare Berlino, colmi lo spazio che si sta aprendo.


Il comando supremo alleato è sempre stato simbolo e sostanza dell’influenza americana sul continente. Non è una regola scritta, ma è stato un pilastro politico della sicurezza europea. Che oggi un ambasciatore statunitense ne metta in discussione la tradizione rivela che Washington sta rimodellando la propria presenza. Da anni gli americani valutano una riduzione delle truppe in Europa per spostare risorse verso il quadrante del Pacifico o per contenere la spesa militare interna. Il ritorno di Trump alla Casa Bianca accelera questa linea: meno uomini in Europa, più responsabilità agli europei.
Nel quadro della sicurezza europea, nessun paese ha il peso economico, demografico e industriale della Germania. La Francia ha capacità militari più articolate, ma è stretta tra le sue priorità africane e le sue difficoltà interne. La Germania invece ha risorse finanziarie ingenti, un apparato industriale in grado di sostenere produzioni belliche avanzate e, soprattutto, ha ormai introdotto una nuova architettura di difesa: spese militari escluse dal freno al debito, ritorno della leva dal 2026, riorganizzazione della Bundeswehr per renderla in stato di piena operatività.
Non stupisce che gli esperti vedano in Berlino l’unico paese capace di guidare la ricostruzione della potenza militare europea. Il riarmo imposto dalla guerra in Ucraina ha mostrato quanto il continente dipenda ancora dagli Stati Uniti. Se Washington rallenta, la Germania diventa inevitabilmente il fulcro delle forze europee. Ma le intenzioni e le capacità non sempre coincidono: Berlino non ha ancora elaborato una piena coscienza del proprio ruolo strategico.
L’ipotesi di un comando supremo alleato affidato a un generale tedesco è rivoluzionaria. Non solo per ragioni storiche, ma per motivi pratici. Il comandante supremo non guida solo le truppe dell’alleanza: guida anche le forze statunitensi presenti in Europa. È un doppio ruolo che finora ha garantito a Washington un controllo diretto sulla postura militare dell’alleanza e sulla prontezza dei contingenti.
Se il comandante fosse europeo, perderebbe automaticamente metà della sua autorità, perché non potrebbe comandare soldati che rispondono al Pentagono. Per questo molti analisti considerano l’ipotesi difficilmente realizzabile. Ma il senso politico delle parole dell’ambasciatore resta intatto: gli Stati Uniti vogliono che la sicurezza europea non dipenda più dalla loro guida quotidiana. Una sorta di “europeizzazione della difesa” che però può avvenire solo se l’Europa trova una direzione comune.
Nelle ultime settimane è circolato un piano statunitense che descrive una diversa distribuzione dei compiti tra alleanza atlantica, Stati Uniti e Russia. Alcuni analisti lo hanno definito un progetto di “deamericanizzazione” dell’alleanza. L’immagine degli Stati Uniti come mediatori anziché come protagonisti conferma la volontà di ridimensionare il proprio ruolo militare diretto sul continente. E anche il taglio delle truppe, come quello in Romania, rientra in questa strategia di alleggerimento.
Non è una fuga. È una riallocazione delle priorità. Per Washington, la sfida centrale non è più europea ma asiatica. Tuttavia, lasciare un vuoto strategico nel momento in cui l’Ucraina è al centro di una guerra ad alta intensità è un rischio che molti partner considerano insostenibile. Una fonte interna all’alleanza ha parlato di “momento sbagliato” per un arretramento americano.
Per l’Europa l’allontanamento statunitense equivale a una pressione implicita ma costante: costruire un apparato militare credibile. La Germania è in una posizione unica per guidare questo processo, ma si porta dietro limiti politici e culturali che frenano il cambio di passo. La sua classe dirigente è spesso divisa tra l’adesione alle richieste americane e la cautela di chi teme di assumere un ruolo militare troppo esposto.
Tuttavia, la realtà dei fatti impone una scelta. Gli Stati Uniti non possono più sostenere la difesa europea come in passato. E l’Europa, per garantirsi sicurezza, dovrà un giorno affidarsi a una leadership interna. La Germania, per risorse e posizione geopolitica, è la candidata naturale, anche se non ancora pronta.
Il nuovo corso dell’alleanza non è immediato, ma è già tracciato. Washington non vuole abbandonare la NATO, ha ancora decine di migliaia di uomini sul terreno e considera l’Europa un pilastro della propria presenza globale. Ma vuole anche che l’Europa cresca. Il comando supremo alleato resta oggi saldamente statunitense, e nessuna discussione formale è aperta sul tema. La vera questione però è altrove: gli Stati Uniti credono che, nel tempo, sarà inevitabile un passaggio di responsabilità.
Per l’Europa si apre una fase decisiva, in cui dovrà conciliare la fedeltà all’alleanza con la necessità di prepararsi a scenari in cui il sostegno statunitense non sarà più garantito. E sarà la Germania, volente o nolente, a trovarsi in prima linea in questo processo.

*in collaborazione multimediatica con Notizie Geopolitiche

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