Ieri il presidente Donald Trump ha celebrato quella che ha definito una "opportunità storica" per la pace e la stabilità in Medio Oriente, decantando i grandi progressi compiuti in Siria in seguito alla sua decisione di revocare le dure sanzioni statunitensi e di dare il benvenuto a Washington al nuovo presidente del Paese.
In un post su Truth Social, Trump ha affermato che gli Stati Uniti sono "molto soddisfatti" della traiettoria della Siria sotto la presidenza di Ahmed al-Sharaa, descrivendo il Paese come "un Paese che lavora diligentemente" per diventare "uno Stato vero e prospero".
Trump ha sottolineato che la rimozione delle "sanzioni molto forti e severe" – un drastico cambiamento rispetto alla politica statunitense contro l'ex leader siriano Bashar Assad – è stata "veramente apprezzata dalla Siria, dalla sua leadership e dal suo popolo".
Il presidente ha sollecitato la continuazione di un "dialogo forte e vero" tra Israele e Siria, dichiarando che nulla dovrebbe ostacolare l'evoluzione politica ed economica della Siria.
Trump ha inquadrato il momento come parte di un più ampio schema di vittorie in politica estera: "Questa è un'opportunità storica e si aggiunge al successo già ottenuto per la pace in Medio Oriente!"
I commenti di Trump seguono la prima visita di un capo di Stato siriano alla Casa Bianca da parte di al-Sharaa, un cambiamento diplomatico senza precedenti.
La Siria ha espresso il suo "desiderio, le sue intenzioni e la sua disponibilità" ad unirsi alla coalizione globale anti-ISIS, un cambiamento radicale nell'allineamento di un Paese che, fino alla caduta di Assad lo scorso anno, non aveva alcun rapporto diplomatico con Washington.
Un alto funzionario statunitense ha confermato l'ingresso della Siria nella coalizione composta da 89 nazioni, sebbene Damasco insista nel sostenere che non fa parte della missione militare guidata dagli Stati Uniti nota come Operazione Inherent Resolve.
Il ministro dell'Informazione siriano Hamza al-Mustafa ha dichiarato all’Associated Press che in "alcuni casi" esiste un coordinamento con le forze statunitensi, ma ha sottolineato che il coinvolgimento della Siria rimane politico, non militare.
Il riavvicinamento segue la rinuncia di Trump alle sanzioni del Caesar Act, ovvero le sanzioni imposte al regime di Assad per sistematiche violazioni dei diritti umani.
Al-Sharaa sta facendo pressioni per un'abrogazione permanente, anche se ciò richiederebbe un intervento del Congresso.
Gli analisti sottolineano che la deroga alle sanzioni di Trump ha già aperto la porta a un impegno diplomatico inimmaginabile solo due anni fa.
Nel frattempo, Siria e Israele restano bloccati nei colloqui mediati dagli Stati Uniti, sebbene non sia stato raggiunto alcun accordo formale.
Mentre Trump afferma che le due nazioni devono costruire una "relazione lunga e prospera", la Siria continua a chiedere il ritiro di Israele dai territori conquistati dopo il crollo di Assad, una condizione che i leader israeliani considerano con cautela.
Ciononostante, Trump sta presentando questo momento come un ulteriore passo avanti nella sua più ampia strategia per il Medio Oriente, che i critici avevano respinto anni fa ma che ha prodotto gli Accordi di Abramo e molteplici accordi di normalizzazione.








