Putin apre al cessate il fuoco, ma chiede il Donbass: la guerra resta senza sbocco rapido.
Vladimir Putin si dice pronto a fermare i combattimenti in Ucraina, ma a una condizione: Kiev dovrebbe ritirarsi dal Donbass e riconoscere la perdita dei territori contesi. Una richiesta irrealistica per l’Ucraina e politicamente irricevibile dagli alleati occidentali.
Mosca, in sostanza, pretende il controllo pieno di un’area che militarmente non possiede e che potrebbe non conquistare. Secondo l’Institute for the Study of War (ISW), think tank con sede a Washington , l’avanzata russa a Donetsk è lenta, frammentata e tutt’altro che decisiva.
La narrazione del Cremlino che suggerisce un successo imminente non trova conferma sul terreno. La Russia concentra oggi i suoi sforzi su Pokrovsk e Myrnohrad, due città strategiche, ma procede a piccoli passi, ostacolata dalla resistenza ucraina.
Pokrovsk, ex snodo cruciale per logistica e rifornimenti di Kiev, è sotto attacco da mesi. Le forze russe sono entrate in città a fine luglio; tuttavia, in 118 giorni hanno occupato solo il 66% dell’area urbana, avanzando in media 0,12 km al giorno: un ritmo insufficiente per conquistare il Donbass in tempi brevi.
Sul fronte più ampio, tra metà agosto e fine novembre, l’esercito russo ha guadagnato 9,3 km² al giorno, soprattutto a Dnipropetrovsk e Zaporizhzhia. A questa velocità, sostiene l’ISW,Mosca impiegherebbe fino all’estate del 2027 per completare il controllo della regione di Donetsk.
Il messaggio degli analisti è chiaro: una vittoria russa non è inevitabile, e l’offerta di Putin non rappresenta un vero percorso diplomatico, ma piuttosto una mossa negoziale per legittimare conquiste incomplete.In assenza di una svolta politica, il conflitto rischia di trasformarsi in una guerra di logoramento pluriennale, con costi crescenti per entrambe le parti e per la stabilità globale.
