di Paola Bergamo
Il 13 ottobre 2025 resterà nella storia?
L’opportunismo e l’approccio realista di Trump forse segnano l’alba di una nuova era in Medio Oriente.
Diamo tempo al tempo perché le insidie restano in agguato.
Bisogna dar atto al Presidente americano di essere riuscito in una mediazione difficile portando la tregua tra Israele e Palestinesi dopo l’orribile pogrom del 7 ottobre 2023 e il massacro a Gaza, ritorsione del Governo Netanyahu.
Persino Hillary Clinton si è complimentata con Donald Trump.
Le guerre, in questo pazzo mondo, stanno assumendo connotati sempre più strani. Gli eserciti regolari sono costretti a rivedere le regole d’ingaggio confrontandosi con milizie terroristiche che sfalsano ogni piano mentre una massa enorme di civili inermi finisce nel tritatutto del gioco cruento tra le parti.
Il discorso alla Knesset del Presidente americano, tra sorrisi e standing ovation, ci hanno mostrato un Netanyahu visibilmente compiaciuto e rassicurato. Trump ne ha elogiato l’operato e la forza, invocando per lui la grazia direttamente rivolgendosi al Presidente Herzog. Una “way out” evidentemente messa sul piatto della bilancia, per una tregua verso la quale l’intera umanità sta traendo un sospiro di sollievo.
La firma dell’accordo di Sharm el Sheikh è avvenuta alla presenza dei tanti leader anche europei, presente per l’Italia la nostra Presidente del Consiglio. Piuttosto significativa la presenza di Abu Mazel che conferma il placet dell’Autorità Nazionale Palestinese.
I quattro firmatari garanti dell’accordo, Egitto, Turchia Qatar e Usa potrebbero essere gli artefici del radicale cambiamento in Medio Oriente e passare alla storia ma i veri architetti della missione sono stati Jared Kushner, il genero di Trump, “padre” dei Patti di Abramo, marito della stessa figlia Ivanka, convertitasi a quell’ebraismo che ora entra, a pieno titolo, alla Casa Bianca. Insostituibili l’apporto di Steve Witkoff, forse davvero un nuovo Kissinger, e di Marco Rubio.
Solo il tempo darà contezza delle conseguenze di questo importante avvenimento e se da una tregua si passerà alla pace.
Dopo tanto dolore inferto per odio, abbiamo visto il sorriso nella gente in Israele per il ritorno degli ostaggi rimasti in vita e pure a Gaza esplodere la gioia con il ritorno di tanti prigionieri.
Se nessuno si metterà di traverso, il percorso potrebbe placare gli animi in quell’area martoriata del mondo e con il tempo portare alla pacificazione tra popoli per i quali serve un cambio di paradigma e fermare millenni di incomprensioni.
La vera pace, però, non può fondare unicamente su interessi economici, enormi in quell’area, ma dovrà poggiare sulla giustizia, su un sentimento di accettazione reciproca, su un approccio che è esistenziale e culturale.
Non è facile seppellire l’ascia di un odio seminato per generazioni e tra le incognite pressanti vi è se Hamas deporrà sul serio le armi, sancendo così la propria sconfitta.
Non è ancora stata ultimata la consegna delle spoglie di chi, rapito in quel 7 ottobre, non ce l’ha fatta o è stato ucciso. Accanto all’euforia non sono mancate in queste ore momenti di tensione tra le fazioni palestinesi che si contendono un primato nella Striscia di Gaza, mentre la polizia di Hamas pattuglia le linee di demarcazione non senza incidenti di percorso.
L’odio, le rivalità imperano in Medio Oriente come nel Medio Occidente. Lo sanno bene ucraini e russi, inglesi e russi, polacchi e tedeschi ma anche polacchi e russi che sembrano voler cancellare ciò che è inscritto nel mappamondo: l’Europa va dall’Atlantico agli Urali, fatevene tutti una ragione!
Se pragmatismo e denaro molto possono fare e se le cointeressenze economico finanziarie pongono basi per convergenze e transazioni che possono ammansire i contendenti, basta comunque poco per trasformare in pia illusione la speranza.
Ma Trump è apparso molto sicuro di sè, per nulla espressione di una America che si ritrae. Il Presidente americano è un affarista e abile negoziatore e non ha taciuto l’incognita Iran. Dopo aver rescisso l’accordo sul nucleare e bombardato i siti iraniani, ieri ha acutamente teso una mano a una possibile cooperazione. Non a caso Witkoff è impegnato in negoziazioni con il presidente russo Vladimir Putin.
In fondo Medio Oriente e Medio Occidente sono legati a doppio mandato anche per quel conflitto, ormai “congelato”, che solo l’Europa si ostina a voler tener in piedi.







