Altro che premierato, altro che riforma delle leggi elettorali, la vera rivoluzione in atto è il voto per le politiche nelle sole sei regioni dove, come ci fa sapere Repubblica, il centro sinistra ha il 49,7% e il centro destra il 46,8%.

Non ha alcuna importanza che le regioni in Italia non siano sei, ma 20 e che siano prevalentemente governate dal centrodestra, che controlla 13 regioni, mentre il centrosinistra ne amministra 6. La Valle d'Aosta è retta da forze autonomiste.
Nelle cartine è assegnato ad altro anche la Provincia di Bolzano.


Non importa. I media di regime hanno decretato che il campo largo, ossia il campo dei miracoli di Elly Shlein e di Giuseppe Conte è vincente e metterà in un angolo Giorgia Meloni.
Esultano i vari componenti del cosiddetto campo largo-santo-dei miracoli.
Votiamo solo nelle sei regioni ed è fatta.
Peccato che non sia così sicuro che da qui al 2027 tutto vada come vogliono il Gatto e la Volpe del campo dei miracoli.
Nelle sei regioni in oggetto alle politiche il centro destra aveva il 42,7% e il centro sinistra il 51,4%. Nelle recenti regionali, le sei regioni hanno per il centro destra il 46,8% e il centro sinistra il 49,7%.
Alle politiche il distacco era di 8,7 punti a vantaggio del centro sinistra. Ora il vantaggio del centro sinistra è di 2,9 punti. In buona sostanza, in tre anni circa, il vantaggio del centro sinistra sul centro destra nelle sei regioni tradizionalmente di sinistra è calato di 5,8 punti.
Continuiamo a raccontar favole per consentire a Elly Shlein e ai suoi sodali del campo largo di esultare?
Show must go on, ma la realtà è fatta di numeri. Non siamo al circo equestre.
Veniamo ai numeri, ossia alla realtà. A votare sono andati solo il 44% degli aventi diritto. Se il calo continua con la velocità che si è vista in questi ultimi anni, si arriverà al fatto che la democrazia sarà quella degli apparati, non del popolo.
Non esiste un dato ufficiale e aggiornato al 2025 tuttavia si stima che nel pubblico impiego (RSU) ci siano tra 50.000 e 100.000 delegati RSU complessivi, calcolati in base al numero di sedi, dove ogni RSU ha almeno 3 membri (fino a decine in grandi enti).
Nel solo settore scuola (1,2 milioni di addetti), ci sono circa 70.000-80.000 RSU (una per istituto, con media 3-6 membri). Nel resto del pubblico (sanità, enti locali), circa 30.000-40.000.
Nel privato (RSA/DS) la stima è di 40.000-60.000 delegati, legati a circa 100.000 imprese con più di 15 dipendenti. Il totale stimato è di 90.000-160.000 delegati sindacali attivi, inclusi quelli con permessi retribuiti e tutele speciali (Statuto dei Lavoratori, art. 19).
Il numero totale di cooperative attive è di circa 70.000-85.000, a seconda delle fonti (es. MISE e Confcooperative stimano 70.000, mentre dati ministeriali indicano oltre 85.000).
L’occupazione complessiva è di oltre 1,3 milioni di addetti, che rappresentano circa il 7% della forza lavoro totale nelle imprese private. Questo include dipendenti, soci lavoratori e collaboratori esterni. Per confronto, nel 2021 erano 1,6 milioni di posizioni lavorative (7,2% del totale), con una crescita post-pandemia trainata dal settore sociale.
Il numero totale di addetti attivi nel Terzo Settore è di circa 890.000 lavoratori con almeno un contributo previdenziale nel 2024 (crescita del +3,6% rispetto al 2023 e +6,5% sul biennio 2022-2024). Per il 2025, i dati provvisori indicano una stabilizzazione con lieve crescita, grazie a contributi pubblici e privati stabili. I dipendenti puri sono 919.431 al 31 dicembre 2022 (dati ISTAT definitivi, con trend in aumento), di cui circa il 73% (650.000) lavora esclusivamente nel settore.
In Italia, il numero di iscritti ai partiti politici ha subito un drastico calo negli ultimi decenni, passando dai picchi di massa della Prima Repubblica (con DC e PCI che raggiungevano i 2 milioni di tesserati ciascuno negli anni '50-'70) a una militanza ridotta e spesso instabile nella Seconda Repubblica. Oggi, i partiti non superano stabilmente la soglia del milione di iscritti e molti dati sono frammentari, basati su campagne di tesseramento annuali o indiretti (come le scelte del 2x1000 IRPEF).
Se il dato dell’affluenza cala ancora, la democrazia non sarà più popolare, ma corporativa, determinata dagli apparati. Questo il tema su cui riflettere, invece di agitarsi e di dimenarsi in fuorvianti entusiasmi che potrebbero avere un senso se davvero si arrivasse a votare solo in sei regioni (salvo sorprese).
La Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo, non agli apparati. C’è materia per riflettere.
Conclusione: basta fandonie. Torniamo alla realtà e alle dinamiche del Paese. Lasciamo a Elly e ai suoi sodali di fare scena nel campo dei miracoli.








