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ARTICOLI DEL DIRETTORE

LA PACE CHE NON PIACE SOLO AGLI ESTREMISTI ITALIANI

LA PACE CHE NON PIACE SOLO AGLI ESTREMISTI ITALIANI

Sono rimasti solo loro, con i centri sociali, Kinderheim dei pupilli violenti di una borghesia debosciata arroccata nei boschi verticali, con i loro giornali che sputano veleno. Sono gli estremisti italiani di un progressismo che non ha più copertura internazionale e si avvoltola nella rabbia e nel rancore.

Sono rimasti solo loro, a sfasciare le vetrine o a sfasciare le coscienze. Soli come non mai, accompagnati solo da falsi leader o da intellò questuanti.

Ci sono giornali che hanno definito il viaggio di Trump in Israele e in Egitto uno show, perché non riescono a digerire che la pace l’abbia costruita lui e non le élite fuori di testa che governano, si fa per dire, quel che rimane di un’Unione Europea in macerie.

Trasudano rabbia perché a Sharm non c’è andata la baronessa Ursula von der Leyen e nemmeno Kaja Kallas, l’Alto rappresentante UE per gli affari esteri. Nessuno ha avvisato e avvistato Luigi Di Maio, che l’Unione Europea, grazie a Mario Draghi, ha inviato nel Golfo (non quello partenopeo) che, a quanto pare, qualcosa dovrebbe avere a che fare con gli accordi di ieri, visto che a firmarli c’era l’emiro del Qatar.

Ieri a Sharm el-Sheikh a firmare con Trump c’erano tre protagonisti di riferimento per il mondo arabo e per quello musulmano. L’emiro del Qatar Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani e il turco Erdogan, garanti, in quanto da tempo protettori, dell’osservanza dell’accordo da parte di Hamas e il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi.

La firma due

Se leggiamo dietro le righe, il turcomanno è in linea con i Fratelli Musulmani, mentre al-Sisi è quello che in Egitto li ha ridotti al nulla, dopo le primavere arabe (quelle sponsorizzate da Hillary Clinton). Il Qatar ospita la più grande base Usa nel Golfo e da sempre ospita anche la leadership miliardaria di Hamas, che chiede protezione per il denaro accumulato alla faccia dei gazawi.

Abdel Fattah al-Sisi, i cui rapporti con la Russia sono noti, è un ponte perfetto tra Mosca e Washington e ha già convocato per novembre al Cairo una conferenza per la ricostruzione di Gaza.

Da notare che alla firma di Sharm hanno presenziato, oltre ai rappresentanti arabi e musulmani che hanno apposto la loro firma (la distinzione è necessaria in quanto la Turchia non è araba, ma si propone come leader del mondo musulmano), anche il re di Giordania, Abdulla II, il Ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita, principe Faisal bin Farhan, il presidente dell’Anp Abu Mazen, che dei palestinesi è il rappresentante, il primo ministro iracheno Muhammad Shia al-Sudani e rappresentanti di alto livello degli Emirati Arabi Uniti, del Kuwait, del Bahrain, dell’Oman e altri. Il summit ha visto la partecipazione di oltre 20 paesi arabi in totale.

Alla pace per Gaza hanno dato il loro appoggio, negli Stati Uniti, in prima fila, Hillary Clinton e Joe Biden.

L'ex segretario di Stato, ancora venerdì scorso, ha rivolto un insolito cenno di assenso al suo storico rivale politico, attribuendo alla sua amministrazione il merito di aver raggiunto ciò che molti ritenevano impossibile: porre fine alla guerra di Gaza, durata due anni.

L’assenso è arrivato con una dichiarazione a CBS News 24/7: "Mi congratulo sinceramente con il presidente Trump e la sua amministrazione”, ha dichiarato la Clinton dopo l'annuncio che Hamas aveva accettato il piano di pace in 20 punti di Trump. La Clinton si è congratulata anche con "i leader arabi della regione per essersi impegnati a rispettare il piano in 20 punti e aver intravisto una via d'uscita per quello che spesso viene definito il giorno dopo". "Sosteniamo ora questo processo e uniamolo – ha aggiunto infine la Clinton -, non solo in modo imparziale nel nostro Paese, ma letteralmente a livello internazionale come un grande impegno globale per cercare di portare pace, sicurezza, stabilità e un futuro migliore in Medio Oriente".

Ieri è arrivato il sostegno di Joe Biden, altro avversario storico di Donald Trump. "Lodo – ha detto Biden - il presidente Trump e il suo team per il lavoro svolto per portare a termine un rinnovato accordo di cessate il fuoco [a Gaza]. La strada verso questo accordo non è stata facile. La mia amministrazione ha lavorato senza sosta per riportare a casa gli ostaggi, portare soccorso ai civili palestinesi e porre fine alla guerra. Mi congratulo con il presidente Trump e la sua squadra per il loro lavoro volto a far giungere al traguardo un rinnovato accordo di cessate il fuoco. Ora, con il sostegno degli Stati Uniti e del mondo, il Medio Oriente è sulla strada della pace, che spero duri nel tempo, e di un futuro per israeliani e palestinesi con pari misure di pace, dignità e sicurezza”.

Ieri il giornale del padrone titolava: “Il Trump Show per la pace” e all’interno: “Un colpo mediatico che non fermerà la violenza”.

RepubblicaRepubblica tre

A certi media progressisti la pace non piace. Meglio il conflitto, che consente le vacanze al mare delle flotille, la violenza degli abitanti dei centri sociali, la possibilità di avere un nemico per garantirsi la vita, non avendo uno straccio di idea propositiva.

È la stessa logica che sorregge Kaja Kallas e i guerrafondai europei, inglesi in testa, messi in piazza da Angela Merkel, che ha ben spiegato come si sia arrivati alla guerra in Ucraina grazie alle posizioni dei Baltici, della Polonia e, a dire il vero (se lo è dimenticata)anche sue.

Ora sarà la volta dell’Ucraina a tentare la pace ma, nonostante le posizioni di Giorgia Meloni nei confronti di Kiev, se si dovesse arrivare a un qualsiasi compromesso, probabilmente grazie anche a quanto sta avvenendo in Medio Oriente, ci saranno i soliti che andranno in piazza a sfasciare vetrine contro Putin e tutti i putiniani d’Italia.

Ora che l’Unione Europea è stata lasciata fuori dalla gestione degli accordi e che Hamas lascerà il governo della Striscia in altre mani, sarebbe interessante aprire un fascicolo su chi ha gestito gli aiuti alla Gaza di Hamas. Diamo per scontato che tutto sia avvenuto nel più rigoroso criterio di onestà, ma a dare un’occhiata ai conti, alle transazioni, alle mediazioni, non sarebbe male.

Il controllo effettivo di Hamas sulla Striscia risale al 2007.

L'Unione Europea (UE) è uno dei principali donatori per i palestinesi, con circa 1,2 miliardi di euro stanziati per il periodo 2021-2024, di cui 279 milioni destinati specificamente a Gaza nel 2023.

Tuttavia, l'UE e i suoi Stati membri mantengono una politica di "no-contact" con Hamas, designato come organizzazione terroristica dal 2003. Gli aiuti sono canalizzati attraverso agenzie ONU (come UNRWA, UNICEF, PAM) e ONG indipendenti.

Indagini UE post-attacco del 7 ottobre 2023 avrebbero confermato che nessun fondo è finito direttamente o indirettamente ad Hamas, anche se alcuni critici evidenziano rischi di interazione indiretta con enti controllati da Hamas, come il Ministero dello Sviluppo Sociale di Gaza (MoSD).

Non esistono prove di "mediazione" diretta con Hamas da parte di organizzazioni europee: gli aiuti sono distribuiti in modo da bypassare il gruppo, ma in un contesto di controllo locale, interazioni indirette sono inevitabili.

Di seguito, una panoramica delle principali organizzazioni europee coinvolte.

Organizzazione/Stato

Aiuti Forniti (esempi recenti)

Modalità di Distribuzione

Relazione con Hamas

Unione Europea (Commissione Europea, ECHO)

75 milioni € umanitari triplicati nel 2023; 700 milioni € totali dal 2000 per Gaza/West Bank.

Tramite UNRWA, PAM, Croce Rossa; focus su cibo, acqua, sanità. Revisione 2023: no fondi a Hamas.

No-contact policy; aiuti per civili, ma interazione indiretta con MoSD per elenchi beneficiari criticata da NGO Monitor.

Germania (BMZ e KfW)

Contributo a programmi UE; sospeso temporaneamente post-2023, poi ripreso.

Progetti idrici e voucher cibo via UNICEF/ONG.

Coinvolta in cash-assistance che usa elenchi MoSD; rischio "reputazionale" per legami indiretti.

Regno Unito (FCDO)

73 milioni £ annui; top-3 finanziatore globale per Gaza.

Tramite UNICEF per cash ($200-300/mese a 546.000 persone); elenchi da MoSD.

Documenti interni 2022 ammettono rischio di "supporto indiretto" a Hamas; continua nonostante minacce reputazionali.

Olanda

Parte dei fondi UE; focus su sviluppo.

Via ONG come Oxfam per voucher e assistenza cash.

Analisi Oxfam 2022 evidenzia "workarounds" per no-contact policy con autorità locali (Hamas).

Svezia/Norvegia

Contributi a UNRWA e Croce Rossa.

Aiuti emergenziali via Ficross (Federazione Croce Rossa/Mezzaluna Rossa).

Parte di programmi UNICEF con elenchi MoSD; no prove di deviazione.

ONG Europee Principali coinvolte che spesso finanziate da fondi UE, ma con protocolli anti-terrorismo. Alcune sono accusate da fonti israeliane di legami indiretti.

ONG

Attività a Gaza

Finanziamenti Europei

Critiche su Hamas

Oxfam (UK/UE)

Voucher cibo, acqua pulita; analisi 2022 su cash-assistance.

UE e governi europei (es. Olanda).

"Legal fiction" per interazioni con MoSD; no prove di finanziamento, ma "workarounds" per eludere no-contact.

Médecins Sans Frontières (MSF, Francia/Belgio)

Ospedali da campo, cure mediche; denunciato blocchi israeliani.

Fondi UE e nazionali.

Opera indipendentemente; critica sia Israele che Hamas per uso civili come scudi.

Save the Children (UK)

Protezione bambini, educazione; +100 ONG firmatarie contro fame 2025.

UE, UK, Germania.

Distribuzione diretta; no legami noti, ma opera in zone Hamas-controllate.

Croce Rossa Europea (Ficross/IFRC)

Convogli umanitari, distribuzione via Rafah; 2 milioni € dall'Italia 2024.

UE, Italia, Spagna.

Coinvolta in corridoi con mediatori arabi/UE; Hamas accusato di furti, ma no prove su fondi.

Islamic Relief Worldwide (UK)

Cibo, medicine, essentials invernali.

Privati + fondi UE indiretti.

Accusata da Israele di legami Fratelli Musulmani/Hamas; UE monitora, ma continua operazioni.

Hamas è accusato di tassare importazioni (20-40% su aiuti digitali) e usare MoSD per elenchi beneficiari, creando un "industria di money changers" (rapporto israeliano 2025). Programmi cash UE/UNICEF (es. UK/Francia) dipendono da questi elenchi. Revisioni UE confermano controlli efficaci.

Diamo per buono che tutto sia in ordine, ma dopo che si sarà installato un governo di transizione, anche in considerazione di alcuni precedenti (Qatargate, Greengate, Pfizergate), un’occhiata approfondita non sarebbe male.

La dichiarazione di pace firmata a Sharm lunedì si pone come prodromica all’allargamento degli Accordi di Abramo.

I firmatari, infatti, scrivono: “Insieme, attueremo questo accordo in modo da garantire pace, sicurezza, stabilità e opportunità per tutti i popoli della regione, compresi palestinesi e israeliani. Siamo consapevoli che una pace duratura sarà una pace in cui sia i palestinesi che gli israeliani potranno prosperare, con i loro diritti umani fondamentali tutelati, la loro sicurezza garantita e la loro dignità tutelata”. 

È chiaro che i firmatari arabi riconoscono i diritti di Israele ad avere sicurezza garantita. Siamo distanti anni luce dagli intenti dell’Iran e di Hamas di eliminare Israele dalla faccia della terra e siamo di fronte ad una svolta storica, che isola chi vuole mantenere il conflitto con Israele perché non ne tollera la presenza.

A dare testimonianza delle posizioni estremiste di Hamas è Bill Clinton, il quale ha recentemente affermato: “L'unica volta in cui Yasser Arafat non mi ha detto la verità è stata quando mi ha promesso che avrebbe accettato l'accordo di pace che avevamo elaborato, che avrebbe dato ai palestinesi uno stato sul 96% della Cisgiordania e il 4% di Israele, e avrebbero potuto scegliere dove sarebbe stato quel 4% di Israele. Quindi avrebbero avuto lo stesso effetto su tutta la Cisgiordania. Avrebbero una capitale a Gerusalemme Est. Riesco a parlarne a fatica, avrebbero avuto uguale accesso tutto il giorno, ogni giorno, alle torri di sicurezza che Israele manteneva in tutta la Cisgiordania fino alle alture del Golan. Tutto questo è stato offerto, inclusa, lo ripeto, una capitale a Gerusalemme Est e due dei quattro quadranti della città vecchia di Gerusalemme, confermato dal Primo Ministro israeliano Ehud Barak e dal suo gabinetto, e hanno detto no. E penso che parte di questo sia perché Hamas non si preoccupava di una patria per i palestinesi. Volevano uccidere gli israeliani e rendere Israele inabitabile”.

Siamo ben distanti da quelle posizioni e non a caso nella dichiarazione di Sharm el-Sheikh si legge: “Siamo uniti nella determinazione a smantellare l'estremismo e la radicalizzazione in tutte le loro forme. Nessuna società può prosperare quando la violenza e il razzismo sono normalizzati, o quando ideologie radicali minacciano il tessuto della vita civile. Ci impegniamo ad affrontare le condizioni che favoriscono l'estremismo e a promuovere l'istruzione, le opportunità e il rispetto reciproco come fondamenti per una pace duratura”.

La prospettiva che gli Accordi di Abramo possano essere estesi è evidente in questo passaggio della dichiarazione: “In questo spirito, accogliamo con favore i progressi compiuti nell'istituzione di accordi di pace globali e duraturi nella Striscia di Gaza, nonché le relazioni amichevoli e reciprocamente vantaggiose tra Israele e i suoi vicini regionali”.

Ne dovrebbero tenere conto anche gli estremisti nostrani, di ogni specie. Ma è impossibile, perché il loro obiettivo è avere i conflitti, per avere un nemico. Conflitti e nemico sono l’aria che li tiene in vita. La pace a loro non piace.

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