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POLITICA

NON CONFONDERE DESTRA CON FASCISTA

NON CONFONDERE DESTRA CON FASCISTA

Se non ci si convince che destra non significa inevitabilmente fascismo, e forse anche che fascismo non significa inevitabilmente destra, le analisi politiche manterranno un errore di fondo che le conduce ad essere sbagliate. E dunque a pensare e proporre ricette sbagliate per l’alternativa.
Mi dicono che difendo Meloni. Forse si, se per Meloni si intende la figura dipinta come una ignorante-mentecatta-scrofa-stronza-approfittatrice-pesciaiola-fascista: Perché Meloni, per me, è tutt’altro che questa. Ovviamente ciascuno è libero di pensarla come vuole sulla persona. A me sembra che le accuse di mediocrità (nei migliori dei casi, perché spesso il giudizio è ancora peggiore) siano infondate. Ma non è per niente importante.
Quello che mi colpisce invece è il giudizio di fascista ad una che è di destra, che dimostra di essere destra – cioè conservatore (il recente premio Thatcher assegnatole dice qualcosa) - nei programmi e nella gestione della politica e del Governo. Perché è incontrovertibile che il Governo gira intorno a lei ed ad alcune persone di sua assoluta fiducia: come tali scelte a gestire i gangli della politica.
Non si confonda “destra” con “fascista”: su questo io intervengo. Che si attui una politica di destra non è certo il mio gradimento, ma è un elemento dell’ alternanza, concetto insito nelle democrazie Non è inaccettabile, come invece lo sarebbe se il confronto fosse fatto con un governo fascista.
Dwight Eisenhower, Richard Nixon, Ronald Reagan, George Bush padre e figlio. sono stati la destra in America. De Gaulle in Francia. Merz lo è in Germania. In Inghilterra: Churchill, Thatcher, Major. Se esaminiamo, ovviamente in dimensione macro, le loro politiche troveremmo attinenze e assonanze assolute con la politica del Governo Meloni. Una politica che va sconfitta perché deficitaria sul welfare e sui temi sociali, ma non perché sia fascista: attributo questo che è un comodo escamotage per non dire cosa e come cambiare. Se è politica fascista si è contro e basta.
In tutte le realtà, quando la destra è stata poi sconfitta ha passato la mano a governi riformisti. Una riflessione che va accompagnata dalle due domande. Come? Quando?.
L’esempio inglese mi sembra il più calzante. Tony Blair guidò la svolta del Partito Laburista, segnando l’era del "New Labour". Allontanandosi dall’impostazione tradizionale, Blair si spostò verso il centro adottando la cosiddetta “terza via”: una sintesi fra tutela sociale ed economia di mercato. Ma va notato - ogni parametro che si esamini lo dice – che il successo di Blair fu dovuto, oltre che ad una gestione pragmatica, anche alla circostanza che poté utilizzare quanto aveva fatto Thatcher in termini di liberalizzazioni e soprattutto di tenuta dei conti pubblici. Un “ambiente economico-finanziario” che consentì di investire massicciamente nei servizi pubblici, in particolare sistema sanitario ed istruzione, per promuovere la mobilità sociale. Blair lo fece. Il programma di Major, che venne dopo Thatcher, anch’esso di destra ma più moderata, fu superato, anzi spazzato via, da un progetto di centro-sinistra riformista che combinava liberalismo economico e protezione sociale con ampi investimenti in questo ultimo campo. Quel “New Labour” appunto - che influenzò la politica britannica – e non solo britannica - per oltre un decennio.
E’ la conferma che urge avere un programma, che si deve pensare a terze vie, che necessita di progettare un futuro di sinistra tenendo presente anche elementi di liberismo. Sono le condizioni minime per l’alternanza. Le ho sempre richiamate. Ma mi fa riflettere il fatto che, alla fine, tutte le gestioni della destra, quella Thatcheriana ed altre, molto criticabili senza dubbio, avevano tuttavia creato, per alcuni spazi, presupposti economici che furono utilizzati, con intelligenza, da chi è venuto dopo..
Lungi da me fare paragoni assoluti, ma farei una riflessioni sull’oggi di Meloni. Alcune delle cose portate a termine in Italia hanno determinato una situazione per la quale è più facilmente possibile intervenire spostando il focus politico, come fece Blair, sul welfare e sul sociale. Tra esse un risanamento, parziale ma sostanzioso, dei conti pubblici. Una rinnovata fiducia degli investitori. Siamo sinceri: c’era da fare un po’ di pulizia per poter ripartire con meno vincoli. Pulizia che Meloni ha fatto e ci ha tolto da un impiccio che dura da 30 anni. Non c’è certo da ringraziarla, ma neanche da demonizzarla.
Soprattutto tocca ora a chi si propone di sostituirla, e di cambiare politica, utilizzare tutto questo. Utile se pensa che davvero riuscirà a scalzarla. Se invece non ci crede neanche lui, allora …..
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