Non so se davvero l’adesione allo sciopero generale indetto dalla CGIL sia del 68%. Per esperienza diretta so che si fa, capziosamente, “confusione” tra “assenze dal lavoro” e “partecipazione allo sciopero”. E i dati incontrovertibili che vengono dal pubblico impiego direbbero che non è possibile che si sia andati oltre il 40-45%. Ma non è una questione di numeri quella che sollevo. Diciamo 68%? Ok, va bene.
La partecipazione c’è stata. Il problema è lo spessore delle rivendicazioni. Non c’è nulla di più semplice che elencare le cose che non vanno: specie se esse sono in alcuni casi realtà drammatiche. Sono bravo persino io a farlo; e posso aggiungere, anzi, all’elenco fatto da Landini qualcosa che gli è sfuggito: per esempio sui pensionati. Posso capire che il Sindacato non sia il preposto a fare proposte alternative. A meno che non sia chiamato ad una concertazione: ma quella vera. Si, io vengo dalla scuola del “dalla protesta alla proposta”: ma capisco che vi sono momenti nei quali sostituire l’assenza della opposizione – perché l’assenza è eclatante – è più ipotesi da pan sindacalismo che non ipotesi reale. Ed è su questa circostanza che esprimo forti dubbi.
Se lo sciopero della CGIL non doveva fare da cassa di risonanza dei malcontenti e né essere campagna elettorale per Landini, logica vuole che la palla ora passi all’opposizione. E però senza alibi.
Che la finanziaria passi più o meno com’è, mi sembra assodato: non c’è né spazio e né tempo per cambiarla in modo coerente; e gli aggiustamenti sul tappeto sono toppe peggiori degli strappi che vorrebbero coprire. Ma il mondo non finisce con il 2026: predisporre un progetto è questione complessa e non di tempi brevi. Avviarlo è opportuno. Le elezioni sono forse più vicine di quanto possa apparire. Perché qualche movimento interno alla maggioranza è in atto: Forza Italia è in via di mutamento profondo, spinta dai pargoli Berlusconi ed i conti con Salvini sembrano diventare urgenti. Ma soprattutto perché la sfida lanciata da Landini (con me c’è la maggioranza del Paese) potrebbe spingere Meloni ad avere un chiarimento, anticipando le elezioni. Vedremo.
Il fatto è che il grosso dell’opposizione ha di fatto glissato, a meno di solenni dichiarazioni, lo sciopero. Conte e Schlein, presenti sempre ed ovunque gay pride compreso, stavolta non c’erano. Queste cose, messe assieme alla presa di distanze di CISL e UIL, dicono che politicamente qualcosa sulla quale riflettere c’è. Qualche proposta avanzata in questa sede, tra l’altro, è inaccettabile per chiunque non sia esattamente della stessa idea di Stato, di società, di democrazia di Landini. Infatti Bonelli e Fratoianni non hanno fatto mancare la loro presenza. Questo avrebbe 68% di consenso?
La sensazione che si sia forzata la mano per messaggi di tipo elettorale e di leader-ship della sinistra è forte. Per lanciare una campagna di progetto alternativo si sarebbero dovuto impostare proposte, richiesta di alleanze, gestione della manifestazione in modo del tutto diverso. Sarebbe stata una iniziativa di richiesta di cambiamento politico della quale il Sindacato si faceva portavoce ma anche sponda sociale. Ma non era questo, evidentemente, lo scopo.
E così quello che sarebbe stato necessario per dare corpo ad iniziative Politiche non c’è stato: si è lanciato un grido disperato anziché di speranza. Perché era necessario raccogliere il mugugno; e solo quello perché fa numero. Dunque, un’occasione persa.







