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OPINIONI

TRA PNRR E SOVRANISMO

TRA PNRR E SOVRANISMO

Il futuro incompiuto: tra PNRR e sovranismo, il dilemma dell’Italia

"La civiltà non consiste nel moltiplicare i beni materiali, ma nel saper vivere insieme con dignità e giustizia." – Albert Einstein

Finito il PNRR, come andremo avanti? È questa la domanda che oggi scuote la politica italiana e europea, un interrogativo che nessun governo sembra in grado di risolvere, e che neanche l’opposizione riesce ad affrontare con chiarezza. La retorica dei grandi progetti infrastrutturali e degli investimenti europei lascia spazio, al termine delle risorse, a un vuoto di strategie concrete, un abisso in cui rischiamo di precipitare come nazione e come continente. La realtà è semplice, seppure drammatica: se non sapremo costruire una visione condivisa oltre il PNRR, la stagnazione economica e sociale ci sommergerà, rendendo vana ogni promessa elettorale.

Il PNRR ha rappresentato per l’Italia un’occasione storica: miliardi di euro da destinare a infrastrutture, digitalizzazione, transizione ecologica, formazione e salute. Tuttavia, se da un lato esso ha imposto una sorta di disciplina nella spesa pubblica, dall’altro ha rivelato la nostra incapacità cronica di pianificazione a lungo termine. Finito il denaro, emergono tutte le contraddizioni di un sistema politico incapace di innovare senza fondi esterni. Il governo in carica naviga a vista, cercando soluzioni temporanee, mentre l’opposizione si limita a slogan e accuse: una dinamica che rischia di paralizzare la democrazia e il progresso.

Il dibattito politico si è fatto sempre più surreale, diviso tra sovranisti convinti e liberisti radicali. Il sovranismo, in questa fase, appare come l’ultimo stadio del liberismo: una contraddizione in termini che però trova terreno fertile in una società stanca di promesse non mantenute. La retorica sovranista non offre soluzioni concrete, ma costruisce un nemico esterno – l’Europa, l’Euro, la globalizzazione – come capro espiatorio dei nostri fallimenti interni. Allo stesso tempo, l’ortodossia liberale che governa le economie avanzate propone soluzioni di mercato che ignorano le disuguaglianze e i bisogni reali della popolazione, ampliando il divario tra élite e cittadini comuni.

In questo contesto, il cittadino medio si trova intrappolato in un limbo di incertezza: da un lato l’illusione di ricchezze immediate tramite sussidi e finanziamenti europei, dall’altro la consapevolezza che, senza un cambio di paradigma, il futuro sarà un susseguirsi di emergenze e riforme incomplete. La politica italiana, incapace di visione e spesso di competenza, rischia di trasformarsi in un semplice laboratorio di slogan e promesse da bar. Questo fenomeno non riguarda solo l’Italia: l’Europa intera si trova davanti a sfide analoghe, tra debito pubblico, crisi energetica, trasformazioni tecnologiche e instabilità geopolitica.

La fine del PNRR pone una domanda fondamentale: vogliamo continuare a dipendere da risorse esterne e da piani imposti dall’alto, oppure siamo disposti a costruire un progetto autonomo di sviluppo? La scelta non è ideologica: è una questione di sopravvivenza economica e sociale. L’Italia ha bisogno di una politica capace di coniugare innovazione, equità e sostenibilità, capace di superare il dualismo sterile tra sovranismo e liberismo estremo. Solo così potremo evitare la deriva verso una condizione di impotenza nazionale e continentale.

È necessario affrontare il tema del sovranismo con lucidità. Spesso confuso con patriottismo o protezionismo, il sovranismo estremo si configura come una forma di liberismo privatistico, mascherato da difesa dell’identità nazionale. La logica è chiara: meno Stato, più mercato, e ogni fallimento diventa colpa dell’altro – dell’Europa, degli immigrati, dei burocrati. Ma questa è una prospettiva che ignora la realtà dei fatti: nessuna nazione moderna può prosperare senza regole condivise, investimenti pubblici mirati e politiche di coesione sociale. Il rischio è di trovarsi in un labirinto senza uscita, in cui la sovranità si riduce a slogan mentre la società reale sprofonda in disuguaglianza e precarietà.

Allo stesso tempo, il liberismo in forma pura, con la sua fede cieca nel mercato e nella concorrenza, ha mostrato tutti i suoi limiti. La crisi economica globale, le catastrofi ambientali e le disuguaglianze crescenti sono la prova tangibile che una società basata esclusivamente sul profitto e sul rendimento finanziario non può garantire stabilità né coesione. L’Europa rischia di diventare una serie di Stati isolati, incapaci di affrontare sfide comuni come il cambiamento climatico o la sicurezza energetica, se non si costruisce un equilibrio tra mercato e intervento pubblico.

Il punto centrale è la capacità di visione. L’Italia, come continente, deve scegliere tra due strade: continuare a rincorrere soluzioni contingenti e estemporanee, affidandosi al PNRR e a finanziamenti esterni, oppure investire in una strategia di lungo termine basata su innovazione, cultura, formazione, digitalizzazione e green economy. Senza una scelta chiara, la nostra nazione rischia di diventare un semplice spettatore di eventi storici, incapace di influire sul proprio destino.

La cultura, l’istruzione e la ricerca scientifica diventano quindi pilastri imprescindibili. Un Paese che non investe su questi settori è destinato a una forma di stagnazione permanente, incapace di competere su scala globale. La transizione energetica e digitale, l’educazione dei giovani, la creazione di un ecosistema di start-up e innovazione, sono strumenti indispensabili per costruire un futuro sostenibile. Questi investimenti non possono essere considerati opzionali o secondari, perché definiscono il profilo di un’intera generazione e di un continente intero.

In ultima analisi, il problema non è solo politico o economico, ma culturale. La nostra incapacità di progettare il futuro al di là delle risorse disponibili riflette una mancanza di visione collettiva, una fragilità morale e sociale che deve essere affrontata con urgenza. Se non impariamo a pensare oltre il PNRR, se non superiamo il dualismo tra sovranismo e liberismo estremo, rischiamo di veder svanire la nostra identità nazionale e la coesione europea. La sfida è enorme, ma non impossibile: richiede coraggio, lungimiranza e, soprattutto, una leadership capace di dialogare con la società reale, non solo con i mercati o i centri di potere.

L’alternativa è drammatica: restare intrappolati in un ciclo di emergenze continue, incapaci di costruire infrastrutture sociali, economiche e culturali solide. Finiremo per essere spettatori impotenti del declino di una nazione e di un continente, senza più strumenti per difendere il nostro futuro. Perché la politica, alla fine, non è solo gestione del presente, ma progettazione del domani. E se il domani non viene pianificato con saggezza, le conseguenze saranno irreversibili.

In conclusione, l’Italia e l’Europa si trovano davanti a un bivio storico. Il PNRR ha rappresentato un’opportunità senza precedenti, ma il vero banco di prova arriverà dopo la fine del PNRR. Il sovranismo estremo e il liberismo radicale non sono soluzioni: sono scenari di rischio. L’unica via percorribile è una politica visionaria, inclusiva e lungimirante, capace di conciliare mercato e intervento pubblico, identità nazionale e coesione europea, sviluppo tecnologico e sostenibilità ambientale. Solo così potremo sperare di non essere finiti come nazione e continente, ma protagonisti di un futuro in cui l’Italia e l’Europa ritrovano il loro ruolo e la loro dignità nel mondo.

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