di Paolo Falconio*
La Fragilità Sistemica dell’Unione Europea e il Baricentro Tedesco
Nel contesto di una crescente fragilità strutturale dell’Unione Europea, la Repubblica Federale di Germania si configura come l’architrave imprescindibile dell’architettura comunitaria. Tale centralità si accentua in un quadro in cui la Francia è attraversata da turbolenze politiche interne e da un rallentamento economico persistente, mentre il Regno Unito, oltre a fronteggiare analoghe difficoltà macroeconomiche, ha optato per la Brexit quale strumento di contenimento delle spinte centrifughe interne, in particolare delle istanze autonomiste provenienti dalle nazioni costitutive della cosiddetta “piccola Bretagna”.
In tale scenario, Berlino si distingue come unico attore continentale capace di coniugare potenza industriale e disciplina fiscale, un binomio che rappresenta la condizione necessaria per qualsiasi ambizione europea di autonomia strategica, seppur parziale, nel settore della difesa.
Parallelamente, Londra riafferma il proprio ruolo di perno privilegiato della proiezione geopolitica statunitense sul continente, delineando un asse settentrionale che include Polonia, Scandinavia e Paesi Baltici. Questo riassetto ha comportato uno spostamento del baricentro strategico europeo verso Est e Nord, riducendo la capacità tedesca di orientare l’agenda continentale.
Il recente vertice di Copenhagen costituisce un indicatore emblematico di tale dinamica: il tentativo tedesco di porre in discussione i vincoli fiscali è stato oscurato da un’agenda interamente focalizzata sulla deterrenza nei confronti della Federazione Russa. L’impossibilità di inserire anche solo marginalmente la propria proposta evidenzia una crescente eterodirezione delle priorità strategiche europee, non soltanto in ambito securitario. In effetti, parlare di autonomia strategica europea equivale, allo stato attuale, a formulare un’ipotesi utopica.
Tale paradosso risulta ancor più evidente se si considera che la Germania, grazie alla propria tripla A, costituisce la garanzia implicita del debito sovrano di una parte significativa dei partner europei, e che oltre due terzi dell’economia continentale è direttamente integrata nella sua catena del valore.
In aggiunta, Berlino rappresenta l’unico Stato membro dotato di una base industriale-tecnologica avanzata e di una capacità di spesa significativa. Sotto una postura apparentemente prudente, la Repubblica Federale sta predisponendo un apparato di difesa multidominio, comprensivo della dimensione spaziale, attraverso partenariati industriali con imprese statunitensi, ma con infrastrutture localizzate sul territorio nazionale. Tale configurazione implica un trasferimento di know-how e la costruzione di un’autonomia operativa potenzialmente emancipante dalla tutela atlantica.
Non sorprende, pertanto, che le principali preoccupazioni rispetto a questa traiettoria provengano non tanto da Mosca, quanto da Parigi, tradizionalmente leader nel comparto spaziale e forte del proprio peso militare all’interno dell’Unione.
Sul piano interno, l’ascesa dell’AfD riflette una crescente disaffezione nei confronti del progetto europeo e potrebbe fungere da leva per una revisione della postura tedesca nei confronti dell’UE.
Alla luce di tali elementi, qualsiasi tentativo di marginalizzazione della Germania appare strategicamente miope. Berlino rimane il principale garante della stabilità economica e della coerenza sistemica dell’Unione. È una questione di scala industriale e capacità. Ignorare tale evidenza rappresenterebbe un rischio politico di lungo periodo.
Miembro del Consejo Rector de Honor y docente presso la Sociedad de Estudios Internacionales (SEI)