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ECONOMIA

PER IL 30% DEGLI ITALIANI E' MEGLIO UN REGIME AUTOCRATICO, RIFLETTIAMO SU QUESTO

PER IL 30% DEGLI ITALIANI E' MEGLIO UN REGIME AUTOCRATICO, RIFLETTIAMO SU QUESTO

Rapporto Censis 2025: per il 30% degli italiani i regimi autocratici sono i più adatti a governare oggi. La diffusa astensione dal voto manda segnali chiari. L’ISTAT certifica che tra tutte le istituzioni quelle che riscontrano i livelli più bassi di fiducia sono il Parlamento Italiano, il Parlamento Europeo, il Governo e i partiti politici. Le tessere del mosaico che si chiama democrazia.
Ma bisogna capirsi. Perché c’è una democrazia formale (le regole, i poteri, le urne, le istituzioni elette) e una democrazia concreta. Che ci sia un gap formidabile lo dice proprio l’astensione. A cosa possa portare lo dice appunto il Censis. Quale sia il substrato è chiaro: l’ingiustizia.
Dunque: dove nasce l’ingiustizia, e soprattutto quali meccanismi sociali la producono e la riproducono?
Il primo errore è continuare a ritenere che l’unica variabile economicamente e moralmente rilevante dell’ingiustizia sia la povertà. La disuguaglianza ne sarebbe un effetto collaterale.
Ma la povertà non è solo una condizione individuale: è il sintomo di istituzioni progettate, organizzate, gestite e governate male. Con conseguenze che non sono solo le file davanti agli strutture umanitarie. Leggo: «Anni di vita in più o in meno caratterizzano le esistenze di persone nate e cresciute in quartieri che distano tra loro un paio di fermate di metropolitana. A Napoli, tra Vomero e Sanità, Posillipo e Ponticelli, la differenza in termini di aspettativa di vita può superare i 7 anni». Torino ha lo stesso problema. Che non dipende dalla differenza di reddito medio. Il pericolo della logica del “ghetto” invece è dietro la porta: vi sono zone nelle quali vivono diseguali e perdenti. Perché una società ingiusta tende a dividere tra vincenti e perdenti. C’entra anche la povertà: ma non è l’elemento più centrale.
E’ la disuguaglianza che crea la povertà e non solo povertà. «E questo perché la disuguaglianza, quando cresce oltre una certa soglia, umilia e crea mondi separati. ... Ciò che si lacera non è soltanto il patto redistributivo, ma il patto civico, la fiducia, il senso di appartenenza, la possibilità stessa di riconoscersi parte di un destino comune.».
E poi. La società “dei diseguali” alimenta la disuguaglianza. Il gruppo “dominante”, che non è solo quello più ricco, sceglie la dirigenza del Paese. Ogni suo progetto, anche in buona fede, non tocca i disequilibri che si sono creati. Una progetto alternativo non c’è. Se tante volte mi mangio le mani criticando l’opposizione è per questo. Non c’è progetto, gli “aggiustamenti” a quello del Governo sono nel segno della elargizione, a pioggia e senza coerenza con obiettivi finali, nessuna spinta alla ripresa dell’ascensore sociale. Ed è questo forse il punto più delicato. La questione centrale non può essere la scelta del livello ottimale, più alto o più basso, di redistribuzione. Che pure è problema che c’è e pesa. La questione centrale ha a che fare con la scelta, e dunque con il progettare, un futuro non fatto di isole separate, indifferenti, incomunicabili ma in una società in cui tornare a pensare che vivere insieme significhi, davvero, condividere lo stesso destino. Dove il movimento tra “classi” non sia effetto di scontro ma effetto consapevole del merito . Per me socialista è lo spirito di Bad Godesberg. Qualcuno può affermare che quel progetto vincente fosse un progetto limitato agli aspetti economici? NO. Quelli reddituali propugnati erano la conseguenza di una società libera e democratica, non solo in senso solo formale.
E’ su questo che occorre muoversi: una società ridisegnata non perché tutti debbano essere uguali, ma per permette a tutti di sentirsi ugualmente parte della stessa società. Una società in cui tornare a pensare che vivere insieme significhi, davvero, condividere lo stesso destino.
«La democrazia è fatta di vicinanze: di vite che si sfiorano, di luoghi condivisi, di occasioni in cui la differenza non diventa distanza ma dialogo.». Questa è lotta alle diseguaglianze
Odio, estremizzazione, ideologismi di questi anni sono esattamente il contrario. Riusciamo a rifletterci sopra?
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