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ECONOMIA

LA POLITICA ECONOMICA E FISCALE E IL SUPERBONUS

LA POLITICA ECONOMICA E FISCALE E IL SUPERBONUS

di Francesco Pontelli

Alla fine ...un qualsiasi credito trova la propria essenza nell'obbligo del debitore alla erogazione della prestazione nei confronti del creditore.

Solo 48 ore prima che l'Eurostat confermasse al governo in carica, il quale aveva ampiamente sottostimato l'impatto della strategia adottata dal governo precedente,  come tutti i crediti fiscali, ora quasi  110 miliardi, dovessero venire considerati come debito dello Stato,italiano,  viene invitato dai 5 Stelle un docente di economia.
 
Questo esponente accademico, ignorando completamente i vincoli di bilancio annuali, ai quali viene sottoposto anche lo Stato, afferma come questi crediti fiscali rappresentino un volano per l'economia, se considerati nel loro evolversi negli anni successivi e che rappresenta un errore cosiderarli come debito nell'anno di erogazione. 
 
Del resto, andrebbe ricordato come nella finanziaria del 2022, quindi con alla guida del governo il presidente Mario Draghi e con lo stesso Giorgetti ministro dello sviluppo economico, la medesima strategia di sviluppo economico vedeva al centro gli stessi bonus fiscali nel settore edilizio unita ad una fioritura di altrettanti bonus settoriali.
 
A distanza di soli 14 mesi, dalla approvazione di quella finanziaria del governo Draghi, il medesimo ministro Giorgetti, smentendo clamorosamente anche se stesso, non trova alcuna contraddizione nell'affermare come questa politica di incentivazione fiscale sia "scellerata", dimenticandosi di esserne stato lo stesso artefice con il governo Draghi. 
 
I governi che hanno gestito la politica economica, successivamente agli effetti disastrosi della pandemia, come alla guerra in Ucraina, sostanzialmente hanno adottato la medesima e scellerata strategia dei decenni precedenti,  imperniata sulla solita crescita della spesa pubblica per finanziare determinati settori specifici .
 
Sono stati, così, sostenuti una marea indicibile di bonus ad personam, il che ha investabilmente determinato l'aumento della pressione fiscale, la quale ha permesso, nel solo 2022, di avere oltre 70 miliardi di fiscal drag come effetto dell'aumento nominale della base fiscale. 
 
Gli effetti scatenati dalla pandemia, viceversa, avrebbe dovuto invece determinare un radicale cambiamento delle strategie economiche fino ad allora adottate. Soprattutto in presenza di un tasso di inflazione, che ha divorato il potere d'acquisto soprattutto delle fasce sociali meno abbienti, l'adozione di una manovra finanziaria finalizzata ad una compensazione fiscale in relazione all'aumento della esplosione dei costi nominali (*) avrebbe offerto risultati più immediati per i cittadini italiani. 
 
Il fatto stesso che, ancora oggi, il nostro paese rappresenti l'unico in Europa ad avere un'inflazione a doppia cifra, testimonia i termini del fallimento delle politiche economiche adottate tanto del governo Conte 2, quanto del governo Draghi e fino a poche ore fa dal governo Meloni, come delle diverse maggioranze che li hanno sostenuti .
 
L'emergenza pandemica unita successivamente a quella bellica hanno dimostrato, ancora una volta, come la nostra classe politica ed accademica, le quali hanno rispettivamente espresso e suggerito le varie manovre finanziarie, agiscono con la sicurezza di non dover rispondere mai delle proprie scelte.
 
In più, ora, la semplice necessità di cambiare in corso d'opera le regole dimostra quanto queste fossero strategie fossero insostenibili.
In più la modifica comporta un danno di credibilità per il nostro paese, il quale una volta di più viene percepito come un sistema economico-giuridico inaffidabile, nel quale uno dei parametri fondamentali nella valutazione di un investimento, la stabilità delle normative fiscali, viene disatteso con imbarazzante leggerezza. 
 
Il nostro paese si avvia mestamente verso una realtà lontana dalle aspettative dei gestori di investimenti produttivi, riducendo il tutto a semplici acquisizioni di strutture ricettive, riguardo le quali investire non ha molto senso, in quanto la classe politica e dirigente non si dimostra in grado neanche di assicurare le stabilità ed affidabilità delle normative fiscali .
 
Un problema decisamente più impattante rispetto al già disastroso quadro che si profila per il settore dell'edilizia.
 
(*) basti pensare alla scellerata sospensione dello scontro fiscale per i carburanti, per di più giustificata da imbarazzanti teorie economiche 
 
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