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CULTURA

BOLDINI E LA VERTIGINE DELL'ELEGANZA MODERNA

BOLDINI E LA VERTIGINE DELL'ELEGANZA MODERNA

«La bellezza è una forma di genio: è persino superiore al genio, perché non richiede spiegazioni.»Oscar Wilde

La vertigine che attraversa l’universo artistico di Giovanni Boldini si percepisce fin dalla prima tela del percorso espositivo allestito alla Cavallerizza Ducale di Lucca, dove dal 2 dicembre 2025 al 2 giugno 2026 prende vita una delle mostre più affascinanti dedicate al maestro del ritratto mondano. È una vertigine che non disorienta ma incanta, trascinando lo spettatore in un turbine di eleganza, grazia e inquietudine: un viaggio che restituisce la complessità di un artista capace di rendere eterno il movimento, trasformando la pittura in danza e la figura in scenografia.

La storica sede lucchese, con le sue sale luminose e il suo respiro aristocratico, si rivela cornice ideale per accogliere tele che sembrano pretendere silenzio e attenzione. L’allestimento è misurato, quasi invisibile nella sua efficacia: evita rumori visivi e lascia che a parlare siano le opere, dispiegate in una narrazione fluida e progressiva. Il visitatore avanza come accompagnato da un ritmo segreto che Boldini stesso, con la sua pennellata veloce e nervosa, sembra dettare da una tela all’altra.

Fin dall’ingresso, l’attenzione è catalizzata dal tema che domina l’intera esposizione: la donna come mito e specchio d’epoca. Le celebri signore di Boldini — aristocratiche, salonnières, attrici, muse dell’alta società — emergono dalle cornici come apparizioni luminose, sospese tra sicurezza altèra e fragilità nascosta. I loro corpi allungati sembrano sfidare la gravità, le stoffe si muovono in un fruscio percepibile quasi all’orecchio, mentre gli sguardi, sempre allusivi, sostengono un dialogo muto ma intensissimo con chi osserva.

È nella linea fluida, nella curva che si fa vertigine, che si manifesta la più autentica modernità dell’artista. Boldini non dipinge semplicemente delle figure: le anima, donando loro un movimento che cresce dal centro della tela e si espande come un’onda. Non è un caso che molti critici dell’epoca lo abbiano definito “il pittore della velocità”. L’energia dei salotti mondani della Belle Époque, l’irrequietezza della vita urbana, la transizione verso il nuovo secolo confluiscono nella sua pennellata che graffia, vibra, sfiora l'astrazione senza mai abbandonare la figurazione.

Uno dei capolavori che meglio esemplifica questo stile è Mademoiselle de Nemidoff, esposto nella sezione centrale del percorso. La giovane donna, colta in un guizzo dinamico, sembra avanzare verso lo spettatore avvolta da un vortice di seta e luce. Il suo volto, enigmatico, appare delimitato da linee sottili, quasi tracciate in un lampo, e tuttavia l’impressione complessiva è di perfetta armonia. Boldini non cerca la fedeltà fotografica: vuole catturare l’essenza, l’attimo in cui un’emozione affiora e subito scompare. È una pittura di confine, tra realtà e sogno, tra presenza e apparizione.

Il percorso della mostra, attento e ben articolato, guida poi il visitatore verso opere più intime, dove il virtuosismo lascia spazio a una ricerca psicologica profonda. In questi ritratti più raccolti, Boldini modera il suo slancio impetuoso per penetrare l’interiorità dei soggetti. Le dame non sono più solo icone mondane, ma donne reali, colte nelle loro inquietudini, nei loro pensieri. Una leggera inclinazione del capo, un gesto incompiuto, l’ombra fugace di un sorriso diventano tracce dell’animo. È il Boldini più umano, quello che si sottrae all’etichetta di ritrattista mondano per farsi narratore di sensibilità.

Molto efficace la scelta dei curatori di accostare questi ritratti più introspettivi alle tele dove domina la rapidità esecutiva. Il contrasto permette di cogliere la ricchezza della produzione boldiniana: da un lato l’impeto modernista, dall’altro la delicatezza di un osservatore raffinato dell’animo umano. Il risultato è un affresco completo, che fa luce sulle molte anime di un artista dall’identità sfaccettata.

La mostra di Lucca sottolinea inoltre con chiarezza il dialogo che Boldini intrattenne con la sua epoca e con le avanguardie culturali che stavano rivoluzionando il mondo dell’arte e della letteratura. Arturo Loria e Ardengo Soffici, vicini alle esperienze futuriste e simboliste, ravvisavano nella pennellata del ferrarese una modernità anticipatrice, capace di catturare il ritmo di un secolo che stava per nascere. La pittura boldiniana diventa così ponte tra due mondi: quello dell’aristocrazia ottocentesca e quello della frenesia novecentesca.

Il carattere quasi cinematografico di alcune opere si fa particolarmente evidente nel celebre Busto di giovane sdraiata, dove le pennellate sembrano vibrare come fotogrammi sovrapposti, suggerendo un movimento perpetuo, un respiro che non si arresta. Qui Boldini anticipa una concezione dinamica dell’immagine che prenderà corpo solo anni dopo con il cinema e la fotografia modernista. Le sue tele sembrano animate da una luce che scorre, scivola, talvolta si infrange nella materia pittorica, aprendo spiragli verso un nuovo modo di percepire il mondo.

La sezione conclusiva dell’esposizione riporta l’attenzione sul contesto storico e sulla trasformazione dei ritmi sociali. Le donne ritratte da Boldini, splendide nelle loro pose teatrali, portano sulla superficie del quadro i segni di un’epoca al tramonto: un mondo aristocratico che tenta di conservare la propria eleganza mentre intorno si annunciano cambiamenti irreversibili. La loro bellezza, magnificata e al tempo stesso inquieta, è la metafora di un equilibrio precario, di una società che si specchia in sé stessa senza riuscire a immaginare il futuro. Boldini coglie questo istante di passaggio con una lucidità straordinaria.

Lasciando la Cavallerizza Ducale, resta negli occhi il bagliore di quelle figure allungate, quasi sospese, e nel cuore la sensazione di aver incontrato un artista che ancora oggi parla al contemporaneo. La sua pittura non racconta solo un’epoca: racconta la tensione eterna tra ciò che appare e ciò che sfugge, tra l’immobilità e il movimento, tra la perfezione e la vertigine. Ed è forse proprio in questa vibrazione, in questa bellezza che non chiede spiegazioni, che risiede l’eredità più autentica di Boldini: un lampo che continua a illuminare la storia dell’arte con la sua eleganza inquieta e modernissima.

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