di Roberto PECCHIOLI
Esistono criteri per decidere che cosa è giusto e che cosa è sbagliato, cosa è vero e cosa è falso, ciò che è valido e ciò che non lo è? L'attuale disastro– con persone che presumiamo colte incapaci di definire chi sia una donna e una crescente censura del linguaggio e dei temi – deriva dal fatto che è diventato normale pensare che la verità non esiste e che il bene e il male sono relativi, soggettivi. In questi tempi in cui trionfano pensatori che hanno incoraggiato l'irrazionalità, la menzogna e la frode avvolti nell'oscurità e nel gergo iniziatico, da Michel Foucault a Jacques Derrida, passando per Richard Rorty e Judith Butler, teorica del genere sessuale come costrutto culturale, c’è anche chi ha resistito al richiamo del postmodernismo e ha affrontato la tribù degli impostori con lucidità e coraggio.
Uno è stato John Searle, classe 1932, docente a Berkeley, California, per mezzo secolo. Filosofo e psicologo, discepolo del filosofo del linguaggio John Austin, da cui imparò il criterio che unisce etica ed epistemologia, la convinzione che non si dovrebbe mai dire nulla che sia palesemente falso. Un motto rivoluzionario in tempi di imposture e menzogne, trasformati in atti infami. Searle fu tra i primi a sostenere a Berkeley il diritto dovere di pensare con la propria testa, trasmettendo quel principio fondamentale agli studenti. Il pensatore americano è morto dimenticato a settembre in una struttura per anziani, dopo aver ricevuto dall’università l’oltraggio della revoca del titolo di professore emerito per una storia di molestie sessuali dalle quali uscì del tutto scagionato.
Verità e realtà erano le sue linee guida etiche e scientifiche, sostenute dal rispetto rigoroso per i fatti. Per Hannah Arendt l’essenza del totalitarismo consisteva proprio nel negare l'esistenza stessa dei fatti. Sulla scia dell’ultimo Wittgenstein, la filosofia analitica fu soprattutto filosofia del linguaggio. In quel contesto si situa l’opera magna di Searle, il trattato Atti linguistici. Parlare è essenzialmente un modo di agire; l’unità fondamentale nello studio del linguaggio sono gli atti atti linguistici che si compiono parlando, le azioni insite nel dire che Searle chiama illocuzioni. Riflettere sul linguaggio significa elaborare una filosofia generale della conoscenza, studiare il problema dei rapporti tra mente e corpo e la relazione tra parole e realtà, specchio della verità da esprimere liberamente. Di qui l’impegno nel movimento per la libertà di parola che gli procurò nemici potenti. Una guerra culturale che descrisse in The campus War , un conflitto distruttivo diventato incandescente grazie al movimento woke , avanguardia del falso progressismo nichilista degli autonominati risvegliati con prospettiva di genere, “intersezionali” (Kimberle Crenshaw) , antitutto, nemici del passato, della realtà ma anche del merito.
Searle fu uno dei pochi a denunciare il razzismo anti-bianco che iniziava a diffondersi nelle università americane sulla scia della discriminazione positiva, chiamata in termini orwelliani azione affermativa; si oppose decisamente alla sostituzione della filosofia con l’ideologia e dell’eccellenza accademica con l'attivismo settario. Siamo nel bel mezzo di quella guerra, annunciata negli anni Novanta dal profetico saggio La chiusura della mente americana di Allan Bloom. Importantissimo il contributo di Searle alla filosofia del linguaggio e della mente, aspetti fondamentali per lo sviluppo della tecnologia dell’Intelligenza Artificiale. Fu scettico sul fatto che l’ I.A. sia autenticamente intelligente, ovvero che i dispositivi tecnologici possano avere una mente in senso umano. A tal fine svolse il celebre esperimento della stanza cinese. Una persona che non parla cinese è chiusa in una stanza, munita di un manuale con le regole per manipolare i simboli (caratteri) cinesi per rispondere a domande formulate in cinese. Qualcuno fuori pone domande in cinese e la persona all’interno, seguendo le indicazioni del manuale, fornisce le giuste risposte in cinese. Dall'esterno sembra che la persona nella stanza padroneggi la lingua, poiché le sue risposte sono coerenti. Invece non sa per nulla il cinese né conosce il significato dei segni: sta solo seguendo istruzioni meccaniche per manipolare simboli. Il tizio che parla cinese senza capirne una parola sono la scatola ChatGPT e gli altri apparati, pappagalli sopravvalutati chiamati Intelligenza Artificiale.
Searle sosteneva che la manipolazione dei simboli, per quanto sofisticata, non equivale alla comprensione o all'intenzionalità, concetti fondamentali per una mente cosciente. L’ esperimento non solo metteva in discussione le pretese di un'intelligenza artificiale forte, ma criticava la superficialità di approcci tecnologici che confondono la simulazione dell'intelligenza con l'intelligenza stessa. In un mondo in cui i sistemi di I.A. sono onnipresenti, l'avvertimento di Searle rimane attuale: la tecnologia può imitare, non necessariamente comprendere. L’ esperimento dimostrò che la manipolazione formale di simboli dei computer non è sufficiente per la comprensione autentica. La mente umana non è un programma software, poiché vi è in essa l’irriducibilità dell’ esperienza cosciente che la macchina non possiede.
La morte di Searle è la perdita di un pensatore instancabile difensore della ragione, della verità e della libertà. In un'epoca in cui la post-verità e il relativismo minacciano di erodere le fondamenta della civiltà, la sua eredità ci ricorda l'importanza di aggrapparsi ai fatti e alla chiarezza di pensiero. Il docente di Berkeley non solo ci ha lasciato strumenti per comprendere meglio i meccanismi del linguaggio e della mente, ma resta un esempio su come affrontare con rigoroso coraggio mode intellettuali e derive ideologiche. La sua lotta contro l'impostura, tanto nel mondo accademico che nella società, rimane un faro per chi crede che la verità, per quanto scomoda, sia l'unica via verso una società libera e giusta.
Per quanto riguarda la teoria degli atti linguistici mutuata da Austin e perfezionata da Searle, sono enormi le implicazioni per la psicologia del linguaggio, specie in tempi di politicamente corretto e di guerra per la conquista delle menti. Le parole non solo descrivono la realtà, ma la trasformano attraverso l’azione sociale. Sorge quindi il problema dell’intenzionalità, la possibilità di dirigere la mente dall’esterno. Searle rifiutò il riduzionismo materialista, proponendo un naturalismo biologico in cui la coscienza diventa un fenomeno biologico reale, causato sì da processi cerebrali, ma non riducibile ad essi. La realtà dell’esperienza soggettiva prevale sulla presunta oggettività scientifica. L’opera di Searle costringe a confrontarsi con domande fondamentali sul significato di comprensione, sul rapporto tra mente e cervello, sulla natura della coscienza. E lo fa rifiutando in nome della chiarezza l’oscurità di linguaggio degli specialisti , da autentico illuminato alle prese con i grandi interrogativi del pensiero filosofico e scientifico.
Che cos'è la realtà? E’ possibile che il soggetto sia libero di scegliere in un universo fatto di particelle in campi di forza? Come agisce la coscienza? Searle tentò, attraverso lo studio degli atti linguistici, dell’ intenzionalità, della coscienza di risalire dai livelli della mente e del cervello al linguaggio e alla realtà concreta. La bussola è il realismo radicale, presupposto di qualsiasi filosofia sana, poiché la realtà è il dato imprescindibile di ogni nostro pensiero. L’ esperienza quotidiana è possibile perché esiste un mondo indipendente da sensazioni e fantasie. La mente è un fenomeno biologico ma si differenzia per un aspetto qualitativo, la soggettività: ed è tale elemento individuale a caratterizzare gli stati mentali, le intenzioni, i desideri, le credenze. Searle sferra un attacco alle posizioni filosofiche antirealistiche - dallo scetticismo al dualismo e all'idealismo - mettendone in evidenza l'inconsistenza logica. Nell’ambito linguistico, sulle piste di Gottlob Frege, una parola ha senso/significato solo se posta in relazione con il significato dell’intera frase e se il suo senso è percepito da entrambi gli interlocutori, chi parla e chi ascolta.
Per Searle “parlare una lingua vuol dire impegnarsi in una forma di comportamento governato da regole; o, per dirla in modo più deciso, parlare significa eseguire degli atti secondo certe regole”. Essenziale è il concetto di background, inteso come contesto all'interno del quale accadono gli atti linguistici, che includono la comprensione del mondo del locutore. Di qui l’immensa importanza della capacità di influenzare, determinare, orientare il linguaggio anche con divieti e obblighi, introiettati nel tempo dalla mente e dalla coscienza. Importantissima anche la scoperta di Searle- espressa nell’esperimento della stanza cinese- che non ha senso assimilare la mente umana al computer, poiché questo non può "pensare" nello stesso modo degli esseri umani. Il presupposto è che il computer, per elaborare un’informazione, non ha bisogno di comprendere il linguaggio o altri codici . La categoria di intenzionalità- mutuata dalla teoria degli atti linguistici- è alla base dell’idea di Searle per cui l’intelligenza artificiale forte /generativa- priva di intenzionalità- non può avere una mente.
Disquisizioni che paiono astratte, ma che, al contrario, hanno immense ricadute sulla nostra vita, giacché l’I.A. è destinata a sostituire gran parte delle funzioni cognitive e riflessive umane, con drammatiche conseguenze sulla nostra intelligenza e su concetti quali realtà, verità, libertà, pilastri della libertà- di parola, pensiero, scienza e coscienza- che stiamo perdendo a ritmi accelerati insieme con l’intelligenza, delegata agli apparati artificiali in assenza di dibattito sui fondamenti della condizione umana. L’uomo che non pensa più, sulla via di diventare una propaggine delle macchine, di confondere reale e virtuale, verità e menzogna, rischia una fine ingloriosa. Prigioniero dell’artificiale che non esisterebbe senza la mente, il pensiero, l’intelligenza, l’astrazione della matematica, i codici linguistici inventati dall’homo sapiens sapiens.