Intervista al generale Piero Laporta, autore di saggi sulla vicenda Moro. Piero Laporta ha collaborato con numerosi giornali e riviste e ha scritto numerosi saggi.
Piero Laporta, nella sua carriera militare, è stato attivo nell’Ufficio Politica Militare dello Stato Maggiore della Difesa. Nella sua intervista ripete molte delle cose che ha scritto nel suo libro (bei suoi libri) e che suscitano molti interrogativi sulle vicende dell’Italia dal Dopoguerra ad oggi. Nel testo ci sono riferimenti, analisi, documenti, accuse, che suscitano interesse e che meritano un dibattito. Al generale Piero Laporta abbiamo chiesto alcune precisazioni riguardanti il suo libro. Libro che vale la pena di leggere, in quanto ci presenta un’interpretazione diversa degli anni della seconda metà del secolo scorso.
di Silvano Danesi
Generale, lei sostiene, nel suo recente saggio: “Omertà è bugie su Aldo Moro”, come ha già sostenuto anche nel suo precedente libro, che Aldo Moro non era presenta in via Fani, che è stato prelevato e condotto con un elicottero nei pressi di Pontassieve, torturato e ucciso dal Kgb. Non le chiedo di commentare questa parte del suo nuovo libro, ma di affrontare alcune affermazioni che cambiano, nella sua narrazione, radicalmente di segno alcuni episodi cruciali della storia d’Italia.
Io ho provato che Aldo Moro non c’era. Non di meno sostengo ben peggio: dolosamente la magistratura romana non ha provato la presenza di Aldo Moro. Sulla Fiat 132 che l’avrebbe portato via non furono trovate e neppure cercate le impronte digitali dello Statista. L’auto è stata conservata dolosamente in condizioni pietose e oggi si sottrae a qualunque ulteriore indagine, do-lo-sa-men-te.
A pagina 124 del suo libro lei afferma: “Il compagno Licio Gelli era al servizio dei sovietici insieme a Cosa Nostra, nata, non dimentichiamolo, per mano dei servizi statunitensi”. Le chiedo: se Gelli era agente del Kgb la strage di Bologna cambia di segno e dobbiamo riscrivere la storia del Paese?
Mi aspetto che la procura generale di Bologna risponda alla sua domanda. Mi aspetto che la procura generale di Palermo si reinterroghi sulla trattativa Stato Mafia.
Lei afferma che Licio Gelli lavorò con i servizi sovietici, ai quali offrì i servigi di Cosa Nostra a insaputa di questa, utilizzando la destra nazionale e internazionale, i nazisti e la Cia, tutti possibili idioti utili ai suoi scopi. Aggiungo che era amico di Peron, dopo essere stato al servizio delle SS. Chi era Gelli?
Gelli era un agente triplo e forse ancor più, ma tutelato dal KGB. Non lo affermo io, ma un fascicolo del KGB, reso pubblico in Francia nel 2006 da Daniéle et Pierre de Villemarest nel libro “Le KGB au Coeur du Vatican”, Édition de Paris. Prima ancora fu pubblicato a Baku nel 1994, dove c’era una nostra ambasciata. Infine dal 1951 – cioè 74 anni fa - il colonnello dei carabinieri Federigo Mannucci Benincasa trasmise un corposo fascicolo (che ho pubblicato su Academia.edu.) nel quale dimostra che Licio Gelli fu un agente sovietico. Tina Anselmi non ha saputo leggere. Quanti hanno ignorato questi fatti in sede istituzionale devono essere interrogati.
A proposito di Cosa Nostra, lei afferma che è altro dalla Mafia e che è nata per mano dei servizi statunitensi. Ci vuole spiegare meglio la differenza?
La Mafia è un’istituzione secolare siciliana. A luglio 1943, quando George Patton arrivò in Sicilia, per servirsene s’avvalse di vari personaggi, siciliani e non, più o meno pulitamente. L’innesto di questi personaggi, sotto controllo statunitense, nel corpo della Mafia dà vita alla Cosa Nostra, i cui adepti furono profondamente inseriti nei gangli del potere italiano e sono tuttora noti e visibili. Il fatto, tagliato con l’ascia, è descrivibile così.
C’è un altro episodio che potrebbe far riscrivere la storia d’Italia. Lei mette in evidenza una coincidenza che, se diventasse un rapporto di causa e di effetto, cambierebbe la storia del Paese. Il 1° settembre 1969, tre mesi prima della strage di Piazza Fontana, fu abbattuta la monarchia libica di re Idris, filo britannico. Il 12 dicembre 1969 “certamente una mera coincidenza” lei sottolinea, ci fu la strage di Piazza Fontana. Sembrerebbe che ci sia un nesso di causalità tra i due avvenimenti. Vendetta inglese?
I miei poveri mezzi non mi consentono di andare oltre una prudente ma documentata congettura.
E’ stato scritto che Gheddafi era un agente italiano e che il colpo di Stato contro re Idris fu progettato a Montegrotto Terme. E’ un’affermazione che ha fondamento?
Gheddafi era al sevizio dei sovietici e giocò con gli italiani, in particolare quelli a loro volta collusi con Mosca. Basti un esempio: comprando le azioni Fiat, ma contemporaneamente, finanziando e addestrando terroristi comunisti.
Riguardo agli anni Settanta del secolo scorso, gli Anni di Piombo, lei scrive di un’Italia tra incudine francese e martello inglese. Sembrerebbe così anche oggi. Cosa ne pensa delle mani inglesi e francesi sul Bel Paese nel 2025?
Penso quello che vedo. Un ministro e un premier francesi che insultano l’Italia e le sue istituzioni, mentre il Quirinale tace, anzi sottoscrive trattati, mentre sulla sua torre garrisce la brutta copia dello stendardo donato dal massone Napoleone alla Repubblica romana. Napoleone si convertì al cattolicesimo a Sant’Elena. Taluni cattolici italiani hanno fatto il percorso inverso. È bene si convertano: la morte è inesorabile come lo fu con Napoleone.
Gli inglesi lavorano con o contro i servizi sovietici? Molte ricerche privilegiano il con. Ma lei fa poi un’affermazione interessante: “La strategia sovietica naufragò; la britannica è tuttora avvertibile, coi camerieri italiani di Mi6”. Quanto contano oggi i camerieri italiani degli inglesi?
I camerieri sono camerieri e nient’altro. Hanno tutt’al più livree più riccamente guarnite di altre. Un tempo erano capitani (o, meglio, caporali) d’industria. Oggi si presentano pomposamente come intellettuali. Rimangono camerieri, dervisci o concubine, dipende dalle occasioni.
E dei camerieri francesi. Ne vogliamo parlare?
Credo d’avere già detto.
Vogliamo parlare anche dei camerieri cinesi? Non le chiedo nomi, ma la consistenza degli agenti cinesi in Italia e la loro presenza nei gangli dello Stato, dei media, dell’economia e della cultura.
Credo che queste domande debbano essere rivolte ad altri di gran lunga più competenti di me anche in questa materia, a me quasi ignota.
Ultima domanda. Lei afferma che i comunisti votarono il Governo Andreotti il 16 marzo 1978 e dilagarono nei gangli del parastato, nei servizi segreti, nei carabinieri, nelle Forze Armate, nell’economia. Lei dipinge un panorama di uno Stato profondo colonizzato. Quanto influisce oggi, ammesso sia così, la colonizzazione dello Stato sulla democrazia politica?
Chi tradì l’Italia nel 1978 ha continuato successivamente, cambiando casacca a mano a mano col mutare dei padroni. Sono metamorfosi evidenti nell’avvicendarsi, per esempio, dei governi a Mosca; oppure fra dem e repubblicani alla Casa Bianca. Quanti ebbero alte funzioni politiche con le tessere DC, PCI e PSI devono essere inquisiti dal Parlamento, dal 1978 a oggi. Vale anche per taluni utili idioti del Movimento Sociale Italiano e dell’estrema destra. Mi permetta di ribadire alcuni concetti espressi nel libro. Un manipolo di delinquenti, ben più pericolosi e potenti dei burattini BR, s’è arrogato il diritto di depistare, sviare, assolvere e condannare, mentire e costringere i magistrati a commettere reati di inaudita gravità. Questo ha messo l’Italia nelle mani di Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Germania, Russia e di chiunque abbia dossier sui politici italiani e su via Mario Fani. L’Italia fu svenduta nel 1992 ai dominatori esteri – lo ripeto: fu svenduta, anche alla Francia, i cui governanti oltraggiano l’Italia a man salva e ospitano e tutelano i terroristi da 50 anni, da prima di via Fani.
In questo carnaio, la Giustizia italiana ha dato una dimostrazione palmare di incapacità di espellere i magistrati corrotti, anzi sono promossi al vertice e poi instradati in politica.
Un’Italia davvero pulita oggi è un interesse anche del maggiore azionista NATO, gli Stati Uniti. Essi devono fronteggiare il mondo intero. Nel Mediterraneo come in Europa sono loro necessari alleati seri e affidabili, senza scheletri nell’armadio, non ricattabili e leali.
L’Italia, a sua volta, deve gettarsi il passato alle spalle. Più che il fascismo e il comunismo, seppelliti dalla storia, oggi devono pesare i suicidi degli imprenditori e l’incessante strage sui posti di lavoro, a testimoniare l’impoverimento e il degrado dell’Italia, voluto - dolosamente determinato - da quanti tradirono l’Italia prima, durante e dopo via Mario Fani, fino ai giorni correnti, cantando Bella Ciao, minacciando e inneggiando alla violenza, con lo stendardo bonapartista sul Quirinale a ricordarci che siamo una colonia sottomessa. Dopo il tradimento svendettero l’Italia.
Gli imprenditori e i lavoratori sono tuttora schiacciati da un fisco rapace col lavoro, ma bonario con le rendite dei traditori e distratto sui danni enormi causati dai BR e dai loro mandatari in via Mario Fani.
Non è quindi accettabile nascondere le lordure commesse dai magistrati, dai politici, dai giornalisti, dagli intellò, dai funzionari parlamentari, dalle polizie, dal potere usurpato con la violenza. Milioni di cittadini attendono una Giustizia davvero amministrata in nome del Popolo italiano. Oppure il potere deve essere abbattuto coi suoi lacchè, ammesso che non affoghino nel caos da loro stessi causato.