La grande fuffa dei droni russi che solcano i cieli d’Europa si è trasformata in terrorismo mediatico. Obiettivo? Coprire e far accettare l’ultima trovata di Ursula von der Leyen: il Muro antidrone, nuovo capitolo della riconversione finanziaria dal green al rearm, dai fiori ai droni, dal climate change al change investment.
A fare da testimonial della riconversione è stato chiamato l’attore comico Volodymyr Zelensky, il quale, dopo aver vestito i panni di Churchill, ora interpreta Tiresia e predice droni russi sull’Italia, reo di procurato allarme finalizzato al business.
Si, business, con la complicità di chi vuol andare in Ucraina a “imparare” ad abbattere i droni, dando così copertura militare atlantica alla crescente industria dei droni di Kiev.
Follow the money. Altro che difesa dagli attacchi russi.
In gioco c’è la difesa della ristrutturazione finanziaria dal green al rearm e degli interessi del comparto dei produttori di armi.
Facciamo due conti.
Zelensky fa terrorismo mediatico per sponsorizzare i droni made in Ucraina.
Brave1 è una piattaforma sviluppata dal governo ucraino di droni.
Il cluster di Brave1 in due anni ha messo insieme più di 1.500 aziende di difesa ucraine, che progettano armi e le perfezionano.
Tutte queste armi finiscono in un catalogo online, un marketplace – da 1.100 prodotti, simile a eBay o Amazon, a detta degli stessi sviluppatori. Si chiama Brave Market ed è un sito creato ad hoc per permettere ai militari di visualizzare, confrontare e acquistare il modello che gli serve in quel momento.
Il Brave1 Market è una piattaforma digitale lanciata nel luglio 2025 da Brave1 e consente alle unità militari ucraine di accedere rapidamente a equipaggiamenti e tecnologie avanzate, come droni, componenti elettronici e veicoli unmanned per l'evacuazione dei feriti.
Le truppe possono caricare video di "uccisioni confermate" (ad esempio, distruzione di obiettivi nemici), che vengono valutati per assegnare punti. Più strategico è l'obiettivo (es. un carro armato rispetto a un drone), più punti vengono accreditati. Questi punti possono essere usati per "acquistare" equipaggiamenti sulla piattaforma.
La piattaforma integra e accelera i processi di approvvigionamento tradizionali, permettendo alle unità di ottenere rapidamente gli strumenti preferiti e offre prodotti sviluppati attraverso il programma Brave1, come droni e sistemi di comunicazione, promuovendo l'innovazione tecnologica ucraina.
Si deve considerare che le brigate ucraine, oltre al procurement nazionale, hanno fonti di finanziamento proprie che consentono loro di comperare armi sul mercato.
La direttrice di Brave1, Nataliia Kushnerska, in un'intervista a Ukrinform, ha affermato che a più di due anni dal lancio del cluster tecnologico di difesa Brave1, più di 1.500 sviluppatori si sono uniti alla piattaforma e hanno registrato oltre 3.500 soluzioni tecnologiche.
"Sulla piattaforma Brave1 – ha detto Nataliia Kushnerska - sono state registrate oltre 3.500 soluzioni da oltre 1.500 aziende ucraine. Per quanto riguarda droni e robotica terrestre, circa il 90% dei produttori è membro della nostra piattaforma", ha affermato Kushnerska.
Sul sito di Brave 1 si legge che circa l'80% delle soluzioni tecnologiche di difesa utilizzate sul fronte sono state create dai partecipanti al progetto Brave1. Tra queste, torrette ShaBlia, piattaforme Rys, combinazioni ShaBlia e Rys, robot da combattimento Liut, torretta automatica D-21-11, robot da ricognizione DevDroi, piattaforma logistica ed evacuazione TerMIT e drone terrestre Volia-E. Inoltre, il Ministero della Difesa ucraino ha codificato più di 50 strumenti di guerra elettronica dagli sviluppatori registrati sulla piattaforma.
Tra i settori prioritari finanziati dal cluster Brave1 per lo sviluppo di innovazioni rientrano la produzione di missili, laser, vettori per droni, droni sottomarini, miscele e sostanze esplosive, nonché sviluppi legati all'intelligenza artificiale, come gli sciami di droni.
"Inoltre, forniamo sovvenzioni per determinati veicoli aerei senza pilota e robot terrestri, il che ci dà un vantaggio sul fronte", ha spiegato Kushnerska.
Secondo la Kushnerska , negli ultimi due anni i partecipanti al cluster tecnologico di difesa Brave1 hanno ottenuto più di 500 sovvenzioni, per un totale di oltre 2,2 miliardi di UAH (Hryvnia ucraina) per migliorare e sviluppare le loro innovazioni. La cifra corrisponde a 53,1 milioni di dollari USA.
"Attualmente - ha spiegato Kushnerska - il portafoglio di Brave1 comprende oltre 290 investitori provenienti da 35 paesi, che investono attivamente in startup ucraine. Più di 70 aziende hanno ricevuto fondi di investimento lo scorso anno. Inizialmente, tali investimenti ammontavano a circa 20.000-30.000 dollari. Oggi, abbiamo casi pubblici da 3-5 milioni di dollari ciascuno, oltre a casi non pubblici che superano i 10 milioni di dollari".
Di seguito i principali investitori stranieri identificati, raggruppati per paese e con esempi di impegni:
Paese
Investitore/Fondo
Dettagli dell'Investimento
Note
Stati Uniti
C5 Capital
Partnership strategica per fornire capitale e expertise a startup ucraine; focus su scalabilità e innovazione in difesa.
Ha impegnato risorse per oltre 20 milioni di dollari in startup ucraine nei primi due anni di guerra.
Stati Uniti
Consorzio di quattro investitori anonimi
2,7 milioni di dollari alla startup Swarmer (AI per sciami di droni).
Esempio di "matchmaking" tramite demo day di Brave1.
Paesi Bassi
NUNC Capital
25 milioni di euro per un'iniziativa di venture-building su materiali innovativi, riducendo la dipendenza da forniture estere.
Annunciato al summit Defense Tech Valley 2025.
Germania/Lussemburgo
Verne Capital
Fino a 25 milioni di euro per aziende ucraine in difesa, sicurezza e cybersecurity.
Impegno per il 2025, focalizzato su tecnologie dual-use.
Svezia/Stati Uniti
Varangians & Oedipus INC
Contributo a un pacchetto di oltre 100 milioni di dollari per startup ucraine.
Parte di un consorzio europeo-americano al Defense Tech Valley 2025.
Giappone
Rakuten Group
Collaborazione per supportare startup ucraine, inclusa potenziale integrazione con l'industria della difesa giapponese.
Annunciato nel maggio 2025; include esplorazione di fondi governativi.
Paesi Bassi
TNO (organizzazione di ricerca)
Partnership per R&D internazionale, con finanziamenti per validazione tecnologica e prototipi.
Primo accordo di R&D straniero di Brave1, annunciato a settembre 2025.
Europa (generale)
NATO Innovation Fund e DIU (USA)
Supporto a forum di innovazione e test sul campo; non finanziamenti diretti ma facilitazione di investimenti.
Coinvolti in eventi come l'Innovators Forum 2025.
Unione Europea
Iniziativa BraveTech EU
100 milioni di euro condivisi tra UE e Ucraina per hackathon, matchmaking e grant a aziende ucraine ed europee.
Coordinato da Brave1; include showroom per export.
Se inseriamo questo quadro nel “Muro di droni” della von der Leyen, si capisce l’attivismo di Churchill-Tiresia.
L’Europa sta accelerando sulla costruzione di un «muro di droni» a protezione dei cieli del continente e il commissario alla Difesa, Andrius Kubilius (tanto per essere in linea con l’isteria baltica un lituano), ha dichiarato a Euractiv che il sistema di difesa potrebbe essere pronto già nel 2026.
Nel prossimo triennio il bilancio dell’Ue prevede l’acquisto di migliaia di droni: dei 7,3 miliardi di euro destinati al fondo per la ricerca e l’innovazione militare e la Commissione prevede di assegnare tra il 4 e l’8% del budget annuo ai sistemi di difesa semi-autonomi.
L'università di Harvard ha stimato che il mercato globale mondiale dei droni militari potrebbe arrivare a muovere un giro d’affari di 27,7 miliardi di dollari nel 2032.
E così, passo passo, arriviamo anche alla profezia di Zelensky-Churchill-Tiresia, in base alla quale la Russia potrebbe colpire l’Italia con i suoi droni.
Il mercato italiano, infatti, è assai interessante e potrebbe raggiungere i 1,44 miliardi nel 2030.
Leonardo, con la turca Baykar ha firmato un memorandum d’intesa per la progettazione, lo sviluppo, la produzione e il supporto congiunto di sistemi aerei a pilotaggio remoto. Ne è nata una joint venture, costituita a giugno, dal nome Lba Systems, che servirà sia il mercato europeo sia quello internazionale.
Ovviamente va considerato che il concetto di drone non riguarda solo l’aria, ma anche la terra e l’acqua.
In Friuli-Venezia Giulia, a Pordenone, nel 1999 è nata la Alpi Aviation, società che ha chiuso il 2023 con poco più di 4,3 milioni di euro. L’azienda ha saputo distinguersi a livello internazionale grazie alla produzione di velivoli leggeri e ultraleggeri, elicotteri e droni non armati (ha ottenuto la certificazione militare per la loro produzione già nel 2007). Il governo ha fatto ricordo alla Golden Power per annullare la vendita del 2018 alla società Mars Information Technology, con base a Hong Kong, riconducibile ad aziende di stato cinesi. A Ravenna, Italdron, nata nel 2008, ha chiuso il 2023 con quasi mezzo milione di ricavi. Sky Eye Systems, è l’ideatrice del Rapier X-25: un mini-Uas con autonomia di cinque ore, pensato per missioni di sorveglianza costiera e terrestre, ha fatturato poco più di 2,5 milioni nel 2023. La romana General Defence si è specializzata sia in droni tattici sia in sistemi anti-drone per rispondere anche alla necessità di fermare ipotetici attacchi. In Umbria, a Terni, Siralab Robotics fornisce i droni a corpi dello Stato per missioni di ricognizione e sorveglianza e ha archiviato il 2024 con quasi 14 milioni di fatturato.
L'università di Harvard ha stimato che il mercato globale dei droni militari potrebbe arrivare a muovere un giro d’affari di 27,7 miliardi di dollari nel 2032.
Se osserviamo il gruppo di investitori esteri in Brave1, notiamo che non c’è l’Italia, nonostante la sua presenza nel settore dei droni.
E qui arriviamo a Tiresia e ai messaggi in codice.
Zelensky-Churchill-Tiresia, commentando la droniade europea, ha detto: «Tre settimane fa 92 droni erano in volo verso la Polonia, li abbiamo intercettati quasi tutti. La direzione però è chiara. L’Italia potrebbe essere la prossima. Guardate la Norvegia, o la Danimarca. Ci sono segnali da Svezia, Romania, Paesi baltici. Putin sta testando di cosa sono capaci gli europei».
Una fanfaronata? O un dito negli occhi agli italiani che continuano a dire che non invieranno truppe in Ucraina e bloccano le boutade dei Volonterosi? Terrorismo mediatico? O sollecitazione a entrare nel Brave1?
Ha fatto bene il ministro degli Esteri Tajani a dire: «Droni russi? Non credo l’Italia sia un obiettivo militare». «Mi auguro – ha aggiunto Tajani - che questo non accada, ma non credo che Putin voglia scatenare la terza guerra mondiale e non credo che l’Italia sia un obiettivo militare».
Tajani ha comunque puntualizzato che la «difesa aerea italiana è in grado di verificare cosa accade e di abbattere droni con intenzioni minacciose». Per il ministro degli Esteri, «Putin sta testando le reazioni dell’Occidente ma l’Occidente ha già dimostrato di sapere reagire”, anche se questi della Russia sembrano “messaggi politici e non militari».
Solo qualche giorno fa il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, ha annunciato che all’aeroporto di Fiumicino è stato attivato un sistema antidrone e che ne seguiranno altri in altri aeroporti.
Arriviamo al dunque, al netto del business di cui sopra. Se i droni girano nei cieli di qualsiasi Paese, non resta che abbatterli. Punto e a capo.
Nelle esternazioni profetiche di Zelensky vanno considerati anche gli affari italiani dell’Ucraina.
In Sardegna, come riferisce Il Giornaledi Oristano, l’oligarca ucraino è arrivato Rinat Akhmetov, alla guida di Metinvest, colosso siderurgico che ha controllato tra l’altro le acciaierie Azovstal e Illich e uno dei maggiori finanziatori dell’Atlantic Council, influente think tank internazionale con profonde connessioni nel settore bellico. Secondo l’ex presidente della Regione Mauro Pili, il magnate avrebbe deciso di investire pesantemente nel nord dell’Isola, in un’area compresa tra Chiaramonti e Ploaghe, tramite la società ErulaGreenSolar S.r.l.
Secondo Pili, dietro la società di Rinat Akhmetov ci sarebbe un complesso sistema di interessi che collega direttamente il potere economico ucraino, l’industria bellica internazionale.
Oltre alla Sardegna, la presenza del business ucraino riguarda l’acciaio di Piombino.
La notizia è presente sul sito ufficiale di Metinvest: https://metinvestholding.com/en/media/news/majbutn-ukransjko-j-taljsjko-metalurg-na-krok-blizhche-metnvest-ta-danieli-rozpochali-ukladannya-akconerno-ugodi-schodo-novogo-zavodu-v-pjombno.
Sul sito si legge: “Il 19 febbraio 2025, Metinvest e Danieli hanno partecipato alla firma di un patto parasociale presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy a Roma, che disciplina la loro partnership paritetica in Metinvest Adria SpA. Questo accordo è una componente importante del progetto di costruzione di un moderno impianto siderurgico a Piombino, in Italia. Formalizza i principali accordi tra Metinvest e Danieli in materia di gestione congiunta, processo decisionale e finanziamento che faciliteranno la costruzione del nuovo impianto. L'impianto è destinato a diventare un ponte d'acciaio che collegherà le industrie metallurgiche dei due Paesi: Ucraina e Italia”.
FOTOGRAFIA URSO
Adolfo Urso, Ministro dell'Impresa e del Made in Italy, in merito all’accordo ha dichiarato: "Ancora una volta abbiamo mantenuto le promesse. La firma del patto parasociale segna un passo decisivo verso il rilancio del polo siderurgico di Piombino, con tecnologie green all'avanguardia in Europa. Allo stesso tempo, rafforza la cooperazione strategica tra Italia e Ucraina, creando un solido ponte tra le nostre industrie metallurgiche, particolarmente importante nella prospettiva della ricostruzione dell'Ucraina".
“La firma del patto parasociale – si legge sul sito Metinvest - segna un passo importante nel rafforzamento della cooperazione strategica tra i due gruppi. Garantirà una gestione equilibrata ed efficace di Metinvest Adria SpA ed è focalizzata sulla realizzazione del progetto e sugli obiettivi strategici a lungo termine di entrambi i gruppi. Si prevede che il patto parasociale entrerà pienamente in vigore nella seconda metà del 2025, una volta soddisfatte tutte le condizioni precedenti, incluso l'ottenimento delle necessarie autorizzazioni regolamentari”.
Durante la firma dell'accordo, Yuriy Ryzhenkov, CEO di Metinvest, ha dichiarato: "Data l'instabilità globale e la guerra in corso in Ucraina, la firma di questo accordo è un passo fondamentale per garantire lo sviluppo sostenibile e il futuro dell'industria metallurgica ucraina e italiana. Questa è la nostra occasione per unire e accelerare l'integrazione dell'Ucraina nell'UE. È un'opportunità per creare un segmento dell'economia che possa fungere da fondamento sia per costruire il futuro dell'Europa che per ricostruire l'Ucraina dopo la guerra".
Metinvest Adria agirà come società di progetto per la costruzione e la gestione congiunta di un impianto di laminazione dell'acciaio ecosostenibile. Situato a Piombino, in Toscana (provincia di Livorno), l'impianto svolgerà un ruolo chiave nella modernizzazione e nell'incremento della produzione di acciaio nella regione. L'impianto utilizzerà la tecnologia del forno elettrico ad arco e materiali riciclati, tra cui rottami, ghisa e ghisa ridotta direttamente, che saranno in parte reperiti dalle attività ucraine di Metinvest.
Oltre all'accordo tra gli azionisti, l'incontro ha visto anche la firma di un contratto tra Metinvest Adria e Danieli per lo sviluppo dell'ingegneria di base del nuovo stabilimento siderurgico di Piombino, che diventerà uno degli impianti di produzione di acciaio verde tecnologicamente più avanzati al mondo. Il progetto di Metinvest Adria dovrebbe inoltre fungere da modello per la futura modernizzazione degli impianti siderurgici di Metinvest in Ucraina.
Che dire? Guerra di droni o guerra di interessi? Follow the money.
Una cosa va detta: la smettano i guerrafondai europei di fare stupida propaganda bellicista.
La pagliacciata ha raggiunto livelli da avanspettacolo. Nelle prossime settimane, si legge nelle agenzie, alcuni Paesi della Nato invieranno del personale militare in Ucraina per capire sul campo come contrastare gli attacchi aerei di Mosca. La Nato: «Siamo pronti alla difesa».
La Nato deve imparare da Kiev come abbattere i droni? Fanno sul serio? Siamo alle comiche? O si tratta di marketing?
L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del Comitato militare della Nato, al termine della riunione dei capi di Stato maggiore della Difesa degli Alleati a Riga, parlando della «recente e continua violazione» da parte di droni russi dei cieli degli Alleati. Dal comando militare Nato, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone rassicura: «Siamo pronti. Non cerchiamo lo scontro, ma non esiteremo a intraprendere qualsiasi azione necessaria per difenderci. Ogni minaccia allo spazio aereo, terrestre e marittimo della Nato sarà affrontata con una risposta risoluta e proporzionata. Siamo pronti. Non ci devono essere dubbi. Non cerchiamo lo scontro, ma non esiteremo a intraprendere qualsiasi azione ritenuta necessaria per la nostra difesa collettiva».
Se i militari Nato, bontà loro, vanno a Kiev a scuola di abbattimento droni, il commissario Ue per l'Economia, Valdis Dombrovskis, il falco dei bilanci, ora si è trasformato in falco della guerra. Per il lettone, evidentemente preso da isteria bellica, “stiamo assistendo a ogni tipo d'azione russa, dalla disinformazione ad atti di sabotaggio, fino all'uso dell'immigrazione clandestina come arma, quindi siamo già in una guerra ibrida con la Russia". "Sappiamo -ha aggiunto Valdis Dombrovskis - che le ambizioni imperialiste ed espansionistiche della Russia si estendono oltre l'Ucraina".
Secondo Valdis Dombrovskis, che evidentemente ha una radio tutta sua che gli trasmette notizie a noi ignote, Mosca "parla apertamente di invadere altri Paesi, anche Ue e Nato".
Alle isterie dei guerrafondai europei, ha risposto, dal podio delle Nazioni unite il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, il quale ha ribadito che la sua nazione non ha intenzione di attaccare l’Europa, a meno di non essere provocata, perché qualsiasi aggressione contro il suo Paese «incontrerà una risposta decisa».
«La Russia – ha detto Lavrov all’Assemblea generale Onu - è accusata di aver quasi pianificato un attacco all’Alleanza atlantica e ai Paesi dell’Unione europea. Il presidente Putin ha ripetutamente smentito queste provocazioni. La Russia non ha alcuna intenzione del genere. Tuttavia, qualsiasi aggressione contro il mio Paese incontrerà una risposta decisa. Non ci siano dubbi al riguardo, nella Nato e nella Ue».
Se i droni sorvolano luoghi sensibili si abbattono. Non è detto che non ci siano burloni o provocatori che agiscono. Ergo, qualsiasi drone sorvoli i cieli senza essere autorizzato lo si abbatte, punto e a capo.
Cosa facciamo? A blocchiamo gli aeroporti per la paura di abbattere un drone? O per il timore di sapere chi lo ha costruito e lo ha fatto volare? O per fare propaganda?
Anche se sono russi si abbattono.
Il 24 novembre 2015 la Turchia ha abbattuto non un drone, ma un bombardiere russo Sukhoi Su-24 con l’impiego di due caccia F-16 turchi, vicino al confine tra Siria e Turchia.
Questo incidente ha causato una grave crisi diplomatica tra Russia e Turchia (membro della Nato), ma non è scoppiata la guerra mondiale.
L'incidente è avvenuto intorno alle 9:20 ora locale, nella regione di Latakia (Siria settentrionale), a pochi chilometri dal confine turco. La Russia era impegnata in una campagna aerea a sostegno del regime di Bashar al-Assad nella guerra civile siriana, iniziata il 30 settembre 2015. Nelle settimane precedenti, la Turchia aveva denunciato diverse violazioni dello spazio aereo da parte di aerei russi (fino a 8 km di sconfinamento in un caso), attribuendole a provocazioni deliberate. Ankara aveva già abbattuto un drone non identificato il mese prima per motivi simili.
Secondo il governo di Ankara, il Su-24 russo aveva violato lo spazio aereo turco per 17 secondi, penetrando fino a una profondità di 2,19 km (o circa 2 km secondo altre stime). L'aereo avrebbe ignorato 10 avvertimenti radio in 5 minuti. I Turchi affermano di aver agito in conformità alle regole d'ingaggio, con l'ordine diretto del premier Ahmet Davuto?lu. L'abbattimento è avvenuto a un'altitudine di circa 6.000 metri.
Conclusione. Se arrivano droni abbattiamoli, così scopriremo da dove arrivano e chi li fabbrica.
Smettiamola di fare allarmismo propagandistico demenziale al solo fine di alimentare il marketing dei droni.
Diciamo a Zelensky che non è Tiresia e che si dia una calmata. Non andremo in guerra in Ucraina e non faremo la guerra alla Russia, né per lui, né per i baltici e nemmeno per gli inglesi.
ati Uniti in questo turbolento scacchiere.