Nel Vangelo di Giovanni (11) è scritto: “Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: "Togliete la pietra!". Gli rispose Marta, la sorella del morto: "Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni". Le disse Gesù: "Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?". Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: "Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato". Detto questo, gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!". Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: "Liberatelo e lasciatelo andare".
Siamo di fronte ad un miracolo narrato dal Vangelo cristiano e solo un miracolo potrebbe resuscitare l’Unione Europea, il cui cadavere manda cattivo odore, ma l’Unione Europea non è Lazzaro, non c’è Gesù che si commuove per il baraccone di Bruxelles e in più, c’è anche il fatto che quando si è trattato di riconoscere le sue radici cristiane (tra le altre) l’Unione ha preferito dire di no.
L’Unione Europea, nella sua laicità presuntuosa, ha via via tagliato tutti i rapporti con le sue radici, fino ad arrivare a dare spazio alla cancel culture e alla cancellazione della storia.
L’Unione Europea, del resto, non poteva riconoscere radici di alcun tipo, in quanto era un transatlantico tedesco, di proprietà di armatori della finanza globalista, che navigava sulle onde di un’economia green inventata per produrre certificati finanziari.
L’Unione Europea (una banca, una moneta, un mercato, un’asfissiante burocrazia) non ha mai deciso di essere fiscalmente omogenea e ha costruito al proprio interno paradisi fiscali a spese degli altri Paesi membri. L’ultimo esempio è quello degli Elkann che vendono Iveco a Tata, il quale la compra fondando una srl di diritto olandese (Olanda paradiso fiscale).
L’asse franco tedesco è stato, sin dalle origini dell’Unione Europea, il segno che esisteva un dominus. La Germania voleva essere il general contractor, il soggetto che dettava le regole e gli altri dovevano annuire, sottomettersi, acconsentire.
L’essere diventata il front office politico burocratico della finanza globalista e green è stato il modo, da parte dell’Unione Europea, per sottomettere Stati e popoli per tutto il trentennio dominato dai neocon e dai loro servi, ma ora dopo 34 anni, la storia presenta il conto.
Il transatlantico della finanza globalista è affondato e ci sono in giro dei disperati che annaspano, tentando di far credere che la nave possa essere salvata.
L’Unione Europea ha esalato il suo ultimo respiro sui prati verdi del golf scozzese di Donald Trump, rendendo evidente il suo trapasso.
Ora il cadavere puzza e va sotterrato. Non è resuscitabile.
Dopo 34 anni, ironia della sorte, la storia ha presentato il conto.
L’8 dicembre 1991 i leader di Russia, Bielorussia e Ucraina firmavano gli Accordi di Belovezh che sancivano la fine dell’Unione Sovietica.
Il giorno successivo, a Maastricht, iniziava la riunione del Consiglio Europeo che si concluse, il 10 dicembre, con l'accordo sul Trattato di Maastricht, formalmente noto come Trattato sull'Unione Europea. Trattato che fu ufficialmente firmato il 7 febbraio 1992 ed entrò in vigore il 1º novembre 1993, istituendo l'Unione Europea. In pochi giorni era morta l’Unione Sovietica ed era nata l’Unione Europea.
Ora, in pochi giorni è definitivamente defunta l’Unione Europea, mentre la Russia, ben radicata nella storia, nella cultura e nella tradizione non solo non è defunta, ma ha ottenuto quello a cui aspirava dalla fine della seconda guerra mondiale, ossia lo status di interlocutore come potenza mondiale da parte degli Stati Uniti.
La svolta decisiva alla quale stiamo assistendo è tutta in questo cambiamento radicale di paradigma: la Russia per gli Usa non è più un nemico da abbattere, non è nemmeno un amico, ma è un interlocutore con il quale affrontare i problemi globali del pianeta, mentre l’Unione Europea non è altro che un cadavere.
La stessa questione ucraina diventa, in questa prospettiva, un problema regionale da mettere sul tavolo delle trattative globali.
Il dato di fatto ormai da considerare come avvenuto, anche se a qualcuno fa venire i cadaverici vermi, è che la Russia per gli Usa non è più il nemico da abbattere o da ridurre ai minimi termini, come volevano i neocon, Obama e tutta la compagnia cantante dei dem Usa, alleati della finanza globalista e autori di tutte le idiozie che ci siamo dovuti sorbire in questi anni: green (con le relative vessazioni), emergenza climatica, ideologia woke, gender, transgender, transumanista.
Considerato che il cadavere non è resuscitabile e che l’Unione Europea non è più un soggetto politico credibile, si pone la questione del che fare.
Un primo passo fondamentale dovrebbe essere quello di mandare a casa i Socialisti & Democratici, i Verdi e i Liberali macroniani e determinare una svolta politica con la formazione di un centro destra che smonti la politica green, sfoltisca la pletora di leggi, leggine, norme e normette, frutto del Leviatano di Bruxelles e ridia fiato all’Europa reale, della produzione e del lavoro.
Liberato il campo dalla puzza di morte, si tratta di seppellire il cadavere e di aprire una fase costituente dove i 27 Stati attualmente facenti parte dell’Unione ridefiniscano i trattati andando verso una vera e propria Confederazione (non una Federazione), con una Costituzione, un Parlamento eletto a suffragio universale, un Governo eletto dal Parlamento.
Perché una Confederazione e non una Federazione.
Per il semplice motivo che la Federazione è un sistema in cui gli stati membri cedono una parte significativa della loro sovranità a un governo centrale, che ha poteri decisionali su questioni chiave (esempio difesa, politica estera, economia). Gli stati federati mantengono una certa autonomia, ma il governo federale ha autorità diretta sui cittadini e prevalenza in caso di conflitto normativo. Esempio: Stati Uniti, Germania.
La Confederazione, al contrario, è un'unione più debole, in cui gli stati membri mantengono quasi tutta la loro sovranità e collaborano su obiettivi comuni (esempio difesa, commercio). Il potere centrale è limitato, spesso richiede il consenso degli stati membri, e non ha autorità diretta sui cittadini.
Nella federazione, il governo centrale è più forte e ha un rapporto diretto con i cittadini; nella confederazione, gli stati membri conservano maggiore indipendenza e il potere centrale è più coordinativo che direttivo.
Si tratta di impedire il risorgere di un burosauro centrale che detta legge e che fa gli interessi o di una parte dominante (vedi Germania nel trentennio passato) o di una parte non evidente, ma altrettanto dominante (vedi finanza globalista che ha segnato il trentennio passato).
La Costituzione dovrebbe oltre che esplicitare le regole comuni fondamentali, riconoscere le radici storiche, culturali, religiose che contraddistinguono quella che chiamiamo Europa e che non è immediatamente identificabile con il perimetro degli Stati che possono comporre la Confederazione.
Se non si riesce a individuare l’apparato radicale dell’albero Confederazione Europea, questa non potrà essere altro che un palo conficcato nel terreno, prossimo a marcire.
Importante è capire che il concetto culturale di Europa è complesso e multiforme, radicato in una storia millenaria che intreccia tradizioni, valori, idee e identità diverse.
Se non si parte da qui, si dà luogo solo a quello che abbiamo già visto: una banca, un mercato, una moneta, governati da una burocrazia per conto della finanza.
Dal punto di vista geografico I confini geografici dell'Europa sono a nord l'Oceano Artico, a sud il Mar Mediterraneo, il Mar Nero e il Mar Caspio, a ovest l'Oceano Atlantico e a est i Monti Urali in Russia, il fiume Ural e il Mar Caspio, che separano l'Europa dall'Asia.
L'Europa comprende circa 44 paesi, con una superficie di circa 10,18 milioni di km². I confini orientali, in particolare con l'Asia, sono convenzionali e basati su caratteristiche geografiche come i Monti Urali. Alcuni paesi, come la Turchia e la Russia, sono transcontinentali, con territori in entrambi i continenti.
Le "radici d'Europa" sono un concetto complesso che si riferisce alle fondamenta storiche, culturali, religiose e politiche dell'identità europea.
C’è anzitutto un immenso sostrato indo europeo, che si è fuso con le culture neolitiche e che rappresenta una base essenziale per qualsiasi possibile ricerca di un’identità comune.
C’è, una fortissima eredità greco-romana. La filosofia greca (i Presocratici, Euclide, Pitagora, Socrate, Platone, Aristotele, Parmenide, gli Stoici, ecc.) ha posto le basi del pensiero critico, della logica e della democrazia ed è una base culturale fondamentale studiata in tutto il mondo. Il diritto romano, con il suo sistema giuridico codificato, ha influenzato le istituzioni politiche e amministrative. La lingua latina e la cultura classica hanno plasmato la letteratura, l'arte e l'architettura.
Il cristianesimo ha avuto un ruolo centrale nel definire i valori morali, etici e sociali dell'Europa, in particolare attraverso la Chiesa cattolica e, successivamente, la Riforma protestante.
L'ebraismo ha contribuito con il suo patrimonio etico e teologico, influenzando il cristianesimo e la cultura europea.
Le popolazioni germaniche, celtiche e slave hanno arricchito l'Europa con tradizioni, lingue e strutture sociali che si sono integrate con l'eredità romana durante il Medioevo. Da non dimenticare la cultura basca.
In secoli a noi più vicini movimenti politici ed elaborazioni filosofiche hanno introdotto valori che gli europei ritengono fondamentali e inalienabili, come la libertà individuale, la libertà di pensiero e di espressione, la libertà religiosa, la democrazia, la laicità dello Stato, la parità tra uomo e donna, il diritto al lavoro e, ultimo, ma non per importanza, il welfare.
Sopra a tutte queste conquiste svetta quella che tutte le altre consente: la libertà.
L’Europa nel suo formarsi identitario ha assistito a divisioni, guerre di conquista, di religione, disastri economici, epidemie, nefandezze totalitarie e a tutte queste è sopravvissuta grazie alle radici che, di volta in volta, hanno riportato in superficie la linfa vitale della cultura, della bellezza, dell’arte.
Ci sono avvenimenti che hanno segnato la storia d’Europa in modo indelebile e che presentano il conto ancora oggi.
Uno di questi è la vicenda che ha visto Alessandro il Macedone spingersi a est fino all’India, comprendendo i territori dell'antica Persia, dell’Egitto e parti dell'Asia centrale. Ne è derivata una contaminazione culturale enorme che ha segnato l’intera cultura europea successiva.
Un altro avvenimento significativo è stato la divisione dell’Impero Romano in Impero d’Occidente e d’Oriente, l’uno con capitale Roma e l’altro con capitale Costantinopoli, poi Bisanzio.
La frattura è ancora presente nello Scisma Ortodosso, noto anche come Scisma d'Oriente, che ha comportato la separazione della Chiesa ortodossa dalla Chiesa cattolica, avvenuta nel 1054.
Questo evento ha segnato la rottura dell'unità della cristianità calcedoniana, dividendo la Chiesa in due grandi rami: la Chiesa cattolica occidentale e la Chiesa ortodossa orientale.
Non dimentichiamo la Riforma, che ha ulteriormente frazionato il cristianesimo e la formazione della Chiesa anglicana, che sarà successivamente la Chiesa cristiana dell’Impero coloniale inglese.
La cristianità è un sostrato fondamentale dell’Europa che va dalla Tarda Antichità ad oggi, ma è stata fonte di divisioni anche brutali (Guerra dei Trent’anni, ad esempio) e ancora lo è per irrisolte questioni dottrinali e di potere.
Che dire di due guerre mondiali nel ‘900 e della presenza nefasta del comunismo leninista – staliniano e del nazismo.
Nonostante tutto l’Europa ha mantenuto la sua possibilità di germogliare di continuo, in quanto antiche e solide radici esistono e portano linfa al vetusto albero del semi-continente che è più riconoscibile per le radici culturali che per i confini naturali.
Benedetto XVI, fine intellettuale e grande teologo, ha spesso sottolineato che l'Europa non è solo un'entità geografica o politica, ma un'identità culturale profondamente radicata nella tradizione cristiana, nella ragione e nei valori umanistici.
In vari discorsi, come quello al Collège des Bernardins nel 2008, ha avvertito del rischio di un'Europa che, dimenticando le sue radici, potrebbe perdere la propria identità e cadere nel relativismo.
L’Europa della sua parte a conduzione finanziaria tramite l’Unione Europea, green woke e globalista, non solo è caduta nel relativismo, ma è caduta nel materialismo più bieco e si trova indifesa culturalmente e spiritualmente nei confronti di un’America che, con l’avvento dell’Amministrazione Trump rivendica la sua radice cristiana ed ebraica e una Russia che si erge a difesa della tradizione cristiana rappresentata dagli ortodossi.
Con difficoltà la Chiesa di Roma, attraversata dalle correnti moderniste e pseudo protestanti, nonché da un sociologismo desacralizzante, tenta ora, con l’agostiniano Leone XIV di risalire la china.
Un segno interessante (ne parla Vito Sibilio in questo stesso numero del Giornale) è l’elevazione al rango di Dottore della Chiesa del santo inglese John Henry Newman, prima anglicano e poi cattolico, profondo studioso del rapporto tra fede e ragione.
L’Europa nel secondo dopoguerra è stata divisa in due dalla guerra fredda, con da una parte la Russia e il Patto di Varsavia e dall’altro gli Stati Uniti e la Nato.
La divisione è stata il frutto della “La Dottrina Truman”, annunciata dal presidente degli Stati Uniti Harry S. Truman il 12 marzo 1947: una politica estera volta a contenere l'espansione dell'influenza sovietica.
La dottrina segnò un passaggio cruciale nella politica estera americana, ponendo gli Stati Uniti come leader del "mondo libero" contro l'URSS. Fu la base per interventi successivi, come il Piano Marshall e la creazione della NATO. In sostanza, sancì l'inizio di una strategia di contenimento globale contro il comunismo.
Nel 1991 l’Unione Sovietica è implosa. Il Patto di Varsavia, ufficialmente noto come Trattato di Amicizia, Cooperazione e Mutua Assistenza, si sciolse formalmente il 1º luglio 1991. La dissoluzione segnò la fine della Guerra Fredda e del confronto bipolare tra il blocco sovietico e l'Occidente.
I rapporti con la Russia, nonostante la Guerra Fredda, non furono sempre segnati da un’ostilità totale.
A Strasburgo, il 23 novembre 1959, Charles De Gaulle usò per primo l’espressione un’Europa dall’«Atlantico agli Urali», in quanto per il presidente francese l’Europa sedimentata, storica e morale, occupava uno spazio ben più vasto, con un confine orientale spostato fino agli Urali includente la Russia.
Era tipico di De Gaulle chiamare Russia l’Urss, per indicarne l’appartenenza all’Europa e fondare una “casa comune europea”. Questa grande Europa doveva anche costituire un contrappunto e una coscienza critica rispetto all’atlantismo e alla crescente influenza americana su un’Europa in cui già era calata la cortina di ferro.
Nel 1989 (6 luglio), l’allora presidente dell’Urss Mikhail Gorbaciov propose un’architettura paneuropea davanti all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Gorbachev rivendicava per l’Urss un posto nell’Europa dall’«Atlantico agli Urali».
Nel suo libro Perestrojka, apparso nel 1987, Mikhail Gorbaciov scriveva: “In Occidente c’è chi cerca di “escludere” l’Unione Sovietica dall’Europa. Ogni tanto, automaticamente, identificano l’Europa con l’Europa occidentale. Tutto questo non può cambiare le realtà geografiche e storiche. I legami commerciali, culturali e politici della Russia con altri stati e nazioni europei hanno radici profonde nella storia. Noi siamo europei”.
“La vecchia Russia – scriveva Mikhail Gorbaciov - era unita all’Europa dal cristianesimo [nel 988 la conversione, ndr], della cui venuta sulla terra dei nostri avi l’anno prossimo si celebrerà il millenario. La storia della Russia è parte integrante della grande storia europea”.
Infine, europei, sosteneva Mikhail Gorbaciov, sono anche i distinti popoli che appartengono all’Unione Sovietica: «I russi, gli ucraini, i bielorussi, i moldavi, i lituani, i lettoni, gli estoni, i careli e altri popoli hanno dato tutti un grande contributo allo sviluppo della civiltà europea».
Al vertice Nato-Russia del 28 maggio 2002, tenutosi nella base militare italiana di Pratica di Mare, vicino a Roma, Silvio Berlusconi, allora Presidente del Consiglio, promosse l’evento intendendolo come un momento storico che avrebbe segnato definitivamente la fine della Guerra Fredda e l'inizio di una nuova era di cooperazione tra la Nato e la Russia.
Durante il summit, fu firmata la "Dichiarazione di Roma", che istituì il Consiglio Nato-Russia, un'assemblea permanente per discutere temi di sicurezza e cooperazione, come la lotta al terrorismo, la gestione delle crisi e la non proliferazione delle armi.
Berlusconi sottolineò il suo ruolo di mediatore, grazie ai suoi rapporti personali con Vladimir Putin e George W. Bush, presentando l'accordo come un passo verso l'integrazione della Russia nell'Occidente. Celebre è la sua frase secondo cui, a Pratica di Mare, "per la prima volta la Russia entrò in Occidente".
La Russia, inoltre, è stata membro del G8 dal 1998 al 2014, quando la sua partecipazione è stata sospesa a seguito dell'annessione della Crimea e del conflitto in Ucraina.
Il G8, composto da Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Russia, si è trasformato nuovamente in G7 dopo l'esclusione della Russia. Da allora, la Russia non è più stata reintegrata nel gruppo e il G7 ha continuato a operare senza di essa, concentrandosi su questioni economiche e geopolitiche globali.
E qui arriviamo all’attualità.
Il presidente Donald Trump ha ripetutamente espresso l'opinione che la Russia dovrebbe essere reintegrata nel G7, trasformandolo nuovamente nel G8. Durante il summit del G7 in Canada nel giugno 2025, Trump ha criticato la decisione del 2014 di espellere la Russia dal gruppo, avvenuta in seguito all'annessione della Crimea, definendola un "errore" e sostenendo che la presenza della Russia avrebbe potuto prevenire il conflitto in Ucraina.
Trump ha attribuito la responsabilità della rimozione della Russia all'ex presidente Barack Obama e all'ex primo ministro canadese.
Trump ha anche suggerito che il presidente russo Vladimir Putin si sia sentito "insultato" dall'espulsione, il che avrebbe complicato le relazioni internazionali, e ha indicato un'apertura all'inclusione della Cina nel gruppo, proponendo potenzialmente un G9.
Le sue dichiarazioni hanno suscitato reazioni contrastanti: alcuni leader del G7, come il Canada e il Regno Unito, si sono opposti fermamente al ritorno della Russia, sottolineando le sue azioni aggressive in Ucraina e la violazione delle norme internazionali.
Le affermazioni di Trump riflettono una posizione che ha mantenuto sin dal 2018, quando propose per la prima volta il ritorno della Russia al G7.
L’attuale situazione è, per l’Unione Europea, quella di una dichiarata, esplicita inutilità, al punto che la stessa è ormai un cadavere in disfacimento.
Per l’Europa si prospettano scenari del tutto inusuali, che potrebbero anche portare, nel caso di una chiusura della guerra in Ucraina, ad una ripresa dei rapporti con la Federazione russa.
Si tratterà di vedere se esisterà ancora una parvenza di coordinamento tra gli attuali Stati dell’Unione o se ogni Stato farà da sé, sia nei confronti degli Usa, sia nei confronti della Russia.
Per ora una sola cosa è certa: l’Unione Europea uscita da Maastricht è un cadavere da seppellire.








