«A New York non ci saranno più islamofobi. New York è una città costruita da immigrati, alimentata da immigrati e rimarrà una città di immigrati. E da oggi sarà guidata da un immigrato musulmano».
Sono le parole urlate davanti a una folla festante, composta anche da bianchi, dopo che i risultati ufficiali ne blindavano il successo: più di un milione di newyorkesi hanno votato per Zohran Mamdani, su due che si sono recati alle urne. Dati record, che nella Grande Mela non si registravano da oltre mezzo secolo.
Classe 1991, nasce in Uganda da genitori indiani, poi trasferitisi a New York quando lui aveva sette anni. Il padre Mahmood, cresciuto tra i versetti del Corano, è considerato uno tra i più importanti africanisti al mondo. La madre, Mira Nair, è un’apprezzata cineasta (diresse Salaam Bombay).
Tenta la strada del successo attraverso la musica, ma presto realizzerà di aver buttato un sacco di soldi, soprattutto dei genitori. Intuisce di avere un’ottima parlantina e una rara abilità comunicativa. Al padre lo accomuna un’empatia smisurata per i palestinesi e un simmetrico odio per gli ebrei. E’ cofondatore di una sezione di «Students for Justice in Palestine», che abbandonerà una volta realizzato che i suoi aderenti vogliono mantenere rapporti costruttivi con quelle associazioni pro-Israele che caldeggiano la soluzione a due Stati.
Le sue posizioni oltranziste sul conflitto israelo-palestinese fanno breccia nel cuore di chi inneggia alla Jihad nella città dell’11 settembre. Considera quella di Hamas una lotta non solo legittima, ma anche necessaria. Quando ha già in testa di competere per la carica di sindaco, si rifiuta di condannare il 7 ottobre e, nel contempo, tesse le lodi di cinque cittadini americani condannati per aver fornito assistenza materiale ad Hamas.
Ma non sono soltanto le sue posizioni smaccatamente antisioniste a preoccupare mezza america, per la città dove è di stanza la più grande comunità ebraica oltre i confini di Israele. Vuole rivoltare il business newyorkese come un calzino, garantendo trasporti pubblici gratuiti e scuole gratuite, costruendo supermercati comunali e calmierando gli affitti, che da quelle parti viaggiano intorno ai 5 mila dollari mensili. Il tutto tassando i ricchi, in una metropoli il cui PIL supera quello della Turchia e che tra i propri residenti vede 600 mila milionari su una popolazione di 8.5 milioni, quasi tutti concentrati a Manhattan.
Negli USA i sindaci, ma ancor più quello di New York, hanno i poteri di un Trump, ovviamente a livello locale. Come ogni suo predecessore, Mamdani potrà porre il veto su qualsiasi provvedimento normativo del consiglio comunale.
Avrà enormi poteri su un bilancio annuale di oltre 100 miliardi di dollari e disporrà di 40 mila agenti della New York Police Department (NYPD) nominandone il capo. Ma la NYPD non è come un qualsiasi nostro corpo di polizia municipale alle dipendenze di un nostro sindaco. Oltre a mantenere l’ordine pubblico, compie anche indagini su criminalità organizzata e terrorismo, in una città dove sono centinaia quelle che ogni anno vengono avviate su presunti appartenenti a gruppi terroristici di ispirazione islamista.
Insomma, ne vedremo delle belle. Ma francamente, a parte qualche sua buona intenzione, non vedo cosa ci sia da rallegrarsi nella elezione di Zohran Mamdani a sindaco di New York.







