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POLITICA

MADURO, UN REGIME ACCUSATO DI CORRUZIONE ENDEMICA

MADURO, UN REGIME ACCUSATO DI CORRUZIONE ENDEMICA

Quello di Nicolás Maduro, al potere in Venezuela dal 2013 come successore di Hugo Chávez, è spesso descritto come un regime autoritario di stampo socialista (o "bolivariano"), caratterizzato da un progressivo consolidamento del potere, repressione dell'opposizione, crisi economica cronica e controversie internazionali.

Maduro governa attraverso il Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) e controlla istituzioni chiave come il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), il Tribunale Supremo di Giustizia e le forze armate.

Maduro, ex autista di autobus e sindacalista, è salito al potere dopo la morte di Chávez nel 2013, vincendo elezioni presidenziali controverse (50,6% contro Henrique Capriles). Nel 2018 è stato rieletto in un voto boicottato dall'opposizione e non riconosciuto dalla comunità internazionale, accusato di brogli. Il suo regime è radicato nel chavismo, un'ideologia populista di sinistra che prometteva redistribuzione della ricchezza petrolifera, ma che ha portato a un collasso economico: iperinflazione (oltre 1.000.000% nel 2018), shortage di cibo e medicine, e un'emigrazione di massa (oltre 7 milioni di venezuelani dal 2015).

Il regime è accusato di corruzione endemica, legami con il narcotraffico (il "Cartello del Sole" all'interno delle forze armate) e violazioni dei diritti umani, tra cui torture e omicidi extragiudiziali.

Organizzazioni come Human Rights Watch e Amnesty International documentano migliaia di arresti arbitrari e repressioni di proteste.

Maduro e Francesco

Maduro con Papa Francesco

Le elezioni presidenziali del 28 luglio 2024 sono state il punto di svolta. Il CNE, controllato dal regime, ha proclamato Maduro vincitore con il 51,2% dei voti contro il 44,2% di Edmundo González Urrutia (candidato dell'opposizione, sostenuto da María Corina Machado dopo la sua squalifica)

L'opposizione ha pubblicato brogli in oltre l'80% dei seggi, mostrando una vittoria schiacciante di González (67-70%). Non sono stati rilasciati verbali dettagliati, e osservatori internazionali (come la Fondazione Carter) hanno definito il voto "non libero né equo".

Il regime è isolato e repressivo. Machado, leader dell'opposizione, opera in clandestinità e ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace il 10 ottobre 2025 per il suo impegno non violento contro la dittatura. Sondaggi (settembre 2025) indicano che l'80% dei non-chavisti vede il regime indebolito e prevede la caduta di Maduro entro 6 mesi.

La crescita del PIL del 4% prevista per 2025 avviene grazie a prezzi del petrolio alti e accordi con Cina/Russia, ma la povertà colpisce il 90% della popolazione.

Maduro è sostenuto da Russia, Cina, Iran e Cuba, ma isolato dall'Occidente.

Gli USA non lo riconoscono come presidente legittimo, hanno aumentato la taglia su di lui a 50 milioni di dollari (agosto 2025) per narcotraffico e terrorismo, e esteso lo status di protezione temporanea per 600.000 venezuelani.

Il regime è accusato di aver trasformato il Venezuela da "democrazia elettorale" a "autoritarismo egemonico" attraverso frodi, censura e clientelismo militare.

L'opposizione, guidata da Machado, punta su transizione democratica, con speranze in un intervento USA (sotto Trump) o negoziati.

Un importante elemento per capire le dinamiche geopolitiche che attengono al Venezuela è l’alleanza strategica con la Russia. La presenza russa in Venezuela, infatti, rappresenta uno dei pilastri dell'alleanza tra Mosca e Caracas, consolidatasi negli ultimi anni come risposta alle sanzioni occidentali e alle tensioni con gli Stati Uniti.

In un contesto di crescenti frizioni nel Mar dei Caraibi, questa partnership si è intensificata nel 2025, con enfasi su cooperazione militare, economica e diplomatica.

Le relazioni tra Russia e Venezuela risalgono al 1952, ma si sono rafforzate significativamente durante la presidenza di Hugo Chávez a partire dal 2000. Oggi, il Venezuela è il principale alleato russo in America Latina, con Mosca che fornisce supporto politico e materiale al regime di Nicolás Maduro contro le pressioni USA. Nel marzo 2025, i due paesi hanno celebrato l'80º anniversario delle relazioni diplomatiche, con il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov che ha sottolineato il sostegno reciproco all'ONU, inclusa la difesa delle posizioni russe sulle sanzioni occidentali.

Putin ha lodato Maduro come leader legittimo, invitandolo al summit BRICS+ a Kazan per discutere l'adesione del Venezuela al blocco.

Questa alleanza è vista da Mosca come una "reciprocità simbolica" alla presenza USA in Ucraina: mentre Washington invia armi a Kiev, la Russia rafforza Caracas per destabilizzare l'influenza americana nell'emisfero occidentale.

La componente militare è la più visibile e controversa della presenza russa. Il Venezuela opera una fabbrica di fucili AK-103 Kalashnikov su licenza russa, e le sue forze armate dipendono pesantemente da equipaggiamenti di Mosca, tra cui:

Cacciabombardieri Sukhoi Su-30MK2 (21 unità, di cui un numero operativo incerto a causa di vincoli economici).

Elicotteri d'attacco Mi-35M2 Hind.

Carri armati T-72B1, veicoli blindati BMP-3 e BTR-80A.

Lanciarazzi multipli BM-21 Grad e 9A52 Smerch.

Sistemi antiaerei S-300.

Nel settembre 2025, in risposta al dispiegamento USA di navi da guerra e F-35 in Puerto Rico (per contrastare presunti traffici di droga e gang), il Venezuela ha condotto l'esercitazione "Caribe Soberano 200" sull'isola di La Orchila. Coinvolgendo oltre 2.500 truppe, 12 navi, 22 aerei e 20 imbarcazioni, le manovre hanno messo in mostra Su-30MK2 armati con missili antinave russi Kh-31 "Krypton". Maduro ha mobilitato milioni di miliziani, avvertendo che "nessun impero toccherà il suolo sacro del Venezuela".

La Russia ha una presenza paramilitare limitata, con report su contractors (ex-Wagner) che proteggono infrastrutture chiave, inclusi giacimenti di torio nell'Orinoco Mining Belt. Nel luglio 2025, la nave oceanografica russa Admiral Vladimirsky (della Flotta del Baltico) ha attraccato per la seconda volta a La Guaira, per attività congiunte con la Marina venezuelana, seminari tecnici e mappature sottomarine – attività che, secondo inchieste, potrebbero includere intelligence per sabotaggi.

La Russia inoltre fornisce un "salvataggio" economico al Venezuela, colpito da sanzioni USA. Rosneft ha investito miliardi nel settore petrolifero, con pre-pagamenti per greggio che aiutano Caracas a eludere le restrizioni.

Un nuovo Trattato di Associazione Strategica e Cooperazione è stato approvato dall'Assemblea Nazionale venezuelana il 19 settembre 2025, copre energia, difesa, tecnologia ed economia. Include una commissione per contrastare sanzioni e promuovere un "ordine multipolare". Il vice primo ministro russo Dmitry Chernyshenko e la vice presidente venezuelana Delcy Rodríguez hanno siglato accordi durante una commissione intergovernativa.

Nel settore salute, la Russia ha avviato un centro per malattie tropicali e sorveglianza epidemiologica, con corsi congiunti, ma i progressi sono lenti a causa della guerra in Ucraina.

Questa presenza russa rafforza la "diplomazia dell'orso" di Putin in America Latina, con il Venezuela come piattaforma per influenzare Cuba, Nicaragua e altri. Gli USA vedono ciò come una minaccia: il Pentagono ha dispiegato 4.500 truppe su otto navi nel Caraibi, con operazioni speciali per possibili raid. Analisti temono un'escalation, ma Mosca mantiene un approccio "low-cost, high-reward", usando contractors per evitare confronti diretti.

Il Venezuela possiede le riserve provate di petrolio più grandi al mondo, con oltre 300 miliardi di barili, superando di cinque volte quelle degli Stati Uniti. Tuttavia, nonostante questo potenziale, l'industria petrolifera del paese è afflitta da crisi croniche: sotto investimenti, infrastrutture obsolete, corruzione e sanzioni internazionali. Sotto Hugo Chávez e Nicolás Maduro, il settore ha subito un declino drammatico: dallo sciopero del 2002-2003 che portò al licenziamento di 18.000 tecnici, alla crisi economica del 2014 e alle sanzioni USA dal 2017. La produzione è crollata da oltre 3 milioni di barili al giorno (bpd) nel 2000 a un minimo di 337.000 bpd nel 2020. Ad agosto 2025, ha raggiunto 1.098.000 bpd, in lieve aumento rispetto a luglio (1.084.000 bpd).

Il Venezuela esporta petrolio principalmente in Cina.

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