di Gianvito Caldararo
Nonostante le distorsioni, il fallimento delle politiche attive del lavoro, le numerose truffe e abusi e la inconcludenza dei PUC (Progetti di Utilità Pubblica), al solo annuncio del governo Meloni di voler modificare le norme che disciplinano attualmente il RdC (Reddito di Cittadinanza), il leader del M5S Giuseppe Conte, ha annunciato una guerra senza quartiere al grido: Il RdC non si tocca.
Eppure, Conte in più occasioni aveva dichiarato la sua disponibilità a rivedere le norme che disciplinano attualmente il RdC. Una normativa costruita a maglie larghe e sulla autocertificazione, che ha comportato numerose truffe. Ne ha dato notizia la Guardia di Finanza, che sulla base di "indagini mirate" e dei "sospetti" ha verificato che i tre quarti delle persone controllate risultavano percettori non legittimati a ricevere il RdC.
Ma da quando i beneficiari del RdC sono diventati patrimonio elettorale del M5S, il buon Conte minaccia ferro e fuoco a difesa della creatura che fu di Di Maio, il quale alla promulgazione della legge sul RdC, dichiarava: "abbiamo abolito la povertà". Invece, povero è stato il bottino elettorale di Di Maio, al punto che con il suo "Movimento Civico" non è stato rieletto al Parlamento.
L'on. Conte si è trasformato da "avvocato del popolo" in capopopolo, da uomo dalla cultura liberale ad agitatore delle piazze, chiamando a raccolta i percettori del RdC. Eppure, il governo Meloni è solo intervenuto sui beneficiari aventi l'età da 18 a 59 anni, che sono di sana e robusta costituzione e che quindi sono soggetti che sono stati definiti "occupabili". Soggetti che possono essere avviati ad un corso di formazione e di prestare attività lavorativa.
La norma prevede che alla prima rinuncia di proposta di lavoro, il RdC è revocato. Come pure la Meloni ha chiarito che dal 2024 il RdC sarà revocato per fare posto alla contestuale istituzione di un fondo per il sostegno alla povertà e all'inclusione attiva e alla partecipazione a corsi di formazione e riqualificazione professionale obbligatoria, pena la decadenza, anche se la legge istitutiva del M5S stabiliva la durata in 18 mesi prorogabili.
La Meloni sa che deve muoversi con molta cautela, al fine di evitare manifestazioni di piazza, come pure ha assicurato che saranno coinvolti i Comuni e i controlli saranno incisivi. In realtà la misura allo studio del governo è qualcosa che si colloca tra il REI (Reddito di Inserimento) di Renzi e il Reddito di Cittadinanza del governo gialloverde di Di Maio e Salvini e solo formalmente di Conte.
La Meloni punta a sostenere una politica fondata sul lavoro e non sul sussidio, sulla formazione e una riqualificazione e non sull'assistenzialismo. Giorgia Meloni sa che il problema non è di facile risoluzione, ma tenderà a porre fine alle tante distorsioni del RdC, che è fallito con la famosa piattaforma del prof. Parisi, scovato da Di Maio nel Mississippi, mai decollata.
E' fallito anche con la figura dei "Navigator" e per politiche attive del lavoro, nonché sui PUC (Progetti di Utilità Pubblica). Se appare difficile il problema per la Meloni, figuriamoci per l'on. Conte, atteso che motivi di difesa del RdC sono sostanzialmente inesistenti e impresentabili.
La verità è che Conte, una volta privato della propaganda del RdC, stante l'assenza di ogni altra idea o proposta, rischia l'emarginazione politica, specie se il Congresso del PD riuscirà a dare l'attesa svolta. Anche se Conte nel PD può già contare su alcuni "ufficiali di complemento" come Franceschini, Orlando, Cuperlo, Emiliano e company.
Ma la Meloni, giorno dopo giorno mostra una ben piantata responsabilità, prudenza e capacità. Dovrà solo evitare una certa tolleranza nel consentire a Salvini e Berlusconi di piantare le loro bandierine, che non risolvono i problemi ma aggravano il bilancio dello Stato di una spesa improduttiva. Come pure vanno evitate, per quanto possibile, le polemiche con i diversi partners europei.
Il suo governo è anche agevolato dalla presenza delle opposizioni che sono divise, incerte e ancora in stato confusionale di fronte alla prima donna italiana a capo di un governo, che sa difendersi e nelle sedi competenti e sa essere autorevole.







