di Eugenio Baresi*
La preoccupazione di non turbare gli equilibri ed il bilanciamento fra poteri dello Stato, in un Paese democratico, non può far dimenticare che il cuore della democrazia è rappresentato dagli organismi eletti dai cittadini.
Allora non varrebbe, pur appunto nella preoccupazione dell’equilibrio e del bilanciamento, che si ricordasse, almeno qualche volta, questo indubbio presupposto?
Il suffragio popolare indica la rappresentanza politica e le volontà che realizzano le idee ed i progetti sottoposti al voto dei cittadini: il cuore della democrazia.
Non per opinione di chi scrive, ma chiara norma di quella Costituzione, tanto amata.
Ultimamente molte azioni di indirizzo puramente ed esclusivamente politico vengono contrastate da un corpo dello Stato adducendo motivazioni “estensive” che ne annullano l’efficacia.
Di esempi se ne potrebbero fare molti.
Non si dovrebbe giudicare e addirittura stabilire la congruità di un provvedimento con la propria sensibilità politica o ideologica per quanto possa essere carica di bontà e di sentimenti positivi… secondo la propria pur presunta sincera opinione.
Se fosse una possibilità quella di così esprimersi, sempre consentita ed encomiabile, una moltitudine di leggi dubbiosamente ineguali negli effetti avrebbero meritato, nel tempo, l’attenzione.
Se poi, in aggiunta, vogliamo valutare l’ultima “intemerata”, che si è vista con la bocciatura di un progetto di valore internazionale, davvero sorge il dubbio sulla proporzionalità delle responsabilità e delle valutazioni.
Non conosciamo le motivazioni, ma possiamo limitarne il campo a solo questioni di complicazione nell’interpretazione giuridica.
Ed anche questo non per opinione di chi scrive, ma per affermazione dei protagonisti.
Ha senso una soverchia questione di cavilli normativi a fronte di un simile intervento?
Allora tutto ciò vorrebbe significare che oggi, proprio oggi, la moderazione, e ancor maggiormente l’oggettività, vanno raccomandate e riservatamente indirizzate in modo indicativo piuttosto che indistintamente equanime.
Avendo vissuto anni di forti contrapposizioni, quali quelli in cui all’opposizione vi era un vigoroso rappresentante, il PCI, grande partito, mai abbiamo conosciuto una simile situazione.
Il senso della responsabilità nel governo del Paese era comune, la contrapposizione accesa sulle proposte e sul denunciarne la diversa valutazione, ma l’applicazione delle decisioni non era mai messa in dubbio.
Stiamo discutendo di azioni di governo, non di principi fondanti le garanzie democratiche… che semmai parrebbero più essere messe a rischio proprio dal continuo bloccare l’azione governativa nell’applicazione di azioni propriamente ad esso assegnate.
Negli anni a cui si faceva poco sopra riferimento tanti magistrati hanno trasmigrato in forze politiche, quasi di ogni convincimento e schieramento.
L’opinione e le convinzioni erano applicate nel nuovo ruolo, quello di politico, non certo quando il ruolo era di appartenere all’ordine giudiziario.
Quando questo si è dismesso si è dismessa anche la buona politica.
Il passato qualche insegnamento lo suggerisce.
Ed allora un poco di “coraggiosa” e pur sempre obbiettiva valutazione dei fatti e della nostra cronaca sarebbero davvero utili.
ex parlamentare democristiano e segretario della Commissione Stragi*







