È solo una mia impressione, o la narrazione della propaganda russa (e dei filorussi che la rilanciano più o meno inconsapevolmente) è diventata schizofrenica?
Mi spiego: la narrazione standard del Cremlino, avvalorata e seguita più o meno pedissequamente da troll, minions, disfattisti e rosso-bruni vari, da sempre – in perfetta continuità con quella sovietica – ci parla di un’America imperialista, votata alla sopraffazione dei Paesi indipendenti allo scopo di sfruttare economicamente il pianeta, a vantaggio di una ristretta élite anglofona composta di volta in volta da avidi banchieri, laidi ebrei, pedofili perversi, cripto-nazisti, membri della SPECTRE o rettiliani… Ad opporsi a questa bieca cospirazione sostanzialmente erede del Terzo Reich, ai tempi del Socialismo Reale avevamo il Comunismo Internazionale, mentre con Putin abbiamo un più indistinto “mondo emergente” che più recentemente si sarebbe coagulato nei mitici BRICS e che intenderebbe liberare l’umanità dall’arrogante e decadente colonizzazione occidentale – naturalmente sotto la guida paterna del Presidente Putin.
In questo scenario dove la perfida America da un lato è decadente, pasticciona e non ne azzecca una, ma dall’altro è diabolicamente intenta a pianificare subdole aggressioni sofisticatissime, abbiamo anche il suo buffone di corte: un’Europa sottomessa, colonizzata, senza potere né dignità, priva di qualsiasi prospettiva futura, dalla quale non rimarrebbe che emigrare (non si capisce bene dove). Questa Europa impoverita e senza più radici proprie avrebbe una sola (piccola) speranza: essere liberata dal giogo americano e accolta nel paterno nuovo mondo eurasiatico… Fondamentalmente però là dove la perfida America, benché decadente, mantiene un ruolo di protagonista anche se negativo, l’Europa è relegata a semplice oggetto, del tutto incapace di intendere e di volere.
Questa narrazione veniva rilanciata costantemente con il supporto di fake news sempre aggiornate in una guerra ibrida che fin dall’epoca sovietica aveva uno scopo ben preciso: separare l’Europa dall’America: rendere il nostro continente “neutrale” e quindi facilmente assoggettabile con l’intimidazione militare, privando gli USA dei loro alleati nella NATO e relegandoli nell’emisfero occidentale senza dover combattere una Guerra Mondiale. Insomma: nello schema classico, l’America era in nemico principale, e l’Europa quello ausiliario, più facile da colpire e neutralizzare con metodi ibridi.
L’avvento di Trump in America però ha sconvolto questo schema narrativo, così ben collaudato da essere ormai diventato dottrina politica dei movimenti filorussi europei e da generare riflessi condizionati nei loro membri e simpatizzanti.
Per la propaganda russa è stato facile cambiare registro: con Trump l’America non era più un nemico, ma una controparte ragionevole con cui trattare una nuova Yalta e spartirsi il mondo. “Contrordine compagni”… Di colpo, il “nemico” è cambiato. Già, perché un impero che vuole espandersi (in maniera più o meno velleitaria) ha bisogno assoluto di un nemico da additare non solo al proprio popolo, ma anche ai propri sostenitori all’estero. Con la guerra in corso in Ucraina, e per giunta con un’Ucraina che si rifiuta di cadere di fronte all’aggressione imperiale della grande Russia, la propaganda ha individuato il nemico nella NATO: perché sarebbe imbarazzante accettare di essere infognati in una guerra simmetrica contro un solo avversario piccolo come l’Ucraina, mentre esserlo contro un’Alleanza militare prestigiosa e da sempre considerata ostile è non solo accettabile, ma anche potenzialmente utile ad accendere il patriottismo russo.
Il problema è che la NATO è l’Alleanza fra America ed Europa, e siccome l’Europa è il suo membro debole, è in sostanza l’Alleanza dell’America. Ma l’America non è più “il nemico”…
Urge quindi separare l’America dalla NATO nella narrazione della propaganda russa. Se si separa l’America dalla NATO, rimane solo l’Europa: quella stessa Europa a cui l’Ucraina vuole aderire, e che per questa volontà è stata aggredita dichiaratamente fin dal 2014. “Contrordine compagni”: il nemico è l’Europa; laddove “Europa” significa EU+UK+Ucraina (visione che somiglia stranamente a quella del NOI)… Ma qui nasce la confusione: se il nemico è l’Europa, e la narrazione consolidata inquadra l’Europa come un attore debolissimo, come è possibile che questa Europa debolissima tenga la Grande Russia infognata in un conflitto simmetrico che non si riesce a vincere?
Per risolvere la contraddizione, si cerca di spiegare che in questo caso “Europa” equivale anche e soprattutto a NATO -America, e questo suona meglio visto che la NATO è comunque dipinta dalla narrativa tradizionale come un avversario potente… Ma non lo era solo per via della colonizzazione americana?
Insomma: la narrativa della propaganda russa traballa. Ma poi le cose si sono complicate ancora di più.
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Trump è diventato sempre più ondivago. Nella sua ansia di presentarsi al proprio elettorato e al mondo come il Grande Pacificatore, non si è limitato a separare progressivamente il tracciato diplomatico degli USA da quello dei suoi alleati, ma ha anche agito per posizionarsi come mediatore del conflitto ucraino. Così facendo ha inevitabilmente avvicinato le sue posizioni a quelle moscovite, e il Regime russo come abbiamo visto ha debitamente apprezzato. Però Trump, a differenza di quanto pensano i sostenitori della tesi di “Krasnov” (che vuole Trump essere un agente del Cremlino fin dall’inizio), pensa solo ai propri interessi: per coltivarli, ha bisogno di successi mediatici ben visibili, come la “Quasi Pace” di Gaza (che “pace” chiaramente non è ma a tutti fa comodo fare finta che lo sia); mentre l’Europa e l’Ucraina un po’ di soddisfazione glie l’hanno data, accettando almeno l’idea di un armistizio sulla linea corrente del fronte e fornendo un (apparente) supporto alla sua azione diplomatica, la Russia non ha ceduto minimamente rispetto alle proprie richieste oltranziste. Questo rifiuto ha portato Trump a reagire da par suo, cioè come uno speculatore immobiliare impegnato in una difficile trattativa con una controparte che non si dimostra collaborativa: alternando bastone e carota.
L’alternanza da parte di Trump del bastone e della carota però ha mandato in tilt la propaganda russa, perché a seconda dei momenti l’America passa da nemico vecchio stile a partner collaborativo che non riesce a farsi rispettare dai suoi subordinati (Europa e Ucraina), e questo atteggiamento ondivago si riflette nell’evidente disorientamento dei programmi televisivi russi, dove nei confronti del POTUS si passa dalla piaggeria all’insulto da un giorno all’altro.
La conseguenza inevitabile di questo disorientamento è che mentre l’America di Trump passa continuamente nella narrazione russa da amico ad avversario, e quindi perde credibilità, chi di credibilità ne acquista è automaticamente l’Europa: quella stessa Europa che prima era descritta come impotente, servile e insignificante, risulta “promossa” a nemico principale non solo della Grande Russia, ma dell’intero mondo emergente, e quindi appare come la forza principale contro cui non si riesce a vincere. L’Europa è infatti definita ora dal Ministero degli Esteri russo come “la più grande minaccia” per il mondo, perennemente impegnata a cercare di danneggiare la Russia e a perseguire i propri interessi coloniali ed imperiali.
In sostanza la propaganda russa individua nell’Europa la nuova leadership di quell’“Occidente Collettivo” che rappresenta il nemico perenne da additare al suo pubblico.
Che è poi ciò che sosteneva Sarah Paine nel mio post precedente.
Se osserviamo il conflitto ucraino abbastanza da lontano e in maniera distaccata, in effetti le cose stanno proprio così. Dai tempi dei viaggi in treno di Roberta Metsola prima e di Draghi, Macron e Scholz poi a Kyiv, l’Europa ha perseguito una politica prudente (anche troppo!) ma coerente e costante di sostegno all’Ucraina, schierandosi nel conflitto con una decisione difficilmente immaginabile prima del 2022. L’America di Biden ha seguito tale politica mantenendo la guida di un Occidente unito fino a tutto il 2024, ma quando Trump ha deciso di cambiare corso strategico, l’Europa – e il resto dell’Occidente – non l’hanno seguito. Di fatto, l’Ucraina ha legato il proprio destino all’Europa, non all’America: perché nel momento del bisogno, l’Europa appare più credibile e più affidabile dell’America; e questo, per la prima volta nella Storia recente. La politica europea è rimasta la stessa, e la leadership americana è andata in crisi.
La perdita di autorità da parte dell’America sull’Occidente – per ora eclatante solo nell’ambito del conflitto ucraino, ma avvertita anche in ambito globale – ha colto Trump di sorpresa, obbligandolo a correggere in corsa la sua strategia negoziale. Un accordo raggiunto con la Russia che fosse respinto al mittente da Europa e Ucraina non farebbe ben figurare il Grande Pacificatore…
Meglio quindi cancellare l’Incontro di Budapest.







