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OPINIONI

L'UREA, UNA COMMODITY FONDAMENTALE E POCO CONSIDERATA - PARTE II

L'UREA, UNA COMMODITY FONDAMENTALE E POCO CONSIDERATA - PARTE II

5.  Caso di Studio: Importazioni di Urea in Brasile

Il caso Brasiliano Nessun altro Paese illustra meglio la relazione tra agricoltura, energia e dipendenza strategica dell’urea quanto il Brasile. Nel 2023 ha importato circa 8,7–9 milioni di tonnellate, il 12–13 per cento del commercio mondiale. Non è un’anomalia, ma una conseguenza diretta del suo modello economico: un’economia agricola estensiva, altamente produttiva, ma priva di gas a basso costo.

Le ragioni della dipendenza brasiliana sono molteplici. La prima è agronomica: soia, mais e canna da zucchero — colonne dell’export nazionale — richiedono un apporto azotato elevato. Ogni ettaro di soia necessita in media 100–120 chilogrammi di azoto, la canna oltre 150. L’intero settore agricolo consuma più di 5,5 milioni di tonnellate di nutrienti azotati, di cui due terzi provenienti da urea importata.

La seconda ragione è industriale: l’industria nazionale dei fertilizzanti è debole. Le tre grandi unità di Petrobras — FAFEN Araucária, FAFEN Sergipe e FAFEN Bahia — costruite negli anni Ottanta, sono state chiuse o sospese tra il 2012 e il 2019. La capacità produttiva residua, circa 1,3 milioni di tonnellate annue, copre meno del 15 per cento della domanda. La complessa vicenda della fabbrica di Três Lagoas, ancora inattiva, mostra come gli ostacoli tecnologici e finanziari abbiano bloccato ogni ambizione di autosufficienza.

La terza ragione è energetica. Il gas brasiliano è estratto quasi interamente offshore, nei bacini di Campos e Santos, e serve prioritariamente alla generazione elettrica. Portarlo all’interno, verso il Cerrado e gli stati agricoli del Mato Grosso e Goiás, richiederebbe nuove condotte e investimenti imponenti. Inoltre, il prezzo interno del gas — tra 9 e 10 dollari per milione di Btu — è tre o quattro volte superiore a quello dei produttori del Golfo. In queste condizioni, l’urea importata resta più conveniente anche includendo i costi di trasporto.

I principali fornitori del Brasile Nel 2023 i principali esportatori verso il Brasile sono stati Oman, Qatar, Nigeria, Russia, Algeria e Arabia Saudita. Tutti produttori basati sul gas, tutti situati lungo le rotte che attraversano l’Oceano Indiano e il Capo di Buona Speranza.

Si tratta di un mosaico di forniture che riflette una strategia di diversificazione geopolitica. Dopo le sanzioni contro la Russia, Brasilia ha spostato rapidamente le importazioni verso Medio Oriente e Africa, mantenendo prezzi competitivi e assicurandosi un margine di sicurezza logistica.

La politica ufficiale, definita dal Plano Nacional de Fertilizantes 2050, non punta più all’autosufficienza, ma alla resilienza: ridurre i rischi attraverso la varietà dei fornitori, lo sviluppo dei porti, e la creazione di riserve strategiche. È un approccio realistico in un contesto in cui il vantaggio comparato del Brasile è agricolo, non energetico.

Principali Fornitori del Brasile (2023):

  • Oman: ~21% (USD 605M, leader).
  • Qatar, Nigeria, Algeria: ~12% ciascuno.
  • Russia: ~13%.
  • Altri: Bolivia (volumi minori).

Prospettive Future:

  • Progetti di joint venture gas-urea con QatarEnergy, Petrobras e Yara (es. porti di Pecém, Itaqui).
  • Progetti di ammoniaca verde in Ceará e Rio Grande do Norte, ma commercializzazione improbabile prima del 2030.
  • Miglioramenti nell’efficienza agronomica (es. urea rivestita, inibitori) potrebbero ridurre la domanda del 10-15%, ma la dipendenza dalle importazioni persisterà.

Aggiornamenti al 2025: La Russia ha espanso le esportazioni di fertilizzanti verso India, Africa e Brasile, con un aumento previsto del 10% nei prezzi globali dei fertilizzanti secondo la World Bank.

La rotta marittima dalla Penisola Arabica (Arabia Saudita, Qatar, Oman) al Brasile, attraverso il Capo di Buona Speranza, è una delle più strategiche per il commercio globale di fertilizzanti, coprendo ~10.600 miglia nautiche (28-32 giorni a 13 nodi).

La rotta Arabia–Brasile L’asse che collega i complessi petrolchimici del Golfo Arabico alle coste brasiliane è oggi una delle rotte più stabili e strategiche del commercio mondiale. Da Al-Jubail, Mesaieed o Qalhat, le navi cariche di urea attraversano lo Stretto di Hormuz, tagliano l’Oceano Indiano, doppiano il Capo di Buona Speranza e risalgono l’Atlantico fino a Santos o Paranaguá. Un viaggio di 10.600 miglia nautiche e circa trenta giorni di navigazione.

È una rotta aperta tutto l’anno, priva di vincoli politici come il Canale di Suez o Panama, ma soggetta alle stagioni monsoniche. Durante l’estate australe, le correnti e i venti dell’Oceano Indiano possono prolungare di due o tre giorni il tragitto. Tuttavia, la sicurezza complessiva è elevata: il rischio di conflitto o pirateria è minimo, e il passaggio intorno al Capo resta tra i più liberi al mondo.

La preferenza per il Capo di Buona Speranza rispetto al Canale di Suez non è casuale: il Suez comporta pedaggi elevati e maggior distanza per raggiungere il Sud Atlantico. Navigare a sud, sebbene più lungo in teoria, è più diretto e meno costoso per i carichi massicci di fertilizzante.

I porti di destinazione più importanti sono Santos (2,3 Mt/anno), Paranaguá (1,9 Mt), Itaqui (1,2 Mt), Aratu (0,7 Mt), Suape (0,4 Mt) e Rio Grande (0,3 Mt). Tutti dispongono di terminal dedicati alla manipolazione dei fertilizzanti, magazzini coperti e linee di insacco. Da lì, l’urea prosegue via ferrovia o chiatta verso gli stati agricoli interni.

La stabilità di questa rotta è tale che, anche durante le crisi globali — guerre nel Golfo, pandemia, tensioni nel Mar Rosso — il flusso non si è mai interrotto. L’urea continua a muoversi, silenziosamente, con la regolarità delle maree.

Un corridoio energetico e alimentare Quella tra Arabia e Brasile non è solo una rotta commerciale: è un corridoio di reciprocità economica. Dal Golfo giunge energia solidificata in forma di fertilizzante; dal Brasile ripartono derrate agricole, soia e zucchero. In senso letterale, l’energia del deserto alimenta la terra tropicale, e i frutti della terra tropicale tornano ad alimentare l’economia dei Paesi energetici. È uno scambio simbolico e concreto tra due emisferi complementari.

Lungo questa via passa oggi un quarto dell’azoto del Brasile, e con esso la stabilità alimentare di centinaia di milioni di persone. È una relazione di interdipendenza pacifica, ma anche un delicato equilibrio strategico: chi controlla l’energia controlla la fertilità, e chi controlla la fertilità può orientare la politica dell’energia.

Punti di Origine

  • Arabia Saudita: Porti di Al-Jubail (SABIC, SAFCO) e Yanbu (Ma’aden); terminal per urea granulare e in sacchi.
  • Qatar: Porto di Mesaieed (QAFCO, tra i maggiori complessi ammoniaca-urea).
  • Oman: Porti di Sur e Qalhat (OMIFCO, joint venture con aziende indiane).

Panoramica della Rotta

  1. Uscita dal Golfo Arabico e Traversata dell’Oceano Indiano:
    • Le navi escono attraverso lo Stretto di Hormuz, attraversano il Golfo di Oman e l’Oceano Indiano, spesso facendo scalo a Durban (Sudafrica) o Port Louis (Mauritius) per rifornimento.
  2. Passaggio del Capo di Buona Speranza:
    • Preferito al Canale di Suez per evitare pedaggi e rischi geopolitici; distanza Al-Jubail-Santos ~10.600 nm.
  3. Attraversamento dell’Atlantico del Sud:
    • Rifornimenti a Walvis Bay (Namibia) o Luanda (Angola); avvicinamento ai porti brasiliani (nord: Itaqui, Suape; sud: Santos, Paranaguá).

Principali Terminal di Importazione Brasiliani

  • Porti: Santos, Paranaguá, Itaqui; attrezzati con magazzini coperti e linee di insaccamento (es. Copebrás, Unigel, YaraBrasil).
  • Capacità: 1-1,5 Mt per hub principale.

Catena Logistica

  • Produzione e Stoccaggio: Urea granulata, raffreddata a 100-150°C, stoccata in silos sotto atmosfera di azoto.
  • Carico: Trasportatori a nastro caricano su navi Panamax/Handymax (30-60 kt); velocità di carico 800-1.000 t/h.
  • Trasporto Marittimo: Costi di nolo USD 55-70/t; durata 30 ± 2 giorni.
  • Scarico e Distribuzione: Insaccamento o miscelazione in impianti NPK; distribuzione via ferrovia o chiatta verso Mato Grosso, Goiás, Paraná.

Rotte Alternative

  • Trasbordo via Nord Africa (Egitto, Marocco) o Africa occidentale (Togo, Ghana).
  • Volumi minori via Trinidad & Tobago (<5%).

Attori Principali

  • Charterers: Ma’aden, QAFCO, OMIFCO; trader come Yara, Trafigura, Ameropa.
  • Flotta: Navi Panamax (60-70 kt) e Handymax (35-50 kt).
  • Rischi: Stretto di Hormuz, tempeste invernali al Capo, congestione portuale brasiliana.

Apertura e Resilienza della Rotta

  • Navigazione: Aperta tutto l’anno; evita chokepoint vulnerabili come il Mar Rosso.
  • Geopolitica: Resiliente a tensioni globali (es. guerra Russia-Ucraina, crisi del Mar Rosso 2023-24); premi assicurativi stabili (0,12-0,18% del valore del carico).
  • Economia: Noli fluttuano stagionalmente (USD 55-80/t); congestione portuale e costi di carburante influenzano l’economia.

Valore Strategico: La rotta riflette la complementarità tra risorse energetiche arabe e potenza agricola brasiliana, bilanciata da carichi di ritorno (soia, zucchero).

Aggiornamenti al 2025: Le tensioni geopolitiche continuano a influenzare le rotte, con prezzi urea previsti tra 390-470 USD/t nel secondo semestre 2025, guidati da costi del gas e domanda forte.

6. Dipendenza Demografica Globale dall'Urea

L'urea sostiene la produzione alimentare per circa 4-4,5 miliardi di persone (metà dell'umanità), contribuendo al 27-30% della produzione globale di colture e al 13-15% delle calorie alimentari.

Parte III – Dimensione demografica e geopolitica dell’urea Dietro ogni sacco di urea vi è un numero che raramente compare nelle statistiche ufficiali: il numero di esseri umani che ne dipendono. L’urea non alimenta direttamente le persone, ma sostiene i raccolti da cui esse traggono vita. È un fattore invisibile, ma il più decisivo nel determinare la disponibilità di cibo e, di conseguenza, la stabilità politica delle nazioni. Senza di essa, la densità di popolazione che caratterizza il mondo moderno non sarebbe possibile.

Secondo la FAO e l’International Fertilizer Association, gli azotati contribuiscono per circa il 45 per cento della resa globale delle colture. Poiché l’urea rappresenta circa il 60 per cento di tutti i fertilizzanti azotati, la sua sola assenza provocherebbe una caduta della produzione mondiale di cereali superiore al 25 per cento. È un dato che, tradotto in termini demografici, significa tra 4 e 4,5 miliardi di persone la cui sopravvivenza alimentare dipende da questo composto.

Le aree di maggiore sensibilità coincidono con le regioni più popolate del pianeta. L’arco che va dal delta del Nilo al delta del Mekong — passando per India, Bangladesh, Cina e Indonesia — concentra oltre tre miliardi di abitanti e più della metà dell’uso mondiale di urea. In queste regioni, il legame fra fertilizzante e stabilità politica è diretto: una fluttuazione del 10 per cento nel prezzo dell’urea può generare aumenti del 3–5 per cento nel prezzo del riso o del grano, innescando pressioni inflazionistiche e tensioni sociali.

La tabella sintetizza una verità essenziale: la metà dell’umanità è sostenuta da un fertilizzante di sintesi, la cui disponibilità è geograficamente diseguale e politicamente controllabile.

Il fertilizzante azotato è un moltiplicatore demografico e, nello stesso tempo, un acceleratore di fragilità. L’aumento dei prezzi tra il 2021 e il 2022, conseguenza indiretta delle sanzioni alla Russia e dell’impennata del gas naturale, ha mostrato quanto il sistema globale sia interdipendente. Il prezzo dell’urea, salito da 270 a oltre 900 dollari per tonnellata, ha provocato una riduzione media del 15 per cento nell’uso in Africa e Sud-Est asiatico, con cali di resa del 10–12 per cento nei cereali.

In Africa orientale, dove il fertilizzante rappresenta oltre il 40 per cento del costo di produzione del mais, ciò ha significato milioni di tonnellate di cibo in meno e un aumento immediato dell’insicurezza alimentare. In India e Bangladesh, i governi hanno dovuto aumentare drasticamente i sussidi, aggravando i deficit pubblici. È in questa relazione tra prezzo, resa e stabilità che l’urea rivela il suo carattere politico.

Aree più Sensibili (Popolazione / Dipendenza)

  1. Asia Meridionale (1,9 miliardi):
    • Consumo: >35 Mt N/anno (~1/3 del totale globale).
    • India: 30 Mt/anno, 20% del totale mondiale; sussidi pesanti.
    • Dipendenza: Riso e grano perderebbero il 40-60% del rendimento senza urea.
    • Impatto: ~1,8 miliardi di persone altamente dipendenti.
  2. Asia Orientale e Sud-Est Asiatico (2,3 miliardi):
    • Consumo: ~45 Mt/anno (Cina: 2/3).
    • Dipendenza: Sistemi di doppia coltivazione del riso; elasticità del rendimento ~0,6.
    • Impatto: 1,5-1,7 miliardi di persone critiche.
  3. Africa Subsahariana (1,2 miliardi):
    • Consumo: Basso (17 kg N/ha vs 120 kg N/ha in Asia).
    • Dipendenza: Latente; il potenziale di rendimento potrebbe raddoppiare con più urea.
    • Impatto: 200-300 milioni di persone nelle zone ad alto input (Nigeria, Etiopia, Kenya); alta vulnerabilità a shock dei prezzi.
  4. America Latina (660 milioni):
    • Consumo: Brasile importa ~9 Mt/anno.
    • Dipendenza: Indiretta tramite colture da esportazione (soia, mais, canna da zucchero).
    • Impatto: ~200 milioni di persone indirettamente dipendenti.
  5. Medio Oriente e Nord Africa (520 milioni):
    • Dipendenza: Elevato uso per ettaro ma base agricola limitata; importazioni critiche.
    • Impatto: Sensibilità ai prezzi delle importazioni.
  6. Paesi OECD (1,4 miliardi):
    • Dipendenza: Alta, ma basso rischio per sicurezza alimentare grazie a ricchezza e diversificazione.
    • Impatto: Bassa sensibilità.

Sensibilità vs Vulnerabilità

  • Dipendenza: Percentuale di rendimento delle colture legato all’urea.
  • Vulnerabilità: Esposizione a shock di fornitura o prezzi (dipendenza da importazioni + limitati buffer fiscali).
  • Più dipendenti: India, Cina, Indonesia, Vietnam.
  • Più vulnerabili: Africa subsahariana, Pakistan, Bangladesh.
  • Meno dipendenti: Europa, Nord America.

Impatti dei Prezzi

  • Un aumento di USD 100/t nei prezzi dell’urea:
    • +4% nei costi di produzione dei cereali a livello globale.
    • +12% in Asia meridionale (uso intensivo).
    • +25% in Africa (costi di fertilizzanti dominano i budget agricoli).
  • Una disruption prolungata (es. chiusura delle esportazioni del Golfo) colpirebbe >2 miliardi di persone con inflazione alimentare e rischio di denutrizione.

Prospettive al 2035

  • Domanda globale di urea: da 190 Mt (2024) a 215 Mt.
  • Crescita guidata dall’intensificazione agricola in Africa (da 3% a 6% del consumo globale).
  • Asia: >65% del consumo.
  • Senza sostituti tecnologici (es. ammoniaca verde), ~5 miliardi di persone dipenderanno dall’urea entro il 2035.

Aggiornamenti al 2025: Secondo la FAO, nel 2023 circa 733 milioni di persone erano cronicamente denutrite, con 2,3 miliardi in insicurezza alimentare moderata o grave. L'IFPRI nota che i prezzi alti dei fertilizzanti hanno impattato di più i piccoli agricoltori in LMICs, inclusi BRICS come India e Sudafrica.

7. Implicazioni Geopolitiche

L’urea collega la sovranità energetica e alimentare, rappresentando un potente strumento di controllo sulla crescita del Sud globale.

Il dominio del Nord e la vulnerabilità del Sud Il mercato globale dell’urea è dominato da un ristretto gruppo di produttori con caratteristiche comuni: accesso al gas, tecnologie di processo, infrastrutture logistiche e controllo finanziario. A fronte di essi, il Sud Globale concentra la domanda agricola ma non la capacità industriale. Questo squilibrio crea una forma di dipendenza simile a quella energetica che l’Occidente ebbe nei confronti del petrolio: chi possiede la tecnologia e il gas produce fertilità; chi non la possiede la deve importare.

Il controllo può avvenire in quattro modi: attraverso la disponibilità del gas (feedstock), la proprietà delle licenze tecnologiche (Stamicarbon, Casale, Topsoe), la centralità del dollaro nei pagamenti internazionali e il dominio delle assicurazioni e dei noli marittimi da parte di compagnie occidentali. Questi strumenti, anche se raramente visibili, consentono di regolare la quantità e il prezzo del nutriente più essenziale per il mondo emergente.

La crisi del 2022 ne è la prova: non fu la mancanza fisica di urea a generare la scarsità, ma il blocco dei pagamenti e delle coperture assicurative sulle spedizioni russe. Bastò questo per ridurre del 30 per cento le forniture africane in pochi mesi.

L’urea come leva di potere sui BRICS e sul Sud Globale Nel blocco BRICS la relazione con l’urea è ambivalente: alcuni membri la producono, altri la importano, ma tutti ne dipendono. Cina e Russia sono produttori e tecnologicamente autosufficienti; India, Brasile e Sudafrica ne sono invece importatori cronici. È qui che la questione si trasforma da economica in geopolitica.

Per la Cina, l’urea è parte integrante della propria politica agricola e dello sviluppo africano. Le imprese cinesi costruiscono impianti in Nigeria, Tanzania e Mozambico, fornendo nello stesso tempo infrastrutture e fertilizzanti. In tal modo, Pechino non solo garantisce la sicurezza alimentare dei partner africani, ma consolida la propria influenza politica sul continente.

La Russia, attraverso EuroChem e PhosAgro, ha seguito una strategia simile: stabilire joint venture nei Paesi emergenti, offrire crediti in valuta locale e contratti di fornitura pluriennali. Prima delle sanzioni, un quarto dell’urea importata dal Brasile proveniva da impianti russi; dopo il 2022, tale quota è stata parzialmente sostituita da Egitto e Nigeria, ma la rete commerciale russa resta in grado di riattivarsi rapidamente.

India e Brasile, al contrario, rappresentano la vulnerabilità strutturale del Sud Globale: dipendono dal gas altrui e dalle rotte oceaniche controllate da altri. La loro sicurezza alimentare è dunque esposta ai rischi di mercato, alle fluttuazioni del dollaro e agli eventi geopolitici. Nonostante ciò, entrambi i Paesi stanno tentando di ridurre la dipendenza con nuove strategie di partenariato Sud–Sud.

In India, il governo ha avviato programmi di riconversione e ampliamento degli impianti di urea, spesso in collaborazione con QatarEnergy e Oman Oil Company. In Brasile, Petrobras sta studiando la riapertura delle linee di produzione di Sergipe e Bahia, mentre il settore privato guarda ai progetti di “green ammonia” lungo la costa nord-orientale, dove l’eolico offshore potrebbe fornire energia pulita per la sintesi dell’idrogeno.

L’urea si colloca al punto d’incontro fra tre forme di sovranità: quella energetica, quella alimentare e quella monetaria. È il punto in cui il gas naturale, il valore del cibo e il dollaro si toccano. Per il Sud Globale, spezzare questo triangolo significa ottenere la vera indipendenza.

Chi controlla il ciclo completo — energia, produzione, trasporto e pagamento — controlla la crescita dei Paesi emergenti. Non a caso, la strategia dei BRICS si concentra su questi tre assi: creare infrastrutture energetiche autonome, sviluppare tecnologie proprie e costruire sistemi finanziari alternativi al dollaro.

Nel 2024 il Nuovo Banco di Sviluppo dei BRICS ha iniziato a studiare meccanismi di regolamento commerciale in valute locali per i fertilizzanti, riducendo la vulnerabilità ai mercati occidentali. Parallelamente, Russia e Cina stanno sostenendo la costruzione di flotte mercantili e assicurazioni indipendenti, per sottrarre il commercio strategico dell’azoto al monopolio dei grandi broker internazionali.

La geopolitica dell’azoto nel secolo multipolare L’azoto, sotto forma di urea, rappresenta oggi per il Sud Globale ciò che il petrolio rappresentò per il Nord nel XX secolo: la chiave della crescita, il fondamento della potenza materiale. Ma è anche la nuova frontiera del controllo.

Chi può regolarne il flusso — in quantità o in prezzo — dispone di una leva sul ritmo stesso dello sviluppo mondiale. È per questo che le grandi potenze energetiche hanno imparato a considerare l’urea non solo come un prodotto dell’industria chimica, ma come una componente della sicurezza nazionale.

Il controllo dell’urea è, in ultima analisi, il controllo della vita economica dei Paesi demograficamente in espansione. In un mondo in cui metà della popolazione vive grazie al fertilizzante sintetico, la geopolitica dell’azoto diventa la geopolitica della sopravvivenza. L’energia fossile non alimenta più soltanto macchine e industrie, ma la stessa demografia.

L’urea è l’anello silenzioso che collega il giacimento di gas al campo di grano, la centrale termica alla mensa del mondo. È l’infrastruttura invisibile della crescita del Sud Globale. Controllarla significa poter accelerare o frenare lo sviluppo di intere regioni, modulare il prezzo del cibo, influenzare la stabilità dei governi.

La metà dell’umanità vive oggi all’interno di questa catena invisibile: il gas esce dai pozzi dell’Arabia e della Siberia, attraversa gli oceani sotto forma di urea e ritorna nel ciclo della vita attraverso il pane, il riso, il mais.’

Così, nel secolo multipolare, l’antica equazione potere = energia trova una nuova declinazione: potere = energia trasformata in fertilità.’

L’urea, sostanza umile e industriale, è divenuta il punto di congiunzione fra l’economia della sopravvivenza e quella della strategia. E il suo controllo — oggi come il petrolio nel secolo scorso — deciderà chi crescerà e chi resterà indietro nel mondo che viene.

Aggiornamenti al 2025: Studi recenti confermano che la financialization dei mercati agricoli impatta negativamente la food security nei BRICS, aumentando la volatilità dei prezzi e l'esposizione post-crisi 2008. La Russia espande le esportazioni verso BRICS, mitigando rischi.

Meccanismi di Controllo

  1. Controllo delle Materie Prime: Gas e carbone concentrati geograficamente; vulnerabilità a interruzioni.
  2. Controllo Tecnologico: Tecnologie di produzione (Stamicarbon, Casale, Topsoe) in gran parte occidentali.
  3. Controllo Finanziario: Prezzi in dollari, clearing SWIFT, crediti all’export.
  4. Controllo Logistico: Navi, assicurazioni e certificazioni portuali dominate da attori occidentali.
  • Esempio: Le sanzioni alla Russia nel 2022 hanno ridotto le importazioni africane del 30% a causa di restrizioni assicurative.

Risposta dei BRICS

  • Energia: Espansione di gasdotti e corridoi LNG (es. Power of Siberia, Arctic LNG 2).
  • Tecnologia: Licenze locali e reverse engineering (es. Hualu in Cina, TEC in India).
  • Finanza: Meccanismi di clearing non in dollari (New Development Bank).
  • Logistica: Investimenti in capacità di spedizione e assicurazione indipendenti (BRICS Maritime Fund, 2025).

Impatti Demografici

  • Una riduzione del 10% nella fornitura globale di urea implica una perdita del 3% nella produzione di cereali, pari a cibo per 300-350 milioni di persone.
  • Il controllo dell’urea influenza flussi migratori, prezzi alimentari e stabilità politica, soprattutto in Asia meridionale.

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