di Lucio Leante
Come mai solo in Italia la terribile vicenda di Gaza è divenuta, in maniera inverosimile, un acuto conflitto di politica interna e sta mobilitato centinaia di migliaia di persone su parole d’ordine (tra l’altro aggressive) non solo contro il governo di Israele, ma anche contro quello italiano? Come mai solo in Italia è avvenuto che il maggiore sindacato abbia convocato su queste basi ideologiche niente di meno che un inverosimile sciopero generale politico su una questione che poco ha a che fare, nonostante la retorica del suo leader, con gli interessi dei lavoratori? Nulla di simile e di inverosimile è avvenuto negli altri paesi europei. Nemmeno in Spagna e in Francia dove pure esiste da tempo un movimento radicale “pro-Pal”.
Certo, la sinistra italiana (con l’appoggio dei grandi media corrivi) ha soffiato sul fuoco della indignazione (in certa misura giustificata) per gli eccessi della reazione israeliane al pogrom del 7 ottobre del 2023. E questo ha contato. Ma non basta a spiegare l’estremismo di massa esplicitamente o implicitamente violento contro Israele e contro il governo italiano definito, in maniera del tutto inverosimile, “complice” di crimini e addirittura di un presunto “genocidio”. In qualche modo l’inverosimile è diventato, agli occhi di molti, più rilevante del verosimile.
Il fenomeno da rilevare non è, infatti, solo e tanto quello degli antagonisti che rompono vetrine, incendiano auto e spaccano la testa e le ossa di agenti delle forze dell’ordine. È da sottolineare soprattutto l’estremismo di massa di centinaia di migliaia di manifestanti fefiniti “pacifici” dai media di regime e descritti come “scesi in piazza con i loro figlioli”, del tutto estranei ed ostili all’estremismo violento.
Non si può tacere che quei manifestanti nei giorni scorsi sono scesi nelle strade con parole d’ordine come quello di “Palestina libera dal fiume al mare” (uno slogan che promuove la distruzione di Israele e un vero genocidio per i suoi abitanti) o come quello che auspica un “7 ottobre, giornata della resistenza palestinese” (dove si tende persino a santificare il pogrom di due anni fa), o come “governo Meloni, complice e criminale, dimissioni”. Dello stesso tono sono state le sagome o i disegni di Netaniahu e di Meloni a testa in giù o la deturpazione del monumento a Giovanni Paolo II, con una scritta rossa: “fascista di merda”. Gli stessi manifestanti hanno dileggiato come coloniale e anti-palestinese il piano di pace di Trump, accettato da mezzo mondo, mostrando di preferire la continuazione del conflitto.
Eppure i maggiori media li definiscono pacifici e pacifisti. La loro narrazione è inverosimile, ma la cosa passa inosservata. È irrilevante.
Dietro la loro apparente moderazione, si intravvede il tentativo costante della élite e di una certa parte del popolo di sinistra di individuare nemici, anzi demoni da odiare e da distruggere, oltre che di individuare dall’altro lato le nuove vittime innocenti, una categoria deboli da proteggere e di cui proclamarsi paladini, al fine precipuo di apparire “migliori degli altri”, i paladini della giustizia mondiale. Inverosimile.
Il fenomeno non si spiega senza ammettere l’esistenza da tempo, in una parte degli intellettuali e dei ceti medi italiani di sinistra, di un sovversivismo gnostico pregiudiziale che li porta a vedere la realtà come una gheenna infernale popolata da nemici e demoni da odiare. Un inferno, un mondo in bianco e nero, dove loro costituirebbero un inverosimile “campo del Bene assoluto”. In tale visione inverosimile non temono di propalare narrazioni dell’assurdo. Alla ragione preferiscono una fuga in un metaverso virtuale dove l’inverosimiglianza, e la scarsa aderenza ai fatti ed alla realtà della loro narrazione diventa, agli occhi di molti, del tutto irrilevante.
Certamente c’è in Italia un generale sentimento caritatevole di origine cristiana che porta alla sollecitudine ed alla solidarietà verso gli ultimi e le vittime. Questo sentimento si traduce in alcuni anche in un pregiudizio favorevole ai deboli che induce a dimenticare i torti e le atrocità commesse dai deboli, presunti innocenti per definizione.
Questo spiega, anche se non giustifica, l’oblio per il pogrom del 7 ottobre, né che chi lo ricordi e solo menzioni gli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas da due anni venga accusato di un’inverosimile complicità con Israele (come ha fatto la ineffabile Francesca Albanese contro il sindaco di Reggio Emilia colpevole di avere menzionato gli ostaggi).
Gli ebrei, una volta considerati i deboli, le vittime principali del nazismo, tendono ad essere oggi presentati come i nuovi forti e perciò carnefici. Certo la reazione israeliana al 7 ottobre non ha guardato per il sottile e ha comportato migliaia di vittime civili (anche al fine di neutralizzare il cinismo di Hamas che ha usato i civili come scudi umani), ma perché parlare inverosimilmante di “genocidio”, quando sono noti ed evidenti i tentativi dei militari israeliani di non coinvolgere i civili, avvertendoli (quasi sempre) degli attacchi imminenti? L’inverosimiglianza dell’accusa di genocidio è diventata agli occhi di molti irrilevante, per una ragione politica: occorre demonizzare gli israeliani, dare in pasto al popolo di sinistra ed ai suoi chierici un demonio. Boicottare le merci, le università, i turisti e persino gli atleti israeliani può forse srvire a salvare qualche vita a Gaza? No. Ma è opportuno credere all’inverosimile.
Che senso ha poi la parola d’ordine “blocchiamo tutto”, lanciata dal sindacato USB e fatta propria, di fatto e in pratica dalla CGIL con lo sciopero generale? Che aiuto può dare ai gazawi privare per un giorno gli italiani del diritto ai trasporti, alla libera circolazione, all’istruzione e ad altri servizi ed attività? Nessuno, ma occorre credere all’assurdo.
Che senso ha proclamare uno sciopero generale in Italia come protesta contro il blocco di una inverosimile flottiglia di imbarcazioni e naviganti inverosimilmente diretti verso Gaza per portare aiuti, ma chiaramente per prevalenti se non esclusivi scopi propagandistici e politici?
Non è strano poi che la vicenda della flottiglia abbia oscurato, nelle manifestazioni dello scorso fine-settimana, la stessa questione principale e cioè la proposta di una pace negoziata presentata dal presidente americano Trump? Non è paradossale che la sinistra italiana si sia astenuta in Parlamento su quella proposta? Non è bizzarro che la maggior parte degli intellettuali e commentatori di sinistra abbia incentivato le avversioni al piano Trump, da essi definito in maniera del tutto inverosimile “coloniale”? È forse verosimile una tale definizione, dopo che a quel piano hanno aderito una decina di paesi arabi e che persino Hamas non lo abbia reespinto in linea di principio? La sinistra italiana non è finita con l’apparire forse più anti-israeliana di Hamas? Inverosimile, ma vero!
La probabile verità è che la sinistra, contando sull’indignazione diffusa per i massacri di Gaza, è riuscita, grazie ad una inverfosimile narrazione di giornalisti ed intellettuali di sinistra a fare di Gaza e della ambigua flotilla un affare di politica interna.
La sinistra ha visto nel movimento pro-Pal una zattera di salvataggio dalla sua frustrazione e un opportuno collante per tenere insieme il suo campo largo, strutturalmente senza un progetto e senza uno scopo (tranne quello di “mandare a casa Giorgia Meloni”) in vista delle varie elezioni regionali previste per le prossime settimane.
Nella campagna elettorale per le elezioni nelle Marche, il campo largo ha usato come argomento principale la questione Gaza e quella connessa della “flotilla umanitaria” di finti e veri indignati. Nelle Marche la strategia dell’inverosimile non ha funzionato.
In vista delle elezioni in Calabria, in Puglia Campania è sceso in campo a dare manforte (ed a porre ancora una volta la sua candidatura alla segreteria del PD) il prode Maurizio Landini. Quest’ultimo già da tempo scalpita in groppa alla sua CGIL cercando ogni nuova occasione per acquistare crediti per la sua carriera politica, come leader della sinistra. La ha trovata quando la Marina israeliana ha fermato i naviganti dell’eroica flotilla. E cosa ha fatto? Ha proclamato niente meno che uno sciopero generale, uno sciopero politico senza obbiettivi concreti per i lavoratori, ma che Landini ha definito inverosimilmente “irrinunciabile per la preservazione dei loro diritti”. In realtà lo ha fatto per non farsi scavalcare dai sindacati di base. Ma molti hanno creduto alle sue inverosimili motivazioni. Lo ha fatto per giunta senza il preavviso previsto dalla legge, per cui è stato già dichiarato illegittimo dalla Commissione di garanzia per gli scioperti. E come si è giustificato Landini? Il fermo della Flotilla e l’intera situazione a Gaza costituirebbe - secondo lui- “un colpo all’ordine costituzionale in Italia”. Boom! Una motivazione evidentemente inverosimile e persino ridicoia, a cui non solo a sinistra si finge di credere per opportunità. Gaza oblige. Quella moticazione assurda definisce il personaggio, ma anche l’abisso in cui è caduta, per suo cinismo e inconsistenza, la sinistra italiana. Per i suoi chierici mediatici la verosimiglianza della narrazione è ormai un optional: è del tutto irrilevante.
Purtroppo l’irrilevanza della verosimigliasnza sembra un fenomeno europeo non solo italiano e non solo di sinistra. Qualcosa di analogo avviene in questi giorni in Europa centro-settentrionale, dove austeri capi di governo denunciano ogni giorno piogge di droni di origine del tutto sconosciuta, ma pregiudizialmente attribuiti ad una “provocazione” russa. La stessa esaltazione di una prersunta minaccia russa è del tutto inverosimile. Ma molti gionalisti e molti intellettuali non solo di sinistra si accodano a quelle evidenti assurdità solo perché giustificherebberfo un massiccio riarmo dei paesi europei deciso in Germania e lanciato Bruxelles. Si crede all’inverosimile al nobile fine di favorire l’unificazione politica dell’Europa. Una balla politicamente motivata, come le balle inverosimili che ci vengono raccontate dagli stessi chierici mediatici sulla guerra di Gaza e sulle inverosimili flotille “umanitarie”.