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OPINIONI

DAVOS, FORUM CHE PERDE SIGNIFICATO

DAVOS, FORUM CHE PERDE SIGNIFICATO

di Raffaele Romano

Molto probabilmente questo del 2023 sarà l’anno in cui il Forum di Davos ha perso quasi completamente significato e valore. Avevamo segnalato già l’accattivante tema di quest’anno: "La cooperazione in un mondo frammentato" ebbene lo svolgimento di questi giorni lo ha sancito definitivamente: il mondo si è totalmente frammentato dopo il Covid e la guerra in Ucraina. Da un lato le insostituibili e pesanti assenze di USA e Cina che, verosimilmente, decideranno dove e quando incontrarsi per avviare le nuove linee di indirizzo economico planetario.

Di livello economico si è discusso apparentemente poco ma, al contrario, si è deciso molto in quanto ognuno seguirà, sostanzialmente, la sua strada. Si è discusso molto, invece, di Ucraina e Russia. Prima la moglie del presidente ucraino poi lo stesso presidente, in videoconferenza, hanno rimarcato la vitale esigenza di attrezzarsi al massiccio attacco previsto per la primavera da parte di Putin e per resistere Zelensky ha bisogno dei carri armati tedeschi: i famosi Leopard che Scholz, nel consueto e ormai storico atteggiamento tedesco già sperimentato per l’installazione dei Pershing e dei Cruise, traccheggia nel volerli fornire. Per contrastare gli SS20, all’epoca, la Germania ebbe bisogno che li insediasse prima l’Italia e oggi ripete il suo consueto e noto refrain chiedendo agli Stati Uniti, stavolta, di inviare i propri carrarmati Abrams. A questo punto la solerte sollecitazione è venuta dalla Gran Bretagna e dalla Polonia che, rispettivamente, hanno preannunciato la prima l’invio, a breve, dei propri carri armati Challenger 2 e l’altra di consegnare i propri Leopard all’Ucraina.

Senza troppa enfasi è, poi, scoppiata la vera “guerra economica” mascherata dietro le richieste di aiuto ucraine  per il proprio conflitto dimostrando, così, la totale frammentazione di prospettive e di strumenti messi in campo autonomamente.

Da un lato gli Stati Uniti che, da moderni allievi della scuola di Keynes e della necessità dell’intervento pubblico statale in economia, hanno calato l’asso dell’Inflation Reduction Act che, con circa 369 miliardi di dollari agirà da perfetto cocktail a base di sussidi e sgravi, darà un valido contributo alle aziende americane  per bilanciare l’aggressiva politica monetaria messa in campo dalla Fed per ridurre gli effetti dell’inflazione e del conseguente alto costo del denaro.

Inutile ricordare che una strada simile, ma più massiccia è attuata da anni dalla Cina nell’aiutare le proprie imprese che, in tal modo, possono abbattere i costi che le imprese occidentali non potevano fare.

Dall’altra parte c’è l’Europa che, come al solito e per volontà di una piccola ma robusta pattuglia di staterelli capitanati dalla piccola Olanda e dal suo primo ministro Mark Rutte perfetto palafreniere germanico, guida la pattuglia dei Paesi europei che vestono i panni dei difensori della scuola monetarista di Chicago e di tutte le conseguenti teorie liberiste. In linea con questo agguerrito gruppo c’è Christine Lagarde che al grido "L'inflazione è troppo alta, manterremo la rotta sui tassi" ovvero il continuo aumento del costo del danaro che, abbinato al forte aumento del costo della vita, genererà un fortissimo abbassamento della domanda interna dell’Europa producendo una molto probabile stagflazione ovvero la perfetta tempesta per il vecchio continente. L’inconsistenza politica della presidente della Commissione europea, la tedesca Ursula von der Leyen, è dimostrata dal suo intervento col quale ha portato le preoccupazioni di Bruxelles per i sussidi Usa per la transizione energetica e il contenimento dei prezzi, senza comprenderne la giusta e perfetta validità e omettendo l’alto costo che molti Paesi UE pagheranno.

Stamattina in un meeting Lagarde ha mantenuto fermo il proposito di continuare ad alzare i tassi  e ad evitare aiuti di Stato che, a suo dire, potranno essere solo selettivi evitando, però, di specificare quali sarebbero.  “Le prospettive per l’economia mondiale sono migliorate” ha affermato Kristalina Georgieva, direttrice operativa del Fmi, concludendo, infine, con un appello affinché si eviti la frammentazione globale perché ridurre gli scambi commerciali rischia di far perdere il 7% del Gdp il  prodotto interno lordo globale, pari a 7.000 miliardi di dollari. “Siate pragmatici - ha concluso – collaborate!”. Ma la collaborazione è già sfumata viste le contrastanti decisioni adottate dagli Stati Uniti e dall’Europa.

E l’Italia? Impegnata, come spesso capita, a guardarsi il proprio ombelico conferma la ormai trentennale incompetenza della sua classe politica inseguendo col ministro Giorgetti la propria candidatura come sede della nuova autorità anti riciclaggio, senza indicare ancora il nome della città dove Torino e Roma si sentono in prima fila. Mentre la piccola Olanda gestisce il TTF, la borsa del gas europeo.

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