Il 10 febbraio 1947 fu firmato a Parigi il Trattato di pace tra le Potenze Alleate ed Associate e l’Italia.
Nel Trattato, all’articolo 15 si impone all’Italia di assicurare i diritti dell’uomo e le altre libertà fondamentali e questa imposizione dovrebbe valere, tanto più oggi, in un’epoca dove la libertà sembra diventata un optional e dove sono optional soprattutto quelle fondamentali.
Siamo nel 1947 e l’Italia è al tavolo con la Potenze Alleate ed Associate, dopo essersi arresa senza condizioni, aver firmato i patti d’armistizio del 3 e del 29 settembre 1943 e aver dichiarato guerra alla Germania il 13 ottobre 1943.
Il trasformismo, in Italia, è endemico.
Fu così anche nella prima guerra mondiale, con il passaggio dalla Triplice Alleanza alla Triplice Intesa.
La Triplice Intesa fu una serie di singoli accordi bilaterali tra Francia, Gran Bretagna e Russia. Si oppose alla Triplice Alleanza, che legava Germania, Austria-Ungheria e Italia. I due schieramenti si fronteggiarono nella Prima guerra mondiale, ma l'Italia entrò a far parte dell'Intesa nel 1915 (patto di Londra) dopo essersi mantenuta neutrale, uscendo dall'Alleanza.
Senza vergogna, l’Italia è passata da un fronte all’altro badando solo a salvare il posteriore, non certamente la faccia.
La cancel culture, da questo punto di vista, funziona benissimo, perché cancella le vergogne e garantisce le narrazioni di comodo.
Al tavolo di Parigi di fronte all’Italia erano seduti i rappresentanti delle Repubbliche Sovietiche Socialiste, del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, degli Stati Uniti d’America, della Cina, della Francia, dell’Australia, del Belgio, della Repubblica Sovietica Socialista di Bielorussia, del Brasile, del Canada, della Cecoslovacchia, dell’Etiopia, della Grecia, dell’India, dei Paesi Bassi, della Nuova Zelanda, della Polonia, della Repubblica Sovietica Socialista di Ucraina, dell’Unione del Sudafrica, della Repubblica Popolare di Jugoslavia.
Gli aspetti militari del Trattato sono inclusi negli articoli 46 e 73 e l’articolo 46 afferma che tali clausole rimarranno in vigore salvo accordi successivi e dopo che l’Italia sia diventata membro dell’Onu e con accordi tra il Consiglio di Sicurezza e l’Italia.
Il 4 aprile del 1949 l’Italia firma l'adesione al Patto Atlantico (la NATO), che viene ratificato il 1° agosto successivo. Sul piano della ricostruzione, l’adesione dell’Italia alla North Atlantic Treaty Organization significa che, da nemico a cobelligerante, l’Italia è assurta al rango di alleato autentico.
Il 14 dicembre del 1955 l'Italia aderisce alla Carta delle Nazioni Unite, divenendo membro dell'Organizzazione.
Cosa rimane del Trattato? Un esperto di diritto internazionale potrebbe rispondere, ma la questione non è questa.
La questione è che l’Italia, sconfitta, ha firmato un trattato che è stato in gran parte superato grazie all’adesione del Paese alla Nato e all’Onu.
E’ del tutto evidente che una qualsiasi costituzione di una forza militare europea deve per forza passare dal vaglio di tre soggetti giuridici: il Trattato o quel che ne resta, la Nato e l’Onu.
Non è sufficiente andare da Macron a dire che l’Italia vuole una forza europea di difesa, facendo, di fatto, propaganda.
L’Europa non è uno Stato federale, non ha una costituzione e ha un organismo, l’Eda, che si occupa di difesa.
La ricerca per costruire tank, elicotteri, radar e tecnologia militare è entrata nel Parlamento europeo: 25 milioni di euro per bilancio del 2017 e poi per i prossimi tre anni altri 80 milioni di euro.
Dietro le divise il doppiopetto della potentissima industria delle armi per un programma di ricerca ambizioso da 3 miliardi e 500 milioni di euro chiamato “ Preparatory action on defence research ”che la Commissione europea ha inteso includere nelle linee di finanziamento in discussione in autunno e che toccherebbe il periodo 20212027.
Con la sua strategia globale nel 2016, l'UE ha aumentato il livello di ambizione in materia di sicurezza e difesa e sono stati istituiti nuovi strumenti di cooperazione: la revisione annuale coordinata sulla difesa, la cooperazione strutturata permanente, il Fondo europeo per la difesa e un piano di sviluppo delle capacità rivisto. L'EDA svolge un ruolo centrale in tutti e quattro e garantisce la coerenza tra di essi.
Due link sono di interesse per approfondire.
https://eda.europa.eu/docs/default-source/eda-magazine/edm21-single-1-48-web.pdf
Riguardo allo sviluppo di nuove armi e di nuove tecnologie i Paesi europei e le loro industrie sono in concorrenza tra di loro.
La Francia ha i suoi Rafale, ma nel 2018 Francia e Germania si sono accordate per lo sviluppo di un super caccia europeo di nuova generazione. Il nuovo jet da combattimento di quinta generazione sarà destinato a sostituire dal 2040 il cacciabombardiere di quarta generazione francese Dassault Rafale in forza all’Armèe de l’Air, e il caccia multiruolo Eurofighter Typhoon tedesco in forza alla Luftwaffe.
L’accordo franco-tedesco, tuttavia, non manca di avere crepe per quanto riguarda chi dei due partner debba avere il timone del comando.
Sempre nel 2018 l’Inghilterra ha dato il via al progetto di costruzione del modernissimo caccia di nuova generazione Tempest, un progetto con un cuore italiano e britannico, concepito da un consorzio che comprende il gruppo Leonardo.
Attualmente, pertanto, ci sono due progetti per il caccia del XXI secolo: il programma franco-tedesco ed il Tempest britannico a cui hanno aderito Italia, Paesi Bassi e Spagna.
Fermiamoci qui. Chi vuole approfondire può sbizzarrirsi a consultare i vari siti dedicati alla difesa e agli armamenti.
Come al solito l’Italia si trova a stare con i piedi in tre scarpe. La sua difesa aerea è strettamente legata ai velivoli americani, sta in un progetto con l’Inghilterra, che è uscita dall’UE e proclama che l’UE deve avere una sua difesa autonoma.
Il solito gioco delle tre carte? Trasformismo storico attualizzato in chiave propagandistica? Copertura di scelte strategiche sbagliate, trasferendo know how alla Cina? Diventeremo mai un Paese serio?








