La Cina non si ferma: svelata la mega-nave cargo nucleare spinta da un reattore al Torio
La Cina ha deciso di accelerare sul nucleare di quarta generazione e lo fa con un progetto che sembra uscito da un manuale di fantascienza industriale: una mega-nave cargo da oltre 240 metri di lunghezza, 35 metri di larghezza e una capacità stimata di 25.000 TEU, spinta da un reattore al torio da 200 MW termici (circa 80–90 MW elettrici equivalenti). Tradotto in pratica: una portacontainer in grado di attraversare il Pacifico senza consumare un solo litro di carburante fossile.
I cinesi stanno puntando sul reattore a sali fusi (MSR). Qui non ci sono barre di combustibile da raffreddare con acqua pressurizzata, ma una miscela di sali fluorurati che contiene il torio e funziona contemporaneamente da combustibile e refrigerante. Il vantaggio principale è la sicurezza intrinseca: se la temperatura sale oltre i limiti, il sale si espande e frena la reazione. In casi estremi, un “plug” di sale congelato alla base del reattore si scioglie e il combustibile si riversa in vasche di contenimento dove la reazione si spegne da sola per geometria.
L’autonomia è l’altro elemento che fa riflettere. Una nave tradizionale da 25.000 TEU brucia oltre 250 tonnellate di fuel oil al giorno. Sull’asse Shanghai–Rotterdam (circa 10.500 miglia nautiche), significa più di 6.000 tonnellate di carburante per viaggio, con un costo che oscilla tra 3,5 e 5 milioni di dollari in base alle quotazioni. Con un MSR al torio? Il reattore può funzionare per anni senza ricariche. Il risparmio operativo è enorme: Pechino stima oltre l’85% di costi in meno sul ciclo energetico della nave.
Il torio, inoltre, è abbondante: la Cina dispone di riserve stimate in circa 170.000 tonnellate, più del triplo delle sue risorse domestiche di uranio. E a differenza dell’uranio, il torio non necessita di arricchimento.
Gli Usa avevano già testato un MSR negli anni Sessanta, all’Oak Ridge National Laboratory: funzionò per 22.000 ore consecutive. Era solido, efficiente e promettente. Ma l’attenzione dell’epoca era tutta per i reattori a uranio utili anche al settore militare.
L’impatto geopolitico è immediato. Un cargo che non deve fare rifornimento:
• riduce la dipendenza dalle rotte petrolifere, inclusi gli inevitabili colli di bottiglia come Suez, Hormuz, Bab el-Mandeb;
• taglia le emissioni in un settore che oggi vale il 3% della CO₂ mondiale;
• sottrae potere ai Paesi che controllano bunkeraggi, raffinerie e porti di rifornimento.
Europa e Stati Uniti osservano con qualche inquietudine: se il prototipo funziona, la Cina può standardizzare la tecnologia che significherebbe un vantaggio industriale di proporzioni gigantesche.
La differenza è che stavolta il carburante non si compra: si costruisce. E chi riesce a costruirlo detta le regole del gioco.







