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NETANYAHU E IL NO ALLO STATO PALESTINESE

NETANYAHU E IL NO ALLO STATO PALESTINESE

Netanyahu e il “no” definitivo allo Stato palestinese: ragioni, strategia e rischi

La linea di Benjamin Netanyahu resta immutata: mai uno Stato palestinese e disarmo totale di Hamas. Per il premier, è l’unica via per garantire la sicurezza di Israele, anche a costo di tensioni con alleati e divisioni interne.

Hamas è considerato non un attore politico, ma un’organizzazione armata capace di ricostruire rapidamente il proprio arsenale; il disarmo diventa così prerequisito per chiudere il conflitto.

Nella sua lettura uno Stato palestinese significherebbe istituzionalizzare una minaccia, motivo per cui Israele manterrà una presenza militare a Gaza anche dopo le operazioni.

Netanyahu valuta il piano statunitense entro confini rigidi: ostaggi, smantellamento delle roccaforti di Hamas, garanzie di sicurezza, mentre il rifiuto dello Stato palestinese rafforza la destra interna e gli dà margine negoziale con Washington e gli attori regionali.

La deterrenza resta centrale: se Hamas non accetta la smilitarizzazione, Israele userà la forza. Ma gli analisti avvertono che questa strategia può prolungare la violenza. Un rifiuto del disarmo aprirebbe a una nuova escalation, con pesanti conseguenze umanitarie e ulteriori danni all’immagine internazionale di Israele.

L’intransigenza potrebbe inoltre isolare Gerusalemme, mentre pressioni esterne rischiano di indebolire la sua stessa coalizione. Resta irrisolto il nodo del dopo-Hamas: il controllo militare non sostituisce una governance civile stabile. Senza istituzioni credibili, Gaza rischia di diventare una zona grigia, smilitarizzata ma priva di sovranità e capacità amministrativa.

Sul piano morale e politico, negare la prospettiva di uno Stato palestinese alimenta frustrazione e radicalizzazione, indebolendo ogni percorso di pace. La strategia di Netanyahu risponde a un obiettivo chiaro neutralizzare Hamas e controllare il territorio ma non offre una soluzione politica sostenibile. Israele insiste sulla forza; il mondo chiede una via diplomatica. Tra queste due visioni divergenti si gioca il futuro di Gaza e della regione.

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