“Niente ebrei, niente notizie?” chiede Lévy; il mondo tace di fronte al genocidio dell’RSF in Sudan.
Alla fine di ottobre 2025, il gruppo paramilitare Rapid Support Forces (RSF) ha lanciato un assalto decisivo alla città di El Fasher, nel Nord del Darfur, segnando una svolta cupa nella guerra in corso in Sudan. Dopo diciotto mesi di assedio, l’ultimo presidio dell’esercito nazionale in Darfur è finalmente caduto, costringendo decine di migliaia di civili alla fuga e lasciando dietro di sé uno scenario di carneficina.
Le stesse voci che accusavano Israele di genocidio per i suoi tentativi di salvare gli ostaggi ora tacciono inspiegabilmente. Le vite dei palestinesi valgono forse più di quelle dei sudanesi? Mentre gli ex miliziani Janjaweed massacrano cristiani, non ci sono manifestazioni che chiedano l’intervento della comunità internazionale. Le RSF, gruppo paramilitare sudanese nato dall’evoluzione delle milizie Janjaweed attive durante il conflitto del Darfur, incarnano un’ideologia profondamente radicata nel nazionalismo arabo e nell’identità islamica.
Ufficialmente costituite nel 2013 sotto il governo sudanese, le RSF sono state descritte da analisti come un movimento improntato a un’idea di supremazia araba, definendosi in contrapposizione alle popolazioni non arabe delle regioni occidentali e meridionali del Sudan.Questo pregiudizio etnico e religioso ha modellato le loro campagne militari e le atrocità commesse: violenze motivate da razzismo, espulsioni forzate, esecuzioni di massa, e attacchi mirati contro comunità africane e non arabe.
I loro leader presentano le azioni del gruppo come una difesa del dominio arabo e islamico all’interno del fragile tessuto sociale del Sudan. In realtà, l’operato delle RSF rivela una fusione di islamismo militante e ideologia etnonazionalista, che continua ad alimentare la brutale guerra civile del paese.
Le RSF avevano circondato la città di El Fasher con terrapieni e blocchi di rifornimenti per mesi, tagliando ogni accesso agli aiuti umanitari e ogni via di fuga per i civili. Il 26 ottobre 2025, hanno annunciato di aver preso il pieno controllo del quartier generale della 6ª Divisione dell’esercito e di altre posizioni strategiche all’interno della città. Una volta conquistato El Fasher, numerose fonti credibili hanno riportato uccisioni di massa, esecuzioni sommarie, perquisizioni casa per casa, e attacchi contro ospedali e civili in fuga.
Immagini satellitari e video mostrano ammassi di corpi negli spazi pubblici e grandi macchie rosse di sangue sul terreno, compatibili con stragi di vasta scala.Uno degli ospedali, il Saudi Maternity Hospital, sarebbe stato preso d’assalto: decine di feriti, civili e soldati, sarebbero stati uccisi nei loro letti. Secondo reti mediche e osservatori per i diritti umani, il bilancio delle vittime si conta probabilmente a migliaia. Una stima prudente parla di almeno 1.500 civili uccisi in pochi giorni, ma altre fonti parlano di oltre 2.000 morti.
Si ipotizzano motivazioni etniche, con le RSF che avrebbero colpito in particolare le comunità sedentarie non arabe del Darfur, spingendo le organizzazioni per i diritti umani a definire l’attacco “un vero genocidio”.
La caduta di El Fasher implica che il Darfur, un tempo regione contesa, è ora quasi interamente sotto il dominio delle RSF, lasciando la presenza dell’esercito nazionale frammentata e la regione di fatto divisa. Le Nazioni Unite hanno avvertito che le conseguenze sono gravissime: la catastrofe umanitaria si sta aggravando, con centinaia di migliaia di persone intrappolate, sfollate o in fuga.
A peggiorare la tragedia c’è il collasso delle comunicazioni e dei collegamenti. Le agenzie umanitarie segnalano che molte aree sono inaccessibili.I civili raccontano episodi di saccheggi, arresti arbitrari e richieste di riscatto da parte delle RSF o di gruppi alleati, come condizione per poter lasciare la zona.
Le reazioni regionali e internazionali, pur rapide nella condanna, restano inefficaci sul piano operativo. Governi, ONU e organizzazioni per i diritti umani hanno chiesto indagini, responsabilità per i responsabili e l’apertura urgente di corridoi umanitari.
Per la popolazione di El Fasher, emerge un ritratto agghiacciante della guerra nel suo volto peggiore: una città un tempo considerata un rifugio relativo si è trasformata in un luogo di sangue e terrore
.La più ampia guerra in Sudan scatenata dalla lotta per il potere tra l’esercito nazionale e le RSF iniziata nell’aprile 2023 è già segnata da una sofferenza incalcolabile; ma gli eventi di El Fasher potrebbero rappresentarne il capitolo più brutale.
Guardando al futuro, le domande cruciali riguardano le operazioni di soccorso per i civili intrappolati, la documentazione e l’indagine sui crimini di guerra, e la possibilità di voltare pagina sulla tragedia del Darfur. Il silenzio è assordante. Sembra che solo le vite dei palestinesi contino, o che contino solo quando Israele è coinvolto.







