di Cristina Di Silvio
La CEDU "festeggia" 75 anni: Il Trattato Vivente che Ridefinisce i Diritti Umani in Europa
Abstract:
Il 4 novembre 2025 segna i settantacinque anni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), un trattato che non è solo una pietra miliare nella storia giuridica dell’Europa, ma un faro che continua a illuminare la lotta per la giustizia e la dignità umana. Con il suo potere vincolante e la giurisprudenza in continua evoluzione, la CEDU ha trasformato i diritti fondamentali in principi universali e inalienabili, sfidando le crisi politiche, tecnologiche e sanitarie del nostro tempo. Questo anniversario non è una mera commemorazione, ma un appello a vivere quotidianamente il suo spirito, a farlo respirare attraverso le decisioni politiche, giuridiche e individuali. La CEDU non è una reliquia del passato, ma un organismo vivente, il cuore pulsante di un’Europa che deve continuare a difendere la libertà, la giustizia e la dignità contro le sfide di un mondo in continuo mutamento.
Il 4 novembre 2025 non è solo una data che segna l’ennesimo anniversario, ma un richiamo imperioso al cuore pulsante della giustizia europea. Settantacinque anni dalla firma della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) non sono un semplice numero, ma il battito di un’Europa che, ancora oggi, si interroga sulla sua capacità di difendere ciò che di più sacro possiede: la dignità della persona. È una data che non celebra la storia, ma ci sfida ad affrontare la realtà di oggi, mentre i diritti umani sono messi alla prova dalle onde tempestose del nostro tempo. Nel 1950, un continente frammentato dalla guerra e piegato dalle macerie morali e materiali, si trovava di fronte a una scelta storica: restare prigioniero di un passato di divisioni o scrivere una nuova pagina di diritto. La CEDU fu la risposta: non solo un trattato internazionale, ma l’affermazione di un principio inalienabile, una roccia giuridica su cui fondare l’Europa post-bellica. La firma di quella convenzione non fu un atto burocratico, ma un’epocale promessa: che la giustizia non sarebbe più stata lasciata ai margini, vincolata dalle logiche nazionali, ma che un nuovo tribunale – la Corte europea dei diritti dell’uomo – sarebbe stato il guardiano di quei diritti universali. Eppure, come ogni promessa che davvero conti, la CEDU non si è mai limitata ad essere un semplice testo sacro. È, piuttosto, un organismo vivente, come la Corte di Strasburgo ama definirlo. Un trattato che, grazie alla sua giurisprudenza evolutiva, non solo ha adattato i diritti fondamentali alle nuove sfide, ma ha saputo porre le basi di una vera e propria “Costituzione” europea. Non una costituzione di carta, ma una che si plasma nel contesto, nei volti, nelle vite di chi, ogni giorno, combatte per la giustizia. In questo, la CEDU diventa un motore giuridico che non si accontenta di riflettere il passato, ma sfida il presente e il futuro. Nel corso di questi settantacinque anni, la Corte ha interpretato e riscritto continuamente il significato di libertà e giustizia, dalla tutela dei diritti privati fino alla protezione della dignità umana contro gli abusi di stato, dalla libertà di espressione fino alla protezione dei più vulnerabili. Ciò che era stato pensato per garantire un diritto alla vita libera dalla tortura (art. 3), si è evoluto in un principio che guida la politica dei migranti, che protegge i dati personali in un mondo digitale sempre più invadente. Ciò che era stato concepito come un diritto alla privacy (art. 8), si è trasformato in una muraglia contro le minacce della sorveglianza di massa, dell’intelligenza artificiale e della profilazione algoritmica, che minacciano oggi ogni angolo della nostra esistenza. La CEDU non è quindi un vestigio del passato: è un faro che ancora illumina le nostre scelte morali e politiche, e il suo “living instrument” non è solo una dottrina giuridica, ma un richiamo incessante al nostro dovere di giustizia. Ma c’è un altro, fondamentale, interrogativo che la CEDU solleva in questo anniversario. Oggi, come nel 1950, i diritti fondamentali non sono più solo una questione di leggi, ma una battaglia filosofica. La CEDU ci interroga ogni giorno sulla nostra capacità di bilanciare la sicurezza e la libertà, la tecnologia e la privacy, l’individuo e la collettività. Le crisi geopolitiche e le emergenze sanitarie hanno già messo alla prova la sua flessibilità, e la pandemia di COVID-19 ha messo in evidenza una delle questioni più delicate di tutte: può lo Stato, in nome della salute pubblica, sospendere i diritti fondamentali, come la libertà di movimento o il diritto alla privacy? La CEDU ha permesso alle democrazie di affrontare queste sfide, ma la domanda resta: è davvero possibile tutelare i diritti umani mentre si fronteggiano le emergenze? E quale giustizia possiamo aspettarci quando la libertà di un individuo viene sacrificata per il bene di molti? L’Europa, oggi come ieri, si trova ad affrontare un incrocio storico. In un mondo che cambia velocemente, dove la tecnologia modifica le nostre vite e la geopolitica rimescola le carte, la CEDU è chiamata a riscrivere ogni giorno la sua storia. Ma l’Italia, come ogni Paese firmatario, ha una responsabilità ulteriore: quella di non limitarsi ad applicare passivamente la CEDU, ma di integrarla attivamente nella sua realtà giuridica e sociale. In un’Europa che si definisce libera, democratica e rispettosa dei diritti umani, come possiamo rimanere fedeli alla promessa della CEDU, se non assicurandoci che le sue sentenze non siano mai disattese? Nel 2025, a settantacinque anni dalla sua nascita, la CEDU non è solo una reliquia da celebrare, ma un grido per il futuro. La sua “vita” giuridica è il nostro compito più urgente: farla vivere non solo nei tribunali, ma nel cuore di ogni cittadino, nelle politiche di ogni governo, nelle decisioni di ogni giudice, nei passi di ogni individuo. Come disse Teitur Thorgeirson nella storica sentenza Tyrer c. Regno Unito, “la Convenzione è uno strumento vivente, che deve essere interpretato alla luce delle condizioni attuali”. Se davvero i diritti sono in evoluzione, se davvero vogliamo celebrare questa eredità, allora dobbiamo fare in modo che la CEDU continui a respirare e a battere, oggi, domani e sempre. Perché è solo così che la CEDU non diventerà mai un ricordo, ma resterà un faro.







