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GEOPOLITICA

IL TRUMP2, IL RITORNO

IL TRUMP2, IL RITORNO

     
     

di Cosimo Risi

            Ad un anno dalla sua rielezione alla Casa Bianca sulla scorta di un largo consenso, Donald Trump vanta un bilancio internazionale così così. Adoperiamo questa espressione del linguaggio comune per fare la tara fra le dichiarazioni altisonanti che precedono e seguono gli appuntamenti ed i risultati parziali se non effimeri.

            Era molto atteso il vertice coreano con Xi Jinping. Prima le telefonate a chiarire le intenzioni, poi gli incontri a livello ministeriale, infine l’incontro diretto. Il linguaggio dei corpi, cui si esercitano soprattutto i media americani alla ricerca di uno sguardo, una smorfia, una postura, mostra l’americano sorridente e quasi affabile ed il cinese compunto e quasi riluttante verso esternazioni di eccessiva cordialità. Il solito enigmatico sorriso orientale rispetto alla ridondanza occidentale? 

Uscendo dal cliché si capisce che Trump aveva più da chiedere che da dare. Le ripetute decisioni, solo parzialmente corrette, di aumentare il bagaglio tariffario a carico delle merci cinesi, la classificazione richiederebbe uno studio a parte, si sono scontrate con la fermezza cinese. La contro decisione di Pechino di controllare le esportazioni di terre rare, i minerali necessari all’Hi-tech per funzionare, e ridurre le importazioni di soia ha provocato una crisi nei rapporti fra l’Amministrazione ed i suoi sponsor: i tecnocapitalisti e gli agricoltori.

            La Cina ha la strumentazione per ribattere colpo su colpo alle restrizioni americane ed imporre a sua volta restrizioni altrettanto lesive. Il vertice produce una sorta di armistizio, la parola è opportuna trattandosi di guerra economica fra le due potenze. La de-escalation tariffaria dovrebbe durare un anno, Trump la vorrebbe più lunga, probabilmente fino alla fine del mandato.

            Sono stati toccati i temi strategici del rapporto sino-russo e di Taiwan? Non è dato sapere se non che Trump avrebbe chiesto a Xi, e questi sarebbe d’accordo, di lavorare insieme alla soluzione della crisi ucraina. La Cina ridurrà le importazioni di idrocarburi russi e la fornitura di pezzi per le armi? È probabile che oltre alle buone intenzioni non vi sia granché di concreto. La prova indiretta è data dalla fermezza del terzo incomodo. Vladimir Putin continua a visitare le basi militari ed inaugurare il lancio di armi micidiali. Sorprende che Trump, subito dopo il colloquio ed in probabile relazione al riarmo cinese, annunci la ripresa degli esperimenti nucleari. Per l’esplosione di bombe o per i vettori che dovrebbero trasportarle?

            Il quarto incomodo Benjamin Netanyahu continua nella sua singolare interpretazione del cessate il fuoco a Gaza. Questo si accende e si spegne in funzione delle minacce che le IDF ricevono sul terreno e della lentezza con cui Hamas restituisce le salme degli ostaggi. La contabilità delle vittime palestinesi e, meno, israeliane continua a salire. Il crescendo è intollerabile sul piano umanitario, sarebbe il sacrificio necessario a debellare l’organizzazione terroristica.

            Donald Trump minimizza. Il “suo” piano di pace sopravvive alle scaramucce del giorno dopo. La Forza Internazionale di Stabilizzazione che dovrebbe riportare l’ordine è di là da venire. I paesi arabi invitati declinano l’invito. Comincia la Giordania, segue il Qatar per l’obiettiva difficoltà a fornire i militari che non ha, esita l’Egitto. Si fanno avanti i paesi musulmani come la Turchia, non accetta a Israele, Pakistan, Indonesia. Quando si schiererà la FIS e con quali regole d’ingaggio? Il ritardo nel dispiegarla offre il destro al Governo di Gerusalemme di continuare l’operazione in proprio: disarmare Hamas per disarticolarlo definitivamente. Si discute dell’idea americana di garantire ai miliziani una uscita sicura dalle zone controllate dalle IDF. Per riparare dove ed a quali condizioni?

            Ed infine persino l’amico ritrovato Putin delude il Presidente. Il vertice annunciato è rinviato a data imprecisata. A consigliare il rinvio è il Segretario di Stato dopo un infruttuoso colloquio con l’omologo russo. Mosca non ha intenzione di negoziare. Non al momento almeno. Quando avrà l’intenzione? Quando l’America applicherà le minacciate sanzioni aggiuntive?

            Molti interrogativi pesano sulla strategia trumpiana. Non è detto che personalizzarla in maniera così vistosa sia una scelta felice. I successi vengono imputati all’autore, parimenti gli insuccessi.

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