di Francesco Pontelli
Sembra incredibile come, ancora oggi, si continui a cercare un unico fattore determinante della crescita economica, nel tentativo di evitare di individuare e assumersi le responsabilità dei molteplici elementi che invece la frenano.
In altre parole, invece di comprendere come un mercato privo di regole abbia favorito le economie a basso costo della manodopera, si elude un problema complesso che riguarda anche la responsabilità di chi ha delocalizzato il know-how manifatturiero, frutto di decenni, se non secoli, di investimenti industriali e professionali.
A questo errore strategico si aggiunge la scellerata politica europea che ha adottato in modo ideologico, e di conseguenza irrazionale, il Green Deal, i cui effetti sono evidenti già da anni, sia nel settore dell’automotive sia in quello dell’acciaio, con la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Appare oggi assolutamente inaccettabile un’analisi così imbarazzante che individua in un solo processo spontaneo, quale è ogni evoluzione tecnologica, la chiave di lettura capace di rilanciare l’economia europea. Il senso di inadeguatezza è evidente: a una problematica complessa si risponde con una strategia semplice e banale, basata su un unico fattore. Una visione, per di più, ingenua.
Eppure basterebbe ascoltare gli operatori economici, in particolare quelli industriali, che all’unisono chiedono a gran voce la riduzione del carico fiscale e del costo dell’energia per restituire competitività alle imprese. Queste ultime operano in un periodo di forte tensione internazionale, non solo bellica ma anche finanziaria, mentre si profila un ulteriore accordo di libero scambio con l’India, le cui imprese beneficiano di condizioni di dumping retributivo, fiscale, energetico e normativo rispetto a quelle europee. Senza dimenticare che l’India è divenuta l’hub del petrolio russo.
Al silenzio, altrettanto colpevole, del governo Meloni in materia di strategia energetica fa eco un altrettanto imbarazzante intervento di Mario Draghi sull’economia europea. In fondo, esprimono entrambi la medesima visione, ritrovandosi di fatto sullo stesso piano.








