dí Marco Sarli
In merito all’articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi, riguardante la richiesta di protezione della legge fallimentare statunitense da parte della mega finanziaria Tricolor, credo proprio, sulla base della mia decennale esperienza nella redazione del blog quotidiano “Il diario della crisi finanziaria” (diariodellacrisi.blogspot.com) che la situazione sia allo stato molto più grave e preoccupante.
Ciò in quanto, come peraltro accennano i due autori dell’articolo citato, il meccanismo è identico a quello utilizzato dalle decine di finanziarie statunitensi fallite contemporaneamente all’inizio di settembre del 2007.
Certo, allora si parlava di mutui residenziali subprime e, almeno su questi, la Commissione presieduta da Mario Draghi ha posto dei “paletti” alquanto efficaci e tradotti nei vari Accordi di Basileia, quegli stessi Accordi sui quali tuonano da qualche tempo Jamie Dimon (chairman e CEO di J.P. Morgan-Chase, la più grande istituzione finanziaria statunitense e forse una delle più grandi al mondo) seguito a ruota dai numeri uno delle Investment Banks e da quelli delle banche più o meno globali operanti negli Stati Uniti e a livello mondiale.
Il problema non è quindi limitato al finanziamento delle vendite di autovetture, ma riguarda la cartolarizzazione dei finanziamenti collegati al credito al consumo in generale, incluse le micidiali zip-zip delle carte di credito revolving (cioè a restituzione rateale).
Parliamo nel complesso di un mercato di 17 trilioni di dollari, con riferimento in larga parte a finanziamenti non erogati direttamente da banche di ogni ordine e grado, ma da finanziarie che sono use a sollecitare il cliente senza applicare allo stesso quei criteri di affidabilità che le banche sono, volenti o nolenti costrette a seguire.
Nella prefazione a “Il gran nocchiero”, il mio interlocutore mi chiede se sia possibile una nuova Tempesta Perfetta e io gli rispondo che è perfettamente possibile affermando che gli apprendisti stregoni delle fabbriche prodotto delle Investment Banks e delle banche più o meno globali non sono stati in questi anni di certo con le mani in mano, e certo questa relativamente recente produzione di titoli tossici si va’ fatalmente ad aggiungere ad uno “stock” di decine di trilioni di dollari a livello globale.
D’altra parte, che le cose stessero volgendo al peggio l’ho sperimentato in prima persona quando la mia banca, BNP Paribas, ha ritirato da fine ottobre le sue carte revolving, in realtà alla luce dei tassi applicati una vera e propria gallina dalle uova d’oro e lo ha fatto a livello globale.







