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ECONOMIA

ITALIANI UN POPOLO DI SANTI, POETI  E ...RISPARMIATORI

ITALIANI UN POPOLO DI SANTI, POETI E ...RISPARMIATORI

Italiani, santi, poeti e…risparmiatori (e a qualcuno non va giù).



Siete parte del ceto medio? Allora siete in via d’estinzione. E dovreste leggere con attenzione ciò che oggi si definisce “cambio di paradigma”.

L’Italia, storicamente paese di risparmiatori e proprietari di casa, sta entrando in una nuova fase geopolitico-economica: un’operazione silenziosa, mascherata da transizione ecologica, che mira a scardinare il concetto stesso di proprietà privata diffusa. Il bersaglio è il patrimonio immobiliare italiano — 9.500 miliardi di euro di valore complessivo — la più grande ricchezza popolare d’Europa.

I fondi sovrani di oltre 40 nazioni, con una potenza di fuoco stimata in 4.500 miliardi di euro, che hanno già tentato di mettere le mani sui grandi asset pubblici. Ora cambiano strategia: si rivolgono al settore privato, alle case costruite con decenni di risparmi, lavoro e mutui familiari.

Sotto il vessillo della sostenibilità, Bruxelles ha approvato un piano che impone la riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare europeo. L’obiettivo dichiarato è la neutralità climatica entro il 2050. Ma in Italia, dove il 74% degli edifici è stato costruito prima del 1990, i costi stimati per adeguarsi oscillano tra 35.000 e 60.000 euro per abitazione.

Chi non potrà permetterselo? Milioni di famiglie. E a quel punto entreranno in scena i “salvatori”: fondi e investitori stranieri pronti a finanziare i lavori in cambio della proprietà o di quote del bene, trasformando la casa — da sempre bene rifugio degli italiani — in un bene a noleggio.

Il rischio è evidente: gli italiani passerebbero dall’essere proprietari a inquilini nel loro stesso Paese. L’obiettivo non dichiarato è ridurre la libertà economica individuale e rendere il cittadino “ricattabile”, dipendente da chi possiede la struttura fisica in cui vive.

Eppure la casa ha sempre rappresentato la sicurezza del ceto medio: un bene concreto, capace di sostenere generazioni e di proteggere il sistema sociale anche nei momenti di crisi del debito. È grazie a questo patrimonio che l’Italia ha potuto reggere ondate inflazionistiche, austerità e recessioni.

Una volta il mutuo serviva per il mattone, per costruire futuro e stabilità. Oggi si accende credito per consumare, non per investire. È una mutazione antropologica prima che economica. Se non si torna a un modello keynesiano, dove la spesa pubblica sostiene l’occupazione e la casa rappresenta un capitale reale, l’Italia rischia di diventare un Paese-vetrina: musei, hotel e servizi di lusso per i ricchi che verranno a guardare ciò che resta della nostra civiltà industriale e creativa.

Il piano “green” della UE, nella sua forma attuale, non è un piano ecologico: è una cessione programmata di sovranità patrimoniale. OpenIndustria lancia un appello: difendere la casa significa difendere la dignità economica e la libertà dei cittadini.

E un’ultima domanda resta sospesa nell’aria: come mai i grandi analisti e giornalisti economici tacciono?

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