Le Formelle del Campanile di Giotto: un itinerario iniziatico tra ingegno umano, conoscenza e ascesa spirituale
L’interpretazione esoterica delle formelle del Campanile di Giotto converge su un principio cardine: la torre si configura come un asse mundi, un ponte verticale che riconnette cielo e terra, il visibile e l’invisibile, l’umano e il divino. Il ciclo scultoreo che la percorre non è una semplice celebrazione di arti e mestieri, ma un tracciato ascensionale che restituisce sacralità al lavoro, dignità all’ingegno e valore salvifico alla conoscenza.
Giotto, insieme ad Andrea Pisano e in seguito a Luca della Robbia, costruisce un racconto simbolico che, dal basamento al coronamento, accompagna l’uomo lungo un itinerario iniziatico: prima nel regno della materia, poi in quello delle arti e delle scienze, infine nelle sfere delle virtù e della contemplazione.
Alle fondamenta si trovano la Creazione dell’uomo, l’agricoltura, la pastorizia, la metallurgia: è il livello della fatica originaria, della terra, del gesto primigenio che apre la possibilità dell’opera.
Salendo verso l’alto del Campanile, le formelle mostrano le arti e le scienze, dove la dimensione quotidiana del lavoro si trasfigura nel sapere. Le tavole esagonali e romboidali dialogano tra loro in un rapporto speculare: alle attività dell’uomo seguono le virtù cardinali e teologali, gli insegnamenti del trivio e del quadrivio, fino alla rappresentazione dei pianeti. È l’annuncio di una corrispondenza profonda: la tecnica non contraddice lo spirito, ma lo serve; la conoscenza non è alternativa alla fede, ma ne costituisce uno dei volti.
Gli antichi maestri raffigurati non sono semplici figure storiche, ma archetipi dell’intelletto umano che partecipa all’armonia del cosmo.
Fidia incarna la Scultura; Apelle, reinterpretato da Pisano, la Pittura; Elio Donato la Grammatica; Platone e Aristotele la Dialettica; Orfeo la Musica, in un mondo che si fa docile al suo canto; Euclide la Geometria; Pitagora l’Aritmetica, a suggello dell’ordine numerico che sostiene la creazione. Queste presenze, più che citazioni, sono epifanie di un sapere che non è solo umano, ma cosmico.
Le formelle dedicate all’Astronomia, al Trivio e al Quadrivio rafforzano la medesima architettura simbolica: la conoscenza non illumina soltanto il mondo, ma guida l’ascesa interiore. Così, l’intero Campanile finisce per configurarsi come una scala: alla base l’origine, al centro l’opera dell’uomo, nei registri superiori la trasparenza dello spirito.
E proprio al vertice di questo itinerario, nel punto più alto del Campanile, si collocano le statue dei profeti e delle sibille, distribuite nelle sedici nicchie dell’ultimo registro. Queste figure, scolpite in periodi diversi, da Andrea Pisano fino a Donatello rappresentano il compimento simbolico dell’ascesa: i profeti, portatori della parola rivelata, e le sibille, custodi dell’antico sapere oracolare, testimoniano l’incontro fra tradizione biblica e sapienza pagana. La loro posizione elevata allude al passaggio dal tempo all’eternità: dalla conoscenza come fatica e conquista, alla conoscenza come visione. Sono loro, più delle formelle, a sigillare il Campanile come “pilastro della sapienza”, punto in cui lo sguardo umano viene trasfigurato in sguardo profetico.
La fine dell’ascesa ricorda una Madonna col Bambino di Andrea Pisano nella celebre iconografia del “solletico”. Nel gesto affettuoso del Figlio che sfiora il volto della Madre si custodisce un insegnamento parallelo: dopo aver cercato il divino nell’ingegno, nelle arti e nella mente, l’uomo lo ritrova nell’intimità più semplice, nel luogo in cui l’umano e il divino si sfiorano.
Il Campanile di Giotto non è una torre decorata, ma una summa simbolica: il viaggio dell’uomo che, attraverso il lavoro, la conoscenza e la virtù, risale verso la luce.
Ogni formella è una soglia, ogni passo verso l’alto, una conquista interiore.







