Laura Luigia Martini*
Figlio della seconda rivoluzione quantistica, e della relativa capacità di manipolare attivamente i singoli sistemi per sviluppare nuove tecnologie, il calcolo computazionale quantistico è quella nuova forma di computazione che sfrutta i principi della meccanica quantistica (come quello di sovrapposizione o l’entanglement), per risolvere problemi estremamente complessi in maniera esponenzialmente più rapida rispetto ai computer classici. Certamente una delle scoperte più rilevanti e di maggior impatto nel mondo industriale dell’era moderna.
E proprio nel 2025, designato dalle Nazioni Unite ”Anno Internazionale della Scienza e della Tecnologia Quantistica”, a celebrazione dei 100 anni dalla nascita della meccanica omonima, lo scorso 7 ottobre il Premio Nobel per la fisica è stato conferito a John Clarke, dell’Università della California Berkeley, Michel Devoret, dell’Università di Yale e John Matthew Martinis dell’Università della California Santa Barbara, per aver dimostrato l’effetto tunnel e la quantizzazione dell’energia a livello macroscopico in un circuito elettrico.
Nell’enunciato, è proprio la parola “macroscopico” a costituire la vera rivoluzione della scoperta, una parola che riassume in sé una delle conquiste sperimentali più rilevanti della fisica moderna, ovvero la dimostrazione che, in talune condizioni, le leggi controintuitive del mondo subatomico dell’infinitamente piccolo possono manifestarsi all’occhio umano.
I tre scienziati sono riusciti nell’impresa di costruire un circuito elettrico con caratteristiche di superconduttività, un sistema dunque macroscopico, che rivela intrinsecamente la sua natura quantistica: si tratta sostanzialmente di miliardi di particelle di dimensioni infinitesimali che adottano il comportamento di un’entità quantistica unica in grado di attraversare una barriera energetica, ovvero il cosiddetto tunnelling quantistico.
Ma per comprendere appieno l’importante scoperta è necessario fare un passo indietro.
Nella meccanica classica si applica la legge di conservazione dell'energia, secondo la quale, sebbene l'energia possa essere trasformata da una forma all'altra, in un sistema isolato essa rimane costante nel tempo, il che implica che un corpo risale un dislivello solamente se gli si imprime una sufficiente energia aggiuntiva.
Al contrario, nell’ambito della meccanica quantistica una particella ha una probabilità diversa da zero di attraversare spontaneamente una barriera di energia potenziale arbitrariamente alta. L’esempio più noto è quello di un elettrone che si muove ad energia cinetica costante e che, sebbene a un certo punto si trovi ad affrontare una barriera energetica più alta di quella che potrebbe superare, esiste tuttavia una probabilità che si trovi dall’altra parte della barriera dopo un certo lasso di tempo. Nel caso di una barriera potenziale unidimensionale infatti, l’equazione di Schrödinger, che descrive l’evoluzione temporale dello stato di un sistema quantistico, è rappresentata da una funzione esponenziale descrescente, ovvero non raggiunge mai il valore zero. Naturalmente, e in conformità con il principio di indeterminazione di Heisembeg, la particella sarà osservabile prima e dopo l’attraversamento della barriera, ma non durante. È l’effetto tunnel, ed è uno dei concetti più controintuitivi in fisica, eppure esistono numerosissime prove della veridicità di questo fenomeno, a partire dal decadimento radioattivo che di fatto è una fissione spontanea, o dalle reazioni nucleari che muovono i corpi celesti come il nostro Sole e che senza di esso non si innescherebbero mai. Cito un ultimo esempio, che è stato di utilità negli esperimenti degli scienziati Clarke, Devoret e Martinis: la giunzione Josephson. Si tratta di due strisce di superconduttori separate da un dielettrico, per cui, grazie all’effetto tunnel, coppie di elettroni superconduttori, dette coppie di Cooper, possono attraversare questo strato, consentendo alla corrente di passare e creando un collegamento per dispositivi come i qubit dei computer quantistici.
Ed eccoci alla domanda che ha portato all’attribuzione del Nobel. Dove finisce il dominio della fisica classica e dove comincia quello della fisica quantistica? Sappiamo dal principio di sovrapposizione quantistica che un sistema quantistico può esistere in più stati contemporaneamente, finché non viene misurato, allorquando collassa in uno degli stati possibili e ad ogni stato è assegnata una certa ampiezza di probabilità. Ciò implica che su scala atomica e subatomica un oggetto può esistere in una sovrapposizione di infinite realizzazioni di sé, ma è altrettanto vero che ciò non accade nella realtà osservabile a livello macroscopico. Stessa cosa dicasi per l’effetto tunnel appena spiegato, per cui nessuno di noi, nella realtà macroscopica, si aspetta di vedere oggetti localizzati che attraversano le pareti!
Cito da una recentissima pubblicazione del Centro Ricerche Enrico Fermi: “In questo contesto i tre fisici hanno dimostrato sperimentalmente che due comportamenti tipicamente quantistici, l’effetto tunnel e la quantizzazione dell’energia, possono essere osservati in un sistema composto da tantissimi elettroni che agiscono collettivamente, ovvero in un circuito elettronico visibile. Per realizzarlo hanno utilizzato circuiti superconduttori con giunzioni Josephson. La scoperta dei tre premi Nobel ha reso possibile la realizzazione di circuiti elettrici che si comportano come oggetti quantistici, i “qubit”, aprendo la strada alla tecnologia dei computer quantistici basati su superconduttori.”.
Le condizioni sperimentali dei materiali superconduttori includono temperature molto vicine allo zero assoluto e la possibilità di annullare qualsiasi resistenza al passaggio della corrente: miliardi e miliardi di particelle perdono la loro individualità e si condensano in uno stato quantistico che Wired definisce “coerente”, nel senso che sono descritti da un’unica funzione d’onda. Gli elettroni cominciano a muoversi come un tutt’uno senza incontrare nessuna resistenza elettrica e noi abbiamo così raggiunto il confine tra il mondo microscopico e quello macroscopico, una sorte di Macroscopic Quantum Tunnelling.
La ricerca che ha portato a questo Nobel parte da lontano. I tre scienziati, dopo diversi tentativi non riusciti, nel 1984 misero a punto un sistema di filtri capace di isolare a sufficienza il sistema dall’ambiente per poter osservare per la prima volta che un circuito superconduttivo si comportava in modo quantistico. Non erano le coppie di Cooper allora a fare effetto tunnel, ma l’intero circuito, come ben spiegato in un articolo di “Scienza in Rete”. Cito dallo stesso articolo: “Nel 1985 Clarke, Devoret e Martinis completarono l’esperimento, mostrando che il sistema aveva livelli quantizzati di energia. Usando delle microonde, i tre scienziati riuscirono infatti a portare il circuito negli stati eccitati. La possibilità di controllare lo stato del circuito aprì la strada alla realizzazione dei primi qubit, bit quantistici, basati su circuiti superconduttori”. Nel 2019 gli stessi scienziati annunciarono in un articolo sulla rivista Nature, di aver ottenuto, per la prima volta nella storia, il cosiddetto vantaggio quantistico, ovvero la capacità di un computer quantistico di risolvere un problema in modo significativamente più veloce di un computer classico, tesi poi riconfermata da analoghi esperimenti nel mondo.
Clarke, Devoret e Martinis non solo, dunque, confermano un principio della fisica, ma gettano le basi della seconda rivoluzione quantistica fornendo gli strumenti per creare tecnologie del tutto nuove e innovative. Tra esse il computer quantistico e il passaggio dal bit al qubit grazie alla quantizzazione dell’energia in un circuito macroscopico, proprio perché i livelli di energia “discreti” di questo atomo artificiale possono essere utilizzati per codificare le informazioni a livello quantistico, dando al mondo la possibilità di risolvere in pochi minuti calcoli che un computer classico impiegherebbe migliaia di anni per svolgere. Il calcolo quantistico oggi può essere realizzato mediante diverse piattaforme (fotoni, atomi freddi, ioni intrappolati,…). Il vantaggio dei qubit a superconduttore è senza dubbio alcuno la scalabilità.
Di qui il Nobel per la fisica 2025. E poi? E poi lo stupore di contemplare le meraviglie di cui solo la mente umana è capace, e l’infinita bellezza che sta nella continua evoluzione della scoperta del mondo che non sembra avere fine. Uno stupore che non mi lascia mai.
* Nuclear Engineer, SDA Bocconi Senior Executive Fellow







