La quasi totalità delle partenze dirette verso l’Italia proviene dalla Tripolitania nord-occidentale, dove operano le reti di trafficanti più consolidate e dove si concentra la maggior parte delle imbarcazioni intercettate. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), al 22 novembre 2025 risultano 25.231 migranti intercettati e riportati in Libia, tra cui 21.902 uomini, 2.191 donne e 930 minori; altri 208 non hanno genere dichiarato. Sulla rotta del Mediterraneo centrale (che include quindi anche la Tunisia), da inizio anno al 22 novembre, si registrano 568 morti e 619 dispersi. Per confronto, in tutto il 2024 i migranti riportati in Libia erano stati 21.762, con 665 decessi e 1.034 dispersi, mentre nel 2023 si erano contati 17.190 intercettati, 962 morti e 1.536 dispersi.
Dall’Est della Libia salpa verso l’Italia solo una quota residuale di migranti: da questa area le rotte non puntano verso la Penisola, ma si dirigono prevalentemente verso la Grecia, sfruttando corridoi marittimi più brevi in direzione delle isole meridionali. Proprio questa rotta Libia-Grecia ha registrato un’impennata significativa nel 2025, con almeno 5.000 arrivi tra Creta e Gavdos nel picco estivo. Un fenomeno comunque preoccupante, anche alla luce della tragedia di Pylos del 2023, quando un peschereccio salpato dall’Est libico affondò causando centinaia di vittime. Le partenze su barconi di grandi dimensioni e pescherecci sovraccarichi, spesso con centinaia di persone a bordo, aumentano infatti in modo esponenziale il rischio di vittime in mare. Il flusso verso le isole greche di Gavdos e Creta sembra essersi ridotto negli ultimi mesi, in apparente concomitanza con un riavvicinamento politico e di sicurezza tra la Grecia e le autorità di Bengasi, ma la rotta resta volatile e suscettibile a nuove riattivazioni.
Tornando al fronte degli sbarchi in Italia, la Sicilia resta il principale punto di approdo con 53.629 arrivi, seguita da Calabria (2.309), Sardegna (1.920), Puglia (1.109), Toscana (1.073), Campania (972), Liguria (883), Marche (720), Emilia-Romagna (525), Abruzzo (264) e Lazio (43). Quanto alle nazionalità dichiarate al momento dello sbarco, il Bangladesh guida la classifica con 19.283 arrivi, davanti a Egitto (8.751), Eritrea (7.486), Pakistan (4.284), Sudan (3.908), Somalia (3.307), Etiopia (2.135), Tunisia (1.654), Iran (1.654), Algeria (1.631), Guinea (1.464), Siria (1.307), Nigeria (883), Mali (840) e Marocco (775). Le altre nazionalità (incluse quelle non dichiarate) sommano a 4.351 persone.
Secondo l’ultimo rapporto trimestrale della Displacement Tracking Matrix (Dtm) dell’Oim, pubblicato il 7 ottobre, in Libia si trovano attualmente 894.890 migranti provenienti da 45 Paesi. Il dato, riferito al periodo aprile–giugno 2025, segna un aumento del 3 per cento rispetto al trimestre precedente e del 18 per cento su base annua, confermando una crescita costante dei flussi iniziata alla fine del 2023. La Libia si conferma così uno snodo cruciale della mobilità regionale: un Paese di destinazione per lavoro, soprattutto nei settori agricolo e delle costruzioni, e al tempo stesso un punto di transito verso le rotte dirette in Europa. Secondo l’Oim, il 90 per cento dei migranti proviene da Stati confinanti – in particolare Egitto (26 per cento), Sudan (17 per cento), Niger (31 per cento) e Ciad (6 per cento) – mentre il resto è composto da lavoratori provenienti da Nigeria, Ghana, Etiopia e Bangladesh. Le ragioni economiche rappresentano l’83 per cento delle motivazioni della partenza, seguite dal 14 per cento legato a conflitti e instabilità politica – soprattutto per i sudanesi – e dal restante 3 per cento riconducibile a fattori familiari o ambientali.
Un quadro complementare emerge dall’ultimo rapporto “Migrazioni alle frontiere libiche” della stessa Dtm, relativo al terzo trimestre del 2025 (luglio–settembre), che documenta un incremento degli ingressi via terra. L’aumento è attribuito al picco stagionale estivo e alla forte domanda di manodopera nelle aree orientali impegnate nella ricostruzione post–tempesta Daniel. Sulla base di 349 osservazioni di campo e 426 interviste a migranti entrati nel Paese, la Dtm indica che il 47 per cento dei nuovi arrivi ha attraversato la rotta del Niger, il 32 per cento quella dell’Egitto, seguiti da Ciad (11 per cento), Sudan (7 per cento), Tunisia e Algeria (3 per cento ciascuna). Il profilo demografico resta marcatamente giovane e maschile: gli uomini sotto i 30 anni rappresentano l’84 per cento degli ingressi, mentre le donne sono meno dell’1 per cento. Circa tre quarti dei migranti ha fatto ricorso a facilitatori o servizi di trasporto su percorsi informali, con un costo medio di 416 dollari, e oltre l’89 per cento è entrato attraverso punti non ufficiali, soprattutto lungo i confini nigerino e algerino.
Il rapporto dell’Oim, pubblicato lo scorso 13 novembre, evidenzia inoltre un crescente uso di rotte desertiche remote e spostamenti notturni per evitare pattugliamenti, nonché la persistenza di modelli di migrazione circolare stagionale legati a lavoro agricolo, commercio e visite familiari. Secondo l’Oim, quasi la metà dei nuovi arrivati non ha un piano migratorio definito: il 40 per cento intende stabilirsi temporaneamente in Libia, mentre il 14 per cento valuta di proseguire verso l’Europa. L’Agenzia conclude che il mix di pressioni economiche, instabilità nei Paesi limitrofi e richiesta di manodopera continuerà a determinare l’andamento dei flussi nel prossimo futuro.