Cloudflare in down: perché oggi mezzo Internet si è fermato
Oggi, poco dopo mezzogiorno, Cloudflare ha avuto un malfunzionamento globale che ha mandato in tilt piattaforme usate da centinaia di milioni di persone: ChatGPT, X, Canva, perfino Downdetector, il servizio che segnala i guasti altrui.
Per una ventina di minuti la rete ha traballato come un gigante con le ginocchia molli, restituendo errori 500 e caricamenti infiniti. Non si è trattato di un semplice intoppo: Cloudflare è un’infrastruttura che gestisce traffico, sicurezza, contenuti e protezione dagli attacchi per una fetta enorme del web, quasi un quinto dei siti mondiali secondo diverse stime.
Quando una rete così centrale va in crisi, l’effetto domino è inevitabile. Le cause non sono ancora ufficiali, ma i tecnici parlano di tre ipotesi: un errore di configurazione propagato su scala globale, un aggiornamento difettoso di un componente critico oppure un problema interno ai servizi DNS e alle API, fondamentali per instradare le richieste.
Al momento non ci sono segnali di un attacco esterno coordinato, il che rende più probabile la pista del guasto interno. La ragione per cui alcuni servizi sembravano morti, altri rallentati e altri ancora funzionavano a scatti è legata alla struttura stessa di Internet: un mosaico di server, cache e nodi che rispondono diversamente quando il “cervello” centrale va in crisi. Chi aveva contenuti già in memoria è rimasto in piedi più a lungo, chi si affidava solo alle richieste in tempo reale è crollato subito.
Il blackout è stato breve ma rivelatore: la rete globale dipende sempre di più da pochi attori infrastrutturali. È il prezzo dell’efficienza e della velocità, ma anche un promemoria di quanto sia fragile l’ecosistema digitale. Basta un errore nel posto sbagliato per ricordarci che Internet non è una nuvola eterea, ma un sistema fisico di software, configurazioni e cavi che, quando s’inceppano, fanno tremare tutto.
