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CRONACA

SANZIONI USA AL PETROLIO RUSSO PER CONVINCERE PUTIN A TRATTARE

SANZIONI USA AL PETROLIO RUSSO PER CONVINCERE PUTIN A TRATTARE

Donald Trump ha imposto sanzioni al petrolio russo. Pronta la risposta del Cremlino: le nuove sanzioni alla Russia annunciate da Donald Trump sono un atto ostile e non rafforzano le relazioni russo-americane, ma non danneggeranno l'economia russa. Così Putin, il quale ha anche affermato che il vertice di Budapest era stata un'idea degli Stati Uniti e che probabilmente ieri Trump intendeva che l'incontro fosse stato rinviato, non cancellato.

Il Presidente russo, Vladimir Putin, ha parlato della risposta della Russia in caso di attacchi missilistici Tomahawk sul suo territorio. "Se tali armi venissero utilizzate per colpire il territorio russo, la risposta sarebbe molto forte, se non addirittura schiacciante. Lasciamo che ci pensino", ha avvertito Putin. Putin ha definito le discussioni sulla possibile fornitura di missili Tomahawk a Kiev un tentativo di escalation.

 Perplesso il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius che ha reagito con cautela agli annunci del governo statunitense di sanzioni contro le maggiori compagnie petrolifere russe, Rosneft e Lukoil. Sulla base dell'esperienza degli ultimi mesi, Pistorius, parlando dalla base aerea britannica di Lossiemouth, si è detto "un po' scettico" sul fatto che le sanzioni statunitensi verranno effettivamente imposte. L'amministrazione del presidente statunitense Donald Trump aveva fatto annunci simili in precedenza, ma in quel caso non erano state imposte sanzioni, ha sottolineato il ministro tedesco, che ha anche espresso "ottimismo" sul fatto che le sanzioni statunitensi annunciate sarebbero state implementate questa volta. L'obiettivo è aumentare la pressione su Mosca affinché fermi i suoi attacchi contro l'Ucraina e "sieda al tavolo dei negoziati", ha detto ancora Pistorius.

 Le principali compagnie petrolifere statali cinesi hanno sospeso gli acquisti di petrolio russo trasportato via mare dopo che gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni a Rosneft e Lukoil, le due maggiori compagnie petrolifere di Mosca, secondo quanto riferito giovedì da diverse fonti commerciali.

La mossa arriva mentre le raffinerie indiane, il principale acquirente di petrolio russo trasportato via mare, sono pronte a ridurre drasticamente le importazioni di greggio da Mosca, per conformarsi alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti a seguito dell'invasione dell'Ucraina da parte del Cremlino.

Il forte calo della domanda di petrolio da parte dei due maggiori clienti della Russia metterà a dura prova le entrate petrolifere di Mosca e costringerà i principali importatori mondiali a cercare fonti di approvvigionamento alternative, facendo aumentare i prezzi globali.

Le compagnie petrolifere nazionali cinesi PetroChina, Sinopec, CNOOC e Zhenhua Oil si asterranno dal commerciare petrolio russo trasportato via mare, almeno nel breve termine, a causa delle preoccupazioni relative alle sanzioni, secondo quanto riferito dalle fonti.

Si tratta delle prime misure dirette, adottate dagli Stati Uniti, durante il secondo mandato di Donald Trump e colpiscono al cuore il sistema energetico russo: Rosneft e Lukoil, insieme a decine di loro controllate. Le sanzioni, varate dall'Office of Foreign Assets Control del Tesoro, mirano a ridurre la capacità di Mosca di generare ricavi dal petrolio, principale fonte di finanziamento della guerra. Rosneft, compagnia statale, guidata da Igor Sechin, stretto alleato di Vladimir Putin, e Lukoil, società privata, rappresentano quasi la metà delle esportazioni russe di greggio - circa 3,1 milioni di barili al giorno, pari a oltre il 5% della produzione globale.

Trump, che ha definito le misure "molto pesanti, enormi", ha deciso di procedere dopo la cancellazione del previsto summit di Budapest con Putin e il crescente convincimento che al Cremlino non vi sia reale volontà di negoziare la pace. Finora il presidente aveva puntato su un ruolo di mediazione e si era opposto a nuove sanzioni.

Il pacchetto annunciato prevede il congelamento di tutti i beni di Rosneft e Lukoil negli Stati Uniti e il divieto per cittadini e aziende americane di intrattenere rapporti commerciali con le due compagnie o le loro controllate. Washington minaccia, inoltre, sanzioni secondarie contro le istituzioni finanziarie straniere che continueranno a fare affari con loro, comprese le banche che facilitano le vendite di greggio russo verso Cina, India e Turchia.

Prendere di mira Rosneft e Lukoil equivale, per molti analisti, a colpire il cuore pulsante dell'economia russa. Si tratta, osservano, di un salto di qualità nella pressione economica su Mosca. Tuttavia, l'efficacia resta incerta. "Le sanzioni danneggeranno certamente un'economia già in difficoltà - ha dichiarato l'ex ambasciatore americano in Ucraina, John Herbst alla Bbc - Ma sarebbe ingenuo aspettarsi che da sole convincano Putin a fare la pace". Anche l'ex ambasciatore Usa a Kiev, Bill Taylor, parla di un segnale politico più che di una leva decisiva: "Servono a dire a Putin che deve tornare al tavolo dei negoziati".

Molti esperti concordano sul fatto che l'efficacia delle nuove sanzioni dipenderà dalla cooperazione globale. Mosca potrebbe compensare le perdite rivolgendosi ai mercati 'amici' - dalla Cina alla Turchia, fino all'India e gli Emirati - riducendo così l'effetto di isolamento economico perseguito da Washington.

Per l'ex funzionario del Dipartimento di Stato, Edward Fishman, che ha coordinato le politiche sanzionatorie durante l'Amministrazione Obama, la chiave sarà quanto Washington sarà disposta a spingersi in avanti. "La vera domanda è se gli Stati Uniti faranno seguire le parole ai fatti, colpendo le banche cinesi, i trader degli Emirati o le raffinerie indiane che trattano con Rosneft e Lukoil. Mi aspetto, almeno nel breve periodo, un certo ritiro dai rapporti con il petrolio russo", ha spiegato su X.

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