Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite vota oggi la risoluzione degli Stati Uniti per approvare il piano di Trump per Gaza e la Russia entra in partita, con una sua risoluzione e con colloqui con Israele.
Il testo di Trump prevede in particolare un mandato fino alla fine di dicembre 2027 per un "comitato per la pace" che dovrebbe essere presieduto dal presidente degli Stati Uniti e autorizza l'invio di una "forza internazionale di stabilizzazione".
Stando a quanto ha rivelato Reuters la Russia ha presentato una sua bozza di risoluzione difforme da quella degli Stati Uniti. La missione russa all'Onu, in una nota inviata ai membri del Consiglio di sicurezza, ha precisato che si tratta di "una controproposta ispirata dalla bozza degli Stati Uniti: il nostro obiettivo è permettere al Consiglio di sviluppare un approccio equilibrato, accettabile e unito per raggiungere una cessazione sostenibile delle ostilità".
Da quanto si può capire, l’atteggiamento della Russia non è di contrasto, ma costituisce il tentativo di essere presente e attiva in una partita che riguarda l’assetto del Medio Oriente.
Non a caso il colloquio telefonico di sabato tra Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu ha riguardato non solo Gaza, ma anche l’Iran e la Siria.
A dare notizia del colloquio è stato il ministero degli Esteri di Mosca, secondo cui il presidente russo e il premier israeliano hanno avuto "un approfondito scambio di opinioni sulla situazione in Medio Oriente, compresi i recenti sviluppi nella Striscia di Gaza alla luce dell'accordo sul cessate il fuoco e sullo scambio di persone detenute attualmente in fase di attuazione, la situazione relativa al programma nucleare iraniano e le questioni relative alla promozione di un'ulteriore stabilizzazione in Siria".
Il colloquio telefonico è stato confermato dall'ufficio di Netanyahu, precisando che si è tenuto su "iniziativa del presidente Putin" e che è avvenuto nell'ambito di "una serie di conversazioni precedenti recenti" del premier israeliano per "parlare di questioni regionali".
Nel frattempo, secondo quanto riferisce il canale 'Al-Hadath' (Arabia Saudita) citando fonti israeliane, "la transizione alla seconda fase del piano Trump per la Striscia di Gaza resta bloccata" perché "persistono divergenze sulla forza internazionale" per l'enclave palestinese e "sul disarmo di Hamas".
Secondo le fonti di 'Al-Hadath', le forze israeliane (Idf) lavorano con Jared Kushner, genero del presidente americano Donald Trump, per definire "un piano d'emergenza per la Striscia di Gaza" in caso di ripresa dei combattimenti.
Sia pure con molte difficoltà, comunque la pace tiene e si avvertono alcuni passi importanti per le future fasi.
L'Indonesia, come riferisce The Times of Israel, ha addestrato fino a 20.000 soldati per svolgere compiti sanitari e di costruzione durante un'operazione di mantenimento della pace pianificata nell'enclave di Gaza devastata dalla guerra.
L'Indonesia, nazione musulmana più popolosa al mondo, è tra i paesi con cui gli Stati Uniti hanno discusso i piani per una Forza internazionale di stabilizzazione (ISF) a Gaza, insieme ad Azerbaigian, Egitto e Qatar.
La scorsa settimana, Reuters ha riportato la notizia di una bozza predisposta da Washington per una forza di questo tipo, che la autorizzerebbe a "utilizzare tutte le misure necessarie" per smilitarizzare Gaza, renderne sicuri i confini, proteggere i civili e la distribuzione degli aiuti, e sostenere una forza di polizia palestinese di recente formazione.
L'Indonesia ha affermato che non è stata ancora presa una decisione su quando verranno schierate le truppe e quale mandato avranno, sottolineando l'incertezza riguardo all'istituzione di una presenza internazionale a Gaza. "Abbiamo preparato un massimo di 20.000 soldati, ma le specifiche riguarderanno la sanità e l'edilizia", ha dichiarato ai giornalisti il ministro della Difesa indonesiano Sjafrie Sjamsoeddin, il quale ha aggiunto: "Siamo in attesa di ulteriori decisioni sull'azione di pace a Gaza".

La linea gialla divide Gaza in due. A sinistra verso il mare c'è ancora la presenza di Hamas e l'Idf si è ritarata,
mentre a destra della linea gialla, verso Israele, continua la presenza di Idf.
La decisione odierna dell’Onu sarà di grande importanza per definire le prossime mosse.
Israele teme che gli Usa possano procedere con la ricostruzione della parte ancora occupata dall’Idf in attesa della definitiva scomparsa da Gaza di Hamas. Secondo un servizio televisivo israeliano diffuso sabato, l'amministrazione Trump sta cercando di rinunciare alla fase del suo piano di pace che prevede l'invio di una forza di stabilizzazione a Gaza per disarmare Hamas, in modo che possa procedere con la ricostruzione dell'enclave.
L'attuale cessate il fuoco, in vigore dall'inizio di ottobre, è ancora solo nella sua prima fase, poiché i colloqui sui passi successivi riguardanti i dettagli della smilitarizzazione di Hamas e la futura governance della Striscia di Gaza sono in stallo.
Una fonte della sicurezza israeliana ha affermato che, poiché la Casa Bianca sta avendo difficoltà a ottenere impegni da paesi terzi per partecipare al disarmo di Hamas, ha iniziato a cercare "soluzioni provvisorie, che al momento sono inaccettabili per Israele". "Questa situazione provvisoria è la peggiore che ci sia", ha dichiarato un'importante fonte israeliana al The Times of Israel. "Hamas – ha aggiunto - si è rafforzato nelle ultime settimane, dalla fine della guerra".
"Non può esserci riabilitazione prima della smilitarizzazione. È contrario al piano di Trump. Gaza deve essere smilitarizzata", ha affermato un funzionario della sicurezza.
Secondo un rapporto pubblicato sabato dall'emittente pubblica Kan, Israele negli ultimi giorni ha avviato i preparativi iniziali per l'afflusso di migliaia di soldati stranieri a Gaza, prevedendo che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite approverà la risoluzione.
Secondo il rapporto, Israele sta cercando di conferire alle forze straniere ampi poteri per disarmare Hamas, anche se la maggior parte dei paesi che hanno espresso interesse a partecipare alle ISF hanno affermato che non sarebbero disposti a imporre il disarmo dei gruppi terroristici nella Striscia e che agirebbero solo come forza di mantenimento della pace.
In una dichiarazione congiunta predisposta dagli Stati Uniti venerdì, diversi paesi impegnati a porre fine al conflitto di Gaza hanno espresso il loro sostegno alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite adottata da Washington.
La dichiarazione, sostenuta da Qatar, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Indonesia, Pakistan, Giordania e Turchia, ha sottolineato che il processo "offre un percorso verso l'autodeterminazione e la sovranità palestinese".
Tutto dipende, ora, da cosa emergerà dalle decisioni odierne dell’Onu.







