Si deve partire dalle fondamentali considerazioni fatte da Elena Tempestini nell’articolo pubblicato in questo stesso numero del giornale per capire che l’Unione Europea è un burosauro comandato da un consesso di funzionari che hanno a capo una funzionaria e che il burosauro è completamente folle nei due sensi: folle perché continua a praticare politiche folli e folle perché il suo motore gira a vuoto, ossia è in folle.
I Paesi dell’Unione Europea, con l’aggiunta della Gran Bretagna, hanno poche risorse energetiche e di materie prime. Tutti questi Paesi basano la loro economia sulla trasformazione di materie prime in prodotti semilavorati o finiti.
L'Unione Europea (UE) è storicamente uno dei blocchi più dipendenti dalle importazioni energetiche al mondo, con una vulnerabilità accentuata dalla crisi energetica scatenata dall'invasione russa dell'Ucraina nel 2022. Si stima che l'UE continuerà a dipendere dalle importazioni per una porzione significativa del fabbisogno nei prossimi dieci anni, esponendola a vulnerabilità economiche e di sicurezza.
L'Unione Europea è inoltre altamente dipendente dalle importazioni di materie prime critiche.
Queste risorse sono essenziali per settori chiave come l'automotive, l'aerospaziale, le rinnovabili e la tecnologia digitale, supportando oltre 30 milioni di posti di lavoro.
Secondo il rapporto della Commissione Europea del 2023 (aggiornato nel 2025), l'UE importa circa il 98% di terre rare, 93% di litio e 87% di cobalto. Nel complesso, oltre il 70% delle importazioni di minerali non ferrosi proviene da paesi extra-UE.

Questi dati evidenziano una vulnerabilità strutturale: l'UE produce meno dell'1% del litio e delle terre rare necessarie, rendendola esposta a fluttuazioni geopolitiche e prezzi. La Cina controlla il 60-80% della raffinazione globale per molti minerali critici, mentre la RD Congo fornisce il 70% del cobalto. Conflitti (esempio: Ucraina) e tensioni commerciali (esempio: conflitto commerciale USA-Cina) possono interrompere le catene di fornitura.
Se la follia del Green Deal dovesse proseguire entro il 2030 serviranno 10 volte più litio e cobalto per raggiungere gli obiettivi di neutralità carbonica.
Ci sono due questioni che non possono essere sottovalutate: il conflitto in Ucraina e il conflitto commerciale Usa-Cina.
Nel primo caso l’Unione Europea si trova a fare i conti con la sua inesistenza militare, fatta solo di fanfaronate dei vari funzionari della Commissione, guidata dalla funzionaria Ursula von der Leyen, la quale pensa di essere il capo di uno Stato. Uno Stato che non c’è e che, pertanto, non può avere un esercito suo.
L’Unione Europea non è uno Stato e questo deve essere uno punto fermo ineludibile per qualsiasi tipo di analisi successiva.
L’inesistenza militare dell’Unione Europea, con buona pace della funzionaria Kaja Kallas, è data dal fatto che esiste la Nato, che, allo stato attuale dei fatti, è il vero riferimento militare europeo.

La Nato ha un socio di maggioranza che è un dominus e si chiama Stati Uniti d’America e gli Usa non hanno alcuna intenzione di entrare in conflitto, anche tramite Nato, con la Russia di Vladimir Putin.
La Russia, in questa visione di Eurasia che ci narra Elena Tempestini, è la cerniera tra le due componenti, essendo in parte Eur e in Parte Asia: la parte occidentale (fino agli Urali) è in Europa, la parte orientale (Siberia, Estremo Oriente) è in Asia. La catena degli Urali è il confine simbolico tra i due continenti.
La cultura russa ha influenzato quella occidentale ed è stata influenzata da quella occidentale.
La letteratura, la pittura e l’arte russe sono indubbiamente parti essenziali della cultura occidentale, non solo per il loro valore intrinseco, ma per il loro profondo impatto sulla storia culturale dell’Europa e del mondo. Autori come Tolstoj, Dostoevskij, Čechov, Puškin e Gogol’ hanno ridefinito il romanzo moderno, il dramma psicologico e la poesia. Guerra e pace e I fratelli Karamazov sono pilastri del realismo e dell’esistenzialismo. Le loro opere sono tradotte, studiate e citate in tutto l’Occidente, da Parigi a New York.

Gli itineranti (Peredvižniki) come Repin e Kramskoj hanno portato il realismo sociale nella pittura. Kandinskij, pioniere dell’astrattismo, ha rivoluzionato l’arte del XX secolo. L’avanguardia russa (Malevič, Tatlin, Rodčenko) ha influenzato Bauhaus, costruttivismo e design moderno. L’iconografia ortodossa (Rublev) ha plasmato l’estetica bizantina e rinascimentale. Il balletto russo (Čajkovskij, Stravinskij, Balanchine) è patrimonio dell’Occidente. Il cinema sovietico (Ejzenštejn, Tarkovskij) ha inventato il montaggio moderno.
La Russia, pertanto, pur con la sua specificità geografica e spirituale, è un ponte tra Oriente e Occidente.
La sua arte non è “esotica”: è radicata nel canone occidentale, ne ha assorbito le correnti (classicismo, romanticismo, modernismo) e le ha trasformate in qualcosa di universale. L’arte russa non è un’appendice; è il cuore pulsante della cultura occidentale.
I rapporti tra Russia e Paesi occidentali europei non possono essere cancellati dalla parentesi comunista, ormai chiusa, che ha determinato un rigetto dell’oppressione sovietica, e tanto meno dalla parentesi ucraina, che parentesi è e rimane.
L’Unione Europea o, meglio ancora, i Paesi dell’Europa occidentale dovranno necessariamente fare i conti con la Russia dopo la fine del conflitto russo-ucraino, per interesse proprio e anche per il fatto che dovranno tenere in considerazione il nuovo rapporto tra Russia e Stati Uniti, radicalmente diverso da quello dei neocon che abbiamo visto dopo la fine dell’Unione Sovietica e anche da quello della Guerra Fredda.
E qui veniamo anche alla seconda questione: il conflitto commerciale tra Usa e Cina.
Gli Stati Uniti stanno operando per rendersi indipendenti dalle terre rare cinesi e, più in generale per quanto riguarda le materie prime, nell’arco di tre/cinque anni.
I Paesi europei arrivano in coda agli Usa e, finirà come per l’energia, che dovranno scendere a patti con Washington. Se dovessero rivolgersi all’Africa si troveranno, ancora una volta, a fare i conti con la Russia.
La Russia, infatti, ha intensificato la sua presenza in Africa negli ultimi anni, trasformando il continente in un'arena chiave della sua strategia globale per contrastare l'influenza occidentale, espandere legami economici e militari e sfruttare risorse naturali.
Dopo l'invasione dell'Ucraina nel 2022, Mosca ha accelerato questa espansione, sfruttando il vuoto lasciato dal ritiro di potenze come Francia e Stati Uniti in diverse regioni. Nel 2025, la presenza russa è particolarmente marcata nel Sahel, in Africa Centrale e nel Nord Africa, con accordi militari del valore di oltre 4 miliardi di dollari firmati con 46 paesi africani.
La Russia vede l'Africa come un pilastro del suo "mondo multipolare", un'alternativa all'egemonia occidentale. Dopo i summit Russia-Africa del 2019 e 2023, e la conferenza ministeriale del novembre 2024, Mosca ha approvato un Piano d'Azione 2023-2026 per rafforzare i legami.
La Russia è presente in Niger, Mali, Burkina Faso, Repubblica centrafricana, Libia, Sudan, Guinea Equatoriale ed è in espansione in Chad, Guinea, Togo, Camerun, Repubblica democratica del Congo ed Eritrea. La Russia ha ottimi rapporti con l’Egitto e, nonostante il cambio della guardia, mantiene le sue basi militari in Siria.
In una logica di conflitto commerciale Usa Cina, i Paesi europei dovranno decidere se aprire di nuovo in rapporti con la Russia, che si propone ormai come un potenziale partner Usa in vari quadranti, a cominciare dall’Artico, o se consegnarsi mani e piedi alla Cina, entrando in conflitto con gli Usa, cosa assai difficile, non fosse altro che per la presenza della Nato e di una quantità enorme di basi militari statunitensi.
Al di là delle follie di cervelli in folle abitanti nella sede del burosauro di Bruxelles, la prospettiva necessaria sembra essere quella di una riapertura di rapporti con la Russia.
Ne consegue che la posizione attuale dell’Unione Europea riguardante il conflitto russo ucraino è folle e suicida. E lo è tanto più in quanto si alimenta con una propaganda parossistica e assolutamente fuori da ogni rapporto con la realtà, ormai neppure verosimile.
Chiudere l’attuale follia europea è una necessità vitale e per chiuderla è necessario che gli Stati facciano la loro parte, uscendo dal tunnel degli abbracci, per entrare nella logica prospettica che va ben oltre il tatuarsi sulle braccia il simbolo del tridente ucraino.







