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BYE BYE ELLY, CUCÚ, CUCÚ, LA SINISTRA NON SEI TU

BYE BYE ELLY, CUCÚ, CUCÚ, LA SINISTRA NON SEI TU

Le categorie di destra e di sinistra sono ormai obsolete e sono diventate etichette senza alcun rapporto con la realtà.

Chiamare sinistra un coacervo di istanze radical chic, neocon, neo coloniali, globaliste e di ideologie woke, green, gender, malthusiane è come bestemmiare in chiesa.

Un tempo questo coacervo sarebbe stata chiamato totalitarismo e di totalitarismo si tratta, soprattutto nell’Europa di Starmer e di Macron, della Ursula von der Leyen e di Kaja Kallas.

Un totalitarismo che vuole la guerra e il riarmo per nascondere il fallimento del globalismo e la crisi dell’auto tedesca. Un totalitarismo che potrebbe portare ad una nuova esperienza tragica, con il riarmo della Germania che punta ad essere una potenza bellica di primo piano. Con il II Reich abbiamo visto come è andata: prima guerra mondiale. Con il III Reich abbiamo visto come è andata: seconda guerra mondiale. Con il IV Reich, quello della Merkel, che ha prodotto l’attuale Unione Europea, vediamo come sta andando: macerie. Non sia mai che il V Reich, quello di Merz, ci porti diritti ad una nuova avventura bellica.

Una Germania armata fino ai denti è una disgrazia planetaria.

La Germania protesa al riarmo si regge su un governo a conduzione Partito popolare (democristiani), in alleanza con i socialisti, ossia con quella che era la sinistra di Bad Godesberg, della Mitbestimmung e che ora è la sinistra della finanza globalista che ha portato la Germania al disastro attuale, dal quale si vuol affrancare, come è già stato fatto in passato, resuscitando la cavalcata della Walkirie.

Anche il nazismo si chiamava nazional-socialismo. Problemi di brand.

In Italia ormai il dibattito delle sedicenti sinistre si svolge nell’universal sacrestia bergogliana guidata dal cardinale Matteo Zuppi, il quale, con il suo documento sinodale, ha tracciato le linee guida delle priorità sistemiche per salvare l’Italia e il mondo dalle destre ed è salito sul carro del Gay Pride.

Prescindiamo dal ciarpame dei cespugli rosso verdi che raccolgono tutto il pattume della sentina della protesta sociale, che va dagli occupanti case altrui alla maranza, per arrivare ai due protagonisti democristian-radical chic del Campo largo (ops! Campo santo).

Elly Schlein, che della sinistra storica non ha ereditato nulla, essendo la rappresentante perfetta del mondo radical chic, quello che alberga nelle zone Aztl, in perfetta sintonia con il documento sinodale, mette tra le priorità del governo che lei presiederà quando avrà vinto le elazioni nel 2027 (campa cavallo) il Gay Univers.

Elly Schlein intervenendo a un incontro al Nazareno con le associazioni Lgbtqia+, organizzato dall'eurodeputato Alessandro Zan, ha affermato: "Questo è uno spazio di confronto per cercare di capire come andare avanti di fronte a un attacco delle destre globali ai diritti Lgbtqa+. Siamo stati al Pride a Budapest in Ungheria, un paese dove si può essere incriminati perché si organizza un Pride, il cui premier è stato appena accolto a braccia aperte da Meloni. È evidente il fascino che la democrazia illiberale di Orban susciti negli esponenti del governo italiano". Lo dice "Il nostro Paese è al 35esimo posto su 42 paesi Ue per i riconoscimenti dei diritti Lgbtga+", ha osservato la segretaria del Pd e se al momento è complicato invertire la rotta in Parlamento, "con questi numeri è difficile", si può però "preparare una strada e vincendo le prossime elezioni, avere i numeri per fare le leggi che vanno fatte e che sono leggi europee. Noi continuiamo batterci, anche se siamo minoranza, contro i crimini d'odio, l'omotransfobia, per le adozioni e i diritti delle famiglie omogenitoriali".

Che l’Univers Gay sia la priorità che angoscia la vita degli italiani è solo nella mente della segretaria del Pd.  

Come non dare ragione, a questo punto, a Romano Prodi quando dice: “Non vedo una reale alternativa alla destra. A chi ha voltato le spalle questa sinistra?  All’Italia”.

Elly, del resto, non ne indovina una. Ora è scatenata sulla riforma della giustizia: “Se chiediamo al ministro Nordio come questa riforma migliora il funzionamento della giustizia in Italia lui stesso, il ministro, ammette che non ha nulla a che fare con l'efficienza della giustizia. E allora? A chi serve? Serve a questo governo, come ha chiarito la presidente Giorgia Meloni ad avere le mani libere e a ritenersi al di sopra della legge”.

Elly è scatenata perché deve tener botta a Giuseppe Conte, quello che ha trasformato il Movimento Cinque Stelle in una corrente della sinistra democristiana populista che morde all’interno dell’universal sacrestia nella quale si muove il Pd. La sfida è a chi è più sacrestano.

Giuseppe Conte, educato al Villa Nazareth, ha sottolineato che questa legge, non servirà ai cittadini che non ne trarranno alcun beneficio. In un’intervista a “La Notizia” spiega come la legge stravolga la Costituzione “per mettere i Pm sotto il tacco del governo di turno”. "Si tratta", ha continuato Conte, “di un atto di ritorsione del centrodestra che vuole sbarazzarsi di quello che considera un 'intralcio': il potere giudiziario che impone a tutti la legalità”.

Non sia mai detto che nella sacrestia prevalga Conte. Il primo dei sacrestani è il Pd, sia chiaro.

Eppure, Elly dovrebbe essere più cauta, perché il quotidiano della Cei, Avvenire, scrive: “Un approccio più razionale alle cose della giustizia, al posto di quello un po’ morboso e quasi isterico che si usa avere nel nostro Paese da oltre 30 anni, consentirebbe di vedere due aspetti della riforma costituzionale approvata in via definitiva dal Parlamento. Il primo è che la separazione delle carriere delle magistrature giudicante e requirente non è un colpo di Stato. Il secondo aspetto – strettamente correlato al primo – è che, la Costituzione vigente (anche così come modificata dalla riforma) non sottomette la funzione del pubblico ministero al potere esecutivo. Insomma, non è una bestemmia nel tempio della giurisdizione, tanto che un piccolo ma qualificato gruppo di rappresentanti della sinistra liberale ha già annunciato il proprio sì al referendum”.

Elly, faccia attenzione, anche la sacrestia annuncia un distacco dall’isteria.

Avvenire poi si esercita nel cerchiobottismo, indagando l’utilità o meno di una riforma, ma il dado è tratto nelle prime righe dell’articolo: la riforma non è una bestemmia contro la Costituzione.

Il bello della sceneggiata inscenata subito dopo il varo della riforma è che dalla sinistra, quella di un tempo, emergono antiche verità, ricordate da chi, lucido e sano di mente, ha la memoria buona.

Memoria buona e schiena dritta, in quanto non si accomoda nella menzogna, ma si assume la responsabilità di quel che ha fatto, detto, scritto.

E allora, quella che vuole chiamarsi sinistra e sinistra non è, deve capire che le menzogne hanno le gambe corte, così come il progressismo, che è il mantello armocromico sotto il quale si nasconde la regressione totalitaria.

Accade così che dalla sinistra di un tempo, dove da tempo si dibatte sulla separazione delle carriere, non a caso c’è chi, come Claudio Petruccioli, storico dirigente del Pci e del Pds, ricorda, con schiena dritta, che all’epoca della Bicamerale di Massimo D’Alema del 1997-1998 lui, assieme ad altri senatori, firmò una serie di emendamenti che prevedevano proprio la separazione delle carriere e la divisione in due sezioni del Consiglio superiore della magistratura.

Giuliano Pisapia e Carlo Nordio scrissero sull’argomento un saggio assieme.

Pisapia

La mozione Martina presentata nel 2019 fu sottoscritta da molti membri del Pd che oggi sono ancora in Parlamento: da Delrio a Malpezzi, da Verducci ad Orfini. C'è anche l'attuale responsabile Giustizia della segreteria, Debora Serracchiani

Petruccioli ha fatto sapere che in caso di referendum voterà sì. E lo stesso faranno Goffredo Bettini, Vincenzo De Luca, Enrico Morandi, Claudia Mancini, Giorgio Tonini e Stefano Ceccanti che così spiega la sua decisione: «Perché sono 25 anni con l’associazione Libertà Eguale che spieghiamo come il nuovo codice varato su ispirazione di Giuliano Vassalli comporti, come diceva lo stesso Vassalli, la separazione tra chi accusa e chi giudica. Dunque nel nostro caso non è un sì che non ti aspetti».

In scia la senatrice Emma Bonino, storica esponente del Partito radicale che sposa l’impianto della riforma: «La separazione delle carriere è sempre stata una battaglia mia e di Marco Pannella».

C’è poi il sì di Antonio Di Pietro, l’ex pm di Mani Pulite: «Voterò sì. Io sono sempre stato favorevole, fin dal 1989 con la riforma del sistema inquisitorio e del sistema accusatorio. Non c’era ancora Berlusconi e non ci aveva messo il cappello. La vera ragione per cui l’Associazione nazionale magistrati si oppone è una: la riforma prevede la costituzione dell’Alta Corte di Giustizia e il sorteggio».

Ecco la ragione per cui una parte del gruppo dirigente che risiede al Nazareno si trova spiazzato. Spiazzato, senza piazza, perché la realtà non è quella del mondo incipriato e multicolore dei Gay Pride o dell’antifascismo di maniera, ormai talmente usato a sproposito da essere così consunto da essere diventato ridicolo.

C’è, infine, una domanda che riguarda quelli di sinistra, della sinistra di una volta, che continuano a sperare che la sinistra rinasca dalle proprie ceneri come l’Araba fenice. Sono proprio convinti, questi nostalgici, che la sinistra possa avere qualche possibilità di esistere se si continuano a seguire le idee sfornate dal progressismo, che sinistra non è, ma è solo regressione verso il totalitarismo?

La sinistra, non l’etichetta, ma la sostanza della sinistra, può avere spazio solo se si sgombera il campo dai traditori, dai sedicenti, da chi ha acquistato il brand per venderlo alla finanza globalista.

Può avere qualche possibilità la sinistra di riavere spazio se non tolgono di mezzo i socialisti alla Timmermans, che hanno venduto la sinistra al green finanziario, o i socialisti come Teresa Ribera, che ci vuole tutti verdi e morti di fame? O i socialdemocratici tedeschi, che si apprestano a fare della Germania il V Reich bellico per nascondere il fallimento del green, della delocalizzazione in Cina, dello sfascio dell’Unione Europea da loro voluta tradendo la Bad Godesberg?

E in Italia, vogliono ammettere i nostalgici, che il Pd non è sinistra, che il Movimento Cinque Stelle è un populismo alla Masaniello o alla Achille Lauro, che si agita nell’universal sacrestia per avere il primato del sacrestano migliore?

E che dire dei cespugli rosso verdi che raccolgono e organizzano il peggio del peggio di quanto si agita nel Paese? Sinistra questa?

Onore al merito a chi, con schiena dritta e senso dell’onore, ricorda, per quanto riguarda la riforma della giustizia, da che parte stava e cosa diceva e scriveva essendo di sinistra.

Tutto il resto è cialtronaggine propagandistica del Campo santo.

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