Nell’Europa attuale, uno degli aspetti più preoccupanti per la sopravvivenza del Vecchio Continente e per il futuro delle nuove generazioni, è il totale sradicamento di ogni tipo di radice, nascosto sotto il contrasto al sovranismo e al populismo, termini con i quali la dittatura neocon del pensiero unico politicamente corretto e la propaganda del globalismo delle monarchie neo coloniali e della finanza al loro servizio nascondono le loro vere intenzioni: costruire un mondo piatto di consumatori acerebrati, possibilmente riducibile a piacere secondo logiche malthusiane, dove le identità nazionali spariscono a vantaggio di un mercato del lavoro di totale sostituzione.
L’antisemitismo montante in alcune aree del Vecchio Continente, più di sinistra che di destra, è una componente importante di questa strategia. Non a caso sempre più l’antisemitismo è legato a finte solidarietà pro-Pal, gestite dalla sinistra, come dimostrano ormai le varie inchieste giornalistiche e poderosi studi di think tank internazionali.
La questione che va affrontata con grande puntualità è che l’antisemitismo è, contestualmente, anticristianesimo e, pertanto, va a eradicare due delle componenti radicali della formazione del Vecchio Continente: non le uniche, chiaramente, ma sicuramente tra le più importanti, significative e caratterizzanti la cultura dell’Occidente. Difendere le radici giudaico cristiane è, pertanto, difendere le radici dell’Occidente.
Per quale motivo l’antisemitismo è contestualmente anticristianesimo? Per il fatto che il cristianesimo non ha sostituito l’ebraismo, ma lo ha approfondito.
Ad attestare questa incontrovertibile verità storica è un documento del Concilio Vaticano II, voluto dal bergamasco Papa Giovanni XXIII e portato a compimento del bresciano Paolo VI.
Vediamo di approfondire, per quanto ci è possibile, da laici, la questione.
Il 28 ottobre 1965, il Concilio Vaticano II adottava la Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa cattolica con le religioni non cristiane, che pose fine a secoli di incomprensioni tra ebrei e cristiani.
In un articolo su Vatican News, Jean-Charles Putzolu, ricorda che per Jean-Dominique Durand, storico delle religioni, e presidente dell’Amicizia ebraico-cristiana di Francia quel testo “ha cambiato radicalmente lo sguardo che gli uni hanno sugli altri. La Chiesa riconosce che il popolo ebraico non è responsabile di "deicidio".
“Con una portata teologica assolutamente inedita – afferma Jean-Dominique Durand, intervistato da Jean-Charles Putzolu -, è la prima volta che la Chiesa cattolica offre un testo dottrinale sulle religioni non cristiane. Nostra aetate, pensata inizialmente per l’ebraismo — dopo varie esitazioni e complicazioni — si rivolge a tutte le religioni e offre ai cattolici una visione ufficiale della Chiesa sulle religioni non cristiane. È la prima volta che ciò accade: un documento dottrinale su un simile tema. Nostra aetate rappresenta una vera e propria rivoluzione”.
La questione del rapporto tra ebrei e cristiani, ricorda Jean-Dominique Durand, “fu inserito nell’agenda del Concilio da Papa Giovanni XXIII stesso, dopo l’udienza concessa nel giugno 1960 a un grande studioso di storia ebraica, Jules Isaac, che aveva già incontrato Pio XII nel 1949. Jules Isaac aveva perso tutta la sua famiglia ad Auschwitz e dedicò la sua vita al dialogo tra ebrei e cristiani, affinché i cristiani adottassero una visione diversa dell’ebraismo e abbandonassero la visione di disprezzo che avevano nei suoi confronti. Scrisse un libro fondamentale, Gesù e Israele, nel quale sviluppò il legame che unisce cristianesimo ed ebraismo: Gesù era ebreo, Maria sua madre era ebrea, e tutti gli apostoli e i primi martiri del cristianesimo erano ebrei. Questa fu la rivoluzione iniziata da Jules Isaac. Egli chiese al Papa di rivedere la preghiera del Venerdì Santo, che appariva agli ebrei come offensiva nei loro confronti. La revisione avvenne in due tappe: prima con Pio XII nel 1955, poi con Giovanni XXIII nel 1959, in vista del Concilio. Isaac convinse Giovanni XXIII che il Concilio rappresentava l’occasione di ripensare i rapporti tra ebrei e cristiani, eliminando in particolare l’accusa di deicidio”.
Il cristianesimo nasce sulle radici dell’ebraismo e Jean-Dominique Durand spiega che “Giovanni Paolo II, partendo da Nostra Aetate, ha approfondito la riflessione fino a riconoscere che la prima alleanza non è mai stata revocata e che la teologia della sostituzione non ha più ragione d’essere. Questa teologia sosteneva che il cristianesimo avesse sostituito l’ebraismo. Ma non è così: il cristianesimo è venuto dopo, per approfondire, non per sostituire”.
Si può ben dire che antisemitismo è anticristianesimo? Si.
Leone XIV ha dedicato mercoledì 29 al dialogo interreligioso e al messaggio del documento conciliare Nostra Aetate, la catechesi dell'udienza generale in piazza San Pietro. “Tutti i miei predecessori – ha affermato Leone XIV - hanno condannato l’antisemitismo con parole chiare. E così anch’io confermo che la Chiesa non tollera l'antisemitismo e lo combatte, a motivo del Vangelo stesso”.
Con questo documento, la Tarda Aetate, spiega ancora il Pontefice, Papa Giovanni XXIII intendeva rifondare il rapporto originario con il mondo ebraico, dando forma, “per la prima volta nella storia della Chiesa”, al tratto dottrinale sulle radici ebraiche del cristianesimo e che sul piano biblico e teologico rappresentasse “un punto di non ritorno”. Un riconoscimento dunque del legame tra “il popolo del Nuovo Testamento” e “la stirpe di Abramo”.
È in questo legame essenziale che si fonda la questione che antisemitismo è anche anticristianesimo, perché, come dice Leone XIV, c’è un legame neo testamentario con la “stirpe di Abramo”.
E qui arriviamo ad una questione che riguarda la Chiesa di oggi, i preti, le parrocchie, l’ignoranza o la malafede o, addirittura, l’adesione a logiche di erasione radicale, nascoste sotto la parvenza del buonismo, del mondialismo, del globalismo.
Jean-Dominique Durand, intervistato da Jean-Charles Putzolu,afferma che c’è il “il problema della ricezione di Nostra aetate e delle conseguenze che dobbiamo trarre per la vita quotidiana. Purtroppo, oggi assistiamo al ritorno di vecchi pregiudizi, anche in ambienti cristiani, nelle parrocchie, talvolta tra religiosi e sacerdoti. Numerosi pregiudizi antiebraici riemergono con forza. Lo storico ebreo Georges Bensoussan, molto impegnato nel dialogo ebraico-cristiano, ha osservato che, se non si parla più di deicidio, lo si sostituisce con “genocidio” — un fatto gravissimo. Siamo dunque in una fase di crisi nelle relazioni ebraico-cristiane, a causa del dramma avvenuto in Medio Oriente: prima con il terribile “pogrom” perpetrato dai terroristi di Hamas in Israele, poi con la guerra che ne è seguita e le forti emozioni suscitate in tutto il mondo”.
Analisi chiara, quella di Jean-Dominique Durand: genocidio è la nuova denominazione di deicidio. Dietro la politica pro-Pal si nasconde in vecchio pregiudizio. La dissimulazione è entrata a modificare i termini, mantenendo inalterata la sostanza.
Leone XIV, con la riproposizione della Tarda Aetate, ha posto una pietra miliare sul cammino della Chiesa post Bergoglio. Una pietra miliare che è, chiaramente inascoltata dal mondo ecclesiastico italiano, ormai impegnato ad essere la sacrestia del Pd, ma che ha un valore inestimabile per quanto riguarda una resistenza da innescare nei confronti di chi ci vuole portare a negare ogni radice, ogni appartenenza, ogni differenza storicamente fondata.
La logica dei migranti è la logica della sostituzione e dello sradicamento, ammantata di buonismo, ma funzionale a chi vuole ridurre la popolazione dell’Occidente, con le sue radici, perché ha conquistato la democrazia, la libertà, il welfare, la dignità del lavoro, anche con metodi malthusiani, per sostituirla con una riserva di manodopera di disperati a loro volta eradicati.
Dietro l’antisemitismo si nascondono molte cose, ma il diavolo fa le pentole, non i coperchi.







