L’esercito in rotta dei neocon globalisti e dei neocolonialisti starnazza sull’Aja, usando il solito schema della via giudiziaria per ribaltare il tavolo a partita persa.
L’ultima idiozia è la denuncia alla Corte penale internazionale dell’Aja di Giorgia Meloni, dei ministri Tajani e Crosetto e dell’ad di Leonardo, Roberto Cingolani per concorso in genocidio. Non è il caso di citare i 52 intrepidi eroi che hanno firmato la denuncia, perché faremmo un favore alla loro inesauribile ansia di protagonismo.
Battuti alle urne, nemmeno confortate di pianto, dove il sonno della morte è assai duro, i soldatini di piombo dei neocon, chiamati in servizio, tentano di scardinare il Governo italiano adendo ad un’istituzione screditata in quanto politicizzata a senso unico e strumento di un’Unione Europea a sua volta in caduta libera.
Il pollaio ha messo in piazza manifestazioni, intere flotte di eroici marinai dediti alla balneazione, parlamentari in cerca di un motivo per esserci, funzionari Onu, ma continua ad essere una nullità, così come è una nullità quell’Unione Europea che, mentre si ridefiniscono gli assetti mondiali, nessuno interpella, ascolta, guarda, nemmeno con il binocolo.
A Sharm el-Sheikh si svolgono negoziati che escludono Ursula e la sua compagnia cantante (ogni riferimento è puramente casuale).
Il 6 ottobre scorso Kaja Kallas il, si fa per dire, Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, era alla 29ma riunione ministeriale congiunta tra il Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg) e l’Unione europea, a Kuwait City.
Inutile riferire le varie ovvietà geopolitiche espresse dalla estone, la quale riguardo a Gaza ha espresso la “profonda preoccupazione” dell’Ue per la situazione umanitaria “catastrofica” nella Striscia e ha ricordato che l’Ue è “il primo donatore di aiuti umanitari a Gaza” e che ha istituito un nuovo gruppo di donatori per la ricostruzione.
La Kallas ha annunciato l’impegno a stanziare un miliardo di euro per il triennio 2025-2027 a sostegno dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) e del suo programma di riforme. Quali?
L’unica vera grande notizia, che tutti noi aspettavamo, Kaja Kallas, da vero soprano della politica, l’ha data quando ci ha resi edotti che Luigi Di Maio è vivo e lotta insieme a noi. «Si scopron le tombe, si levano i morti, i martiri nostri son tutti risorti».
La Kallas, ossia il vuoto politico pneumatico, ha elogiato il ruolo del Rappresentante speciale dell’Ue per il Golfo, Luigi Di Maio, ossia il vuoto siderale prima del big bang. Vuoto siderale regalato agli europei da Mario Draghi.
Evviva. Come non essere contenti?
Mentre Kaja Kallas canta con Di Maio, il nostro tenore nel Golfo, a Sharm el-Sheikh, come riferisce l’agenzia Efe dal Cairo e come riportato da Sky News Arabia, Hamas ha accettato di consegnare le armi a un’autorità egiziano-palestinese. Hamas ha anche accettato di consentire a tutti i suoi leader di lasciare Gaza e ha chiesto agli Usa garanzie che non saranno perseguitati.
Qui arrivati, c’è una piccola sorpresa. Secondo le fonti citate dall’agenzia Efe dal Cairo e come riportato da Sky News Arabia, Hamas “rifiuta la presenza dell’ex primo ministro britannico Tony Blair come governatore di Gaza”, ma “accetta che svolga un ruolo di supervisione a distanza”.
Uno schiaffo in faccia ai laburisti inglesi.
L’organizzazione ha inoltre respinto “categoricamente” la consegna della Striscia di Gaza a un comitato di transizione internazionale, in conformità con il piano Trump.
Riguardo allo scenario Medio Orientale, è di indubbio interesse la telefonata tra Putin e Netanyahu.
Come ha annunciato il Cremlino, il 6 ottobre gli sviluppi in Medio Oriente, tra cui il piano di Trump per porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza, sono stati al centro di una conversazione telefonica tra il presidente russo Vladimir Putin e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. I due leader hanno inoltre espresso interesse nel cercare una soluzione diplomatica al programma nucleare iraniano e nello stabilizzare la situazione in Siria.
Come si può ben vedere la Russia è della partita. Di Ursula, invece,nessuno se ne cale.
Del fallimento europeo nei rapporti con la Russia si interessa invece Angela Merkel, che denuda i Paesi baltici e la Polonia, ossia le avanguardie guerrafondaie dell’Unione e della Nato.
Lo fa in Ungheria, con uno schiaffo evidente a Bruxelles.
In un’intervista all’ungherese Partizán, a margine della presentazione della sua autobiografia Freiheit (“Libertà”) durante una visita a Budapest, Angela Merkel ha affermato che Polonia e Paesi baltici sarebbero i principali responsabili dell’attuale tensione dell'Occidente con la Russia.
Secondo la Merkel, Varsavia e le Capitali baltiche avrebbero impedito a Unione europea e Mosca di dialogare in un modo nuovo e non violento.
“A giugno 2021 - ha detto la Merkel - ho capito che Putin non prendeva più sul serio gli accordi di Minsk (firmati nel 2014 e nel 2015, dopo l’annessione della Crimea per fermare la guerra nel Donbass). Per questo, insieme a Macron, volevo un nuovo meccanismo per parlare direttamente con lui come Ue. Ma alcuni non lo hanno sostenuto, in particolare i Baltici, ma anche la Polonia era contraria, temendo che non avremmo avuto una politica comune verso la Russia". Infine Angela Merkel ha aggiunto: “Non possiamo dire oggi che cosa sarebbe successo se si fosse fatto".
In altre occasioni la Merkel aveva detto che gli accordi di Minsk erano serviti solo a prendere tempo.
Con le sue affermazioni, Angela Merkel distrugge in un colpo solo, e lo fa dall’Ungheria, la narrazione europea, quella dei neocon e l’armata Brancaleone dei volonterosi, nel frattempo decapitata da uno dei suoi eroici condottieri, ossia di quel Emmanuel Macron che ormai due francesi su tre vorrebbe fuori dalle scatole.
Di Starmer, dopo che persino Hamas non si fida dei laburisti (vedi rifiuto di Blair), c’è solo da spettare la caduta rovinosa assieme alla sua deriva orwelliana nella quale ha fatto precipitare l’Inghilterra di Sua Maestà Carlo III, sovrano che, con tutta evidenza, non ha la stoffa di sua madre.
Le esternazioni della Merkel si inseriscono in un quadro di consumazione delle alleanze interne all’Unione Europea che hanno come protagonista il Partito popolare e, in particolare, la Cdu-Csu.
Ne è segnale non da sottovalutare il salvataggio di Ilaria Salis, che poteva finire in galera in Ungheria e che avviene in contemporanea con le esternazioni della Merkel, guarda caso proprio in Ungheria.
Sulla vicenda del voto per la Salis si apprende che casualmente alcune pulsantiere dei banchi del PPE hanno funzionato male e addirittura quella dell'euro deputato Markus Ferber era guasta.
Il deputato Zdechovskì ha chiesto di ripetere la votazione perché non funzionava la strumentazione tecnica del collega della CdU, Markus Ferber. Ferber aveva avvisato la presidenza, ma Metsola non ha voluto interrompere la procedura andando avanti.
La conclusione è che La Salis si salva per un solo voto: non tornerà in cella.
La Salis esulta in aula a pugno chiuso: "Tutti anti fascisti".
La votazione segreta è durata 37 secondi: 306 a 305. In suo soccorso almeno 25 voti non di sinistra. E la Salis rivela: "So chi sono ma non farò mai i nomi", ossia da ora in poi sono in possesso del segreto dell’urna e sono in grado di condizionare 25 deputati che hanno tradito. Il Parlamento era spaccato a metà. Gli astenuti sono stati 17. Gli assenti erano 92. Tutto sarebbe cambiato se avesse funzionato bene la pulsantiera. Il ceco Tomas Zdechovsky denuncia: "Ho chiesto di ripetere il voto, non funzionava la pulsantiera del collega della Cdu".
Ilaria Salis, eletta nel 2024 con Alleanza Verdi e Sinistra (Avs), fa parte del gruppo parlamentare "La Sinistra" (The Left) al Parlamento Europeo. Questo gruppo, noto anche come GUE/NGL, conta attualmente 37 deputati.
Sono 37 deputati a disposizione per i giochi di qualsiasi genere. Così come lo sono i 25 sotto ricatto di far sapere il loro nome. In totale 62 deputati da giocare su vari tavoli.
La votazione ha ben poco a che fare con le sorti della Salis, delle quali a nessuno importa qualcosa, ma rientra in un guazzabuglio di trattative che riguarda sia l’Unione Europea, sia la Germania e che, soprattutto, riguarda il Partito popolare europeo, ormai chiaramente di fronte al fallimento delle politiche green condotte con la finanza globalista e a quelle delle delocalizzazioni in Cina, condotte dalla stessa Merkel che ora si smarca.
Merkel e Salis fanno parte della stessa profonda spaccatura che si è creata nella Cdu/Csu e che pone ai tedeschi e, di conseguenza, al Partito popolare europeo, il problema di fare i conti con la realtà e di cambiare radicalmente politica e alleanze. In politica nulla è gratuito e il salvataggio della Salis necessita di una contropartita che vedremo presto nelle posizioni che prenderanno i suoi sodali di gruppo e di partito.
La sinistra, comunque e ovunque, si agita nelle sue contraddizioni ormai insanabili. Dopo aver strumentalizzato la senatrice Liliana Segre per farne una bandiera dell’antifasssssssimo, unica risorsa di un Pd per il resto senza idee, ora la massacra difendendo le posizioni della dottoressa Albanese, alla quale i comuni retti dal Pd assegnano cittadinanze onorarie.
Va così che il figlio della senatrice Liliana Segre mette i puntini sulle ì di una deriva che andrebbe letta in chiave tanatologica, ossia nella chiave di chi, ormai in coma, usa tutti i mezzi per tentare di respirare.
Il figlio di Liliana Segre, Luciano Belli Paci, in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha affermato”: Purtroppo avevo già l'idea che la dottoressa Albanese facesse parte di quella categoria ahimè ampia di persone che io definisco ossessionate da Liliana Segre. C'era infatti già stato un precedente. La giurista aveva postato una sua immagine davanti a un murale con il volto di mia madre e la parola 'indifferenza'. L'hashtag era #Gazagenocide, come a dire che le dichiarazioni fatte da Liliana Segre su Gaza fossero in contraddizione con il suo impegno di sempre a non voltarsi dall'altra parte. Evidentemente Albanese non aveva letto le parole di mia madre in cui afferma di provare repulsione per il governo di Netanyahu e la destra fascistoide e razzista al potere oggi in Israele; quelle in cui dice che bisogna piangere per i bambini di ogni nazionalità ed esprime dolore per le vittime civili; quelle in cui denuncia i crimini di guerra e contro l'umanità commessi sia da Hamas sia dall'esercito israeliano. È bastato che esprimesse il suo pensiero sull'opportunità di non usare la parola genocidio per suscitare disprezzo".
"In Italia – prosegue Luciano Belli Paci - sembra in atto, non solo da parte di Albanese, una sorta di 'pulizia del pensiero' per cui non solo bisogna dire certe cose, ma dirle anche in un certo modo. Questo però distrugge il confronto democratico. In questa fase la guerra è stata importata nel dibattito, lo contamina. È come se ci fosse un arruolamento dall'una o dall'altra parte. E questo non porta benefici ai palestinesi, ma solo intolleranza. Non siamo ancora arrivati alla situazione degli anni Settanta, ma dobbiamo tenere presente che la violenza fisica parte sempre da una violenza che prima è stata verbale e morale".
La deriva della sinistra verso il baratro è inarrestabile, anche per il fatto che dagli Usa arrivano notizie (vedi articoli sul giornale) di misfatti resi pubblici e perseguiti.
Il quadro internazionale sta cambiando rapidamente e se hai in zucca non il sale ma il salis la prosepttiva è la confusione perenne.