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Politica

LA SCHIZOFRENIA ITALIANA A MEZZA STRADA TRA USA E CINA

LA SCHIZOFRENIA ITALIANA A MEZZA STRADA TRA USA E CINA

“L’Italia si crede sulla luna. E’ ora di rimettere i pedi in terra”.

Lapidario l’esordio dell’editoriale di Lucio Caracciolo sul Limes (8/2021), al quale si aggiunge un'altra lapidaria sentenza: “Nell’Europa ideale che esiste solo nelle fantasie degli europeisti, il punto di ripartenza sarebbe un esercizio di ripensamento strategico fra tutti i soci veterocontinentali della Nato, da riportare in corale consonanza al Numero Uno”.

Di ripensamento strategico non si vede nemmeno l’ombra, nonostante la presenza di Mario Draghi, la quale dovrebbe indicare che la prua è ora rivolta verso Occidente e non più verso il Dragone.

Il condizionale è d’obbligo.

Quanto accade sul versante militare va in questa direzione.

La Marina Militare italiana intende adottare i missili cruise, moltiplicando il raggio d’azione dei suoi sistemi d’attacco. Si tratta infatti di armi con una portata di oltre mille chilometri, che verrebbero imbarcate sui nuovi sottomarini e successivamente anche sulle fregate Fremm.

In questo modo, la capacità di deterrenza contro minacce d’ogni tipo e la possibilità di tutela dell’interesse nazionale si allargherebbe – ad esempio – fino a includere l’intero territorio libico.

L’Italia avrà inoltre la più grande flotta di aerei da spionaggio elettronico d’Europa: dieci jet con i sistemi più avanzati e costosi del pianeta, in grado di individuare, analizzare e disturbare qualunque impulso, dai telefonini ai radar. Un programma ambizioso, presentato a novembre 2020, che decreta l’acquisto di altri otto 007 alati da Stati Uniti e da Israele, in aggiunta ai due già in servizio.

Questi aerei sono capaci di intercettare qualunque emissione su un’area vastissima, analizzarla in tempo reale con l’intelligenza artificiale e distribuire i risultati ai comandi di Esercito, Marina e Aeronautica. Diventeranno gli snodi volanti di una rete di sorveglianza globale, scambiando informazioni direttamente con i satelliti, con i caccia, con le navi o con i reparti di fanteria. In più possono compiere operazioni mirate per la lotta al terrorismo.

La Gran Bretagna ha tre aerei di questo tipo, seppur più grandi; la Francia ha scelto di acquistarne tre e persino Israele ne schiera otto. L’Italia invece ne vuole dieci.

Il velivolo scelto, tuttavia, sta per uscire dalla produzione e per adattare un altro modello bisognerebbe affrontare spese ancora più consistenti. Per questo saranno comprati negli Usa otto bireattori Gulfstream G-550, che successivamente verranno modificati dall’azienda israeliana Elta per renderli compatibili con l’attività di intelligence. Poi soltanto sui primi due saranno montati gli apparati elettronici. Gli altri sei rimarranno ad aspettare i finanziamenti.

Stando alla rivista specializzata Rid, i primi due Gulfstream saranno dotati di sistemi elettronici forniti dall’azienda statunitense L-3 Harris attraverso un accordo con il governo di Washington: una scelta imposta dalla necessità di avere apparati integrati nella rete della Nato. Per alcuni degli altri sei invece si ipotizza di ricorrere a strumentazione israeliana simile a quella dei due velivoli già in servizio con l’Aeronautica: è una versione chiamata Caew dedicata al monitoraggio dello spazio aereo, che funziona anche da radar volante pur mantenendo potenti capacità di intelligence.

Poiché non si tratta di prodotti nazionali sono state previste compensazioni per le ditte italiane.

Con Israele c’è la volontà di sviluppare ulteriormente gli ambiti di cooperazione nel settore militare, una collaborazione che contribuisce sia alla rispettiva sicurezza dei paesi che a ulteriori positive ricadute in termini industriali.

L’accordo con gli Stati Uniti prevede compensazioni per le aziende italiane pari al 93% del valore. A beneficiarne dovrebbe essere soprattutto il gruppo Leonardo.

Dopo l’accordo con l’America per la costruzione delle fregate di nuova generazione e l’arrivo degli F35b sulle due portaerei italiane, questo quadro fa capire che l’Italia militare è sempre più integrata con la nato, con gli Usa e con Israele.

Inoltre, l’Italia è impegnata nella costruzione di un caccia di sesta generazione, il Tempest, con la Gran Bretagna.

Tutto farebbe pensare che la prua della nave Italia sia rivolta a Occidente, ma il Governo Draghi si appoggia su una maggioranza dove buona parte del Pd, Leu e il M5S guardano al Dragone come riferimento geopolitico, commerciale e anche ideale. Beppe Grillo tesse le lodi di Xi Jinping. Massimo D’Alema e la sua filiera sono espressamente orientati verso la Cina. I memorandum firmati dal Governo Conte con la Cina hanno aperto la Via della Seta europea, obbedendo alla logica tedesca, che vorrebbe sempre più l’Unione Europea in posizione neutrale tra Usa e Cina per garantire i commerci tedeschi.

Il recente schiaffo dato all’Europa e alla Francia con la formazione dell’intesa militare Aukus ha fatto capire che un’Europa filo cinese non è più affidabile per gli usa e per il Regno Unito, che hanno costituito la più grande flotta integrata del mondo, con il conseguente dominio dei mari.

Che vuol fare l’Italia? Come si può avere una postura geopolitica atlantica e avere nel Governo ministri come Roberto Speranza, che è dello stesso partito filocinese di D’Alema, o ministri che rispondono allo logiche della filiera ulivista, altrettanto filo cinese o, ancora, ministri del M5S, dichiaratamente ormai alleato del Dragone?

Oggi la Germania dirà quanto conta ancora la politica delle Merkel e il gioco uscirà allo scoperto.

L’Italia continuerà a giocare con il green pass, a pensare che il prossimo Presidente della Repubblica debba essere di area ulivista, per decreto divino, o intende finalmente scendere dalla luna, scrollandosi di dosso il peso di chi ormai è maggioranza nel Parlamento, ma è minoranza nel Paese?

E Mario Draghi come intende fare i conti con il condizionamento cinese che grava da troppo tempo sul Paese?

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