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Politica

PENSIERINO DOMENICALE PER TECNOCRATI E GUERRAFONDAI

PENSIERINO DOMENICALE PER TECNOCRATI E GUERRAFONDAI

Cantava Fabrizio De André:

“La morte verrà all'improvviso
Avrà le tue labbra e i tuoi occhi
Ti coprirà d'un velo bianco
Addormentandosi al tuo fianco
Nell'ozio, nel sonno, in battaglia
Verrà senza darti avvisaglia
La morte va a colpo sicuro
Non suona il corno né il tamburo”.

Moriranno anche loro, i transumanisti guerrafondai, magari non in trincea, forse nel loro letto, ma moriranno.

E’ ora di ricordalo a lor signori: morirete anche voi. Morirete come muoiono quelli che mandate al fronte, obbligati a morire. Morirete nonostante abbiate il portafogli gonfio e sperate, con quello, di accedere alla follia transumanista uscita dalla rielaborazione del cosmismo in quel di Paolo Alto e della Silicon Valley.

Morirete, perché siete umani, mortali, non siete dèi e tutti i vostri soldi e il vostro potere lo lascerete sulla Terra, mentre calerete in una fredda tomba o sarete inceneriti dal fuoco.

Morirete!

Perché questo pensierino terrorizzante per chi sogna l’eternità tecnologica? Perché lor signori vanno ripagati con la stessa loro moneta che, oggi, è la diffusione della paura, dell’angoscia, in uno scenario da terza guerra mondiale che punta, ancora una volta, a riempire i portafogli e con quelli ad aumentare il potere.

Codardi transumanisti, alla ricerca dell’eternità materiale, fanno i guerrafondai, mandando gli altri a morire, mentre loro, tremebondi, tentano di eternarsi transumanandosi.

Yuval Noah Harari, nel suo best seller: “Homo deus. Breve storia del futuro” (Bompiani)

ha esternato la grande illusione.

“Il successo – ha scritto Yuval Noah Harari - alimenta l’ambizione e i nostri recenti trionfi stanno spingendo il genere umano verso mete ancora più grandiose. Dopo aver assicurato livelli di prosperità, salute e armonia che non hanno precedenti, e tenendo presente la nostra storia e i nostri valori correnti, gli obiettivi futuri del genere umano saranno l’immortalità, la felicità e la divinità. Dopo aver ridotto le cause di decesso intervenendo sulla carenza alimentare, le malattie e la violenza, miriamo a prevalere sull’invecchiamento e perfino sulla morte stessa. Dopo aver salvato le persone dall’abiezione della miseria, puntiamo a far sì che siano felici per quello che hanno. E infine, dopo aver sollevato l’umanità dal livello bestiale della sopravvivenza, coltiviamo l’ambizione suprema di elevare gli umani al rango di divinità, di trasformare Homo sapiens in Homo Deus”.

Harari fissa anche un tempo per la realizzazione dell’Uomo Dio tecnologico e trasumanista: “Diversi indizi inducono a pensare che nel XXI secolo gli umani faranno un serio tentativo di diventare immortali”.

Ci siamo, il XXI secolo è iniziato. Beata idiozia.

Ovviamente la tracotanza non ha limiti. Mentre si invoca la naturalità green per salvare il pianeta, si vorrebbe che l’essere umano non toccasse nulla della natura, lasciando che questa si regoli da sola, si dichiara “guerra senza quartiere” alla morte invocando le regole dell’uomo.

“La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo adottata dalle Nazioni Unite dopo la seconda guerra mondiale, che è forse il documento più vicino che abbiamo a una costituzione mondiale, – scrive Harari - stabilisce in modo categorico che il “diritto alla vita” è il valore fondamentale dell’umanità. Poiché la morte rappresenta una chiara violazione di questo diritto, la morte è un crimine contro l’umanità, e noi dovremmo dichiararle una guerra senza quartiere”.

Manca poco che si convochi Morte, assieme a Natura, alla Corte penale dell’Aja, per sottoporle a processo per crimini contro l’umanità. Così il manicomio avrà definitivamente conquistato l’Occidente. Si, l’Occidente, perché questa è follia occidentale, come quella della fine della storia del dotto Fukuyama, altra amenità di questa civiltà occidentale in totale sbandamento.

Harari arriva al punto della questione, ossia all’onnipotenza della tecnica, che significa l’onnipotenza delle élite tecnocratiche e afferma: “Al giorno d’oggi le persone vedono la morte come un problema tecnico che possiamo e dovremmo risolvere. E per ogni problema tecnico esiste una soluzione tecnica. Non abbiamo bisogno di aspettare il “secondo avvento” per sconfiggere la morte. Un paio di nerd in un laboratorio è in grado di farlo. Se tradizionalmente la morte era materia per preti e teologi, adesso se ne stanno appropriando gli ingegneri e gli scienziati”.

Amen. Spirito e anima sono serviti. L’umano è solo carne, nervi, neuroni (forse), processi chimici ed elettromagnetici e via discorrendo.

“Gli scienziati – ci spiega inossidabile Harari - hanno sottoposto Homo sapiens a decine di migliaia di bizzarri esperimenti, hanno cercato in ogni anfratto dei nostri cuori e in ogni piega dei nostri cervelli. Ma finora non hanno scoperto alcuna scintilla magica. Non c’è evidenza scientifica che, al contrario dei maiali, i Sapiens abbiano un’anima”.

Capito? In fondo siamo come i maiali. E allora? Allora la differenza la fa il portafogli.

Harari ce lo dice brutalmente. La tecnocrazia ci dice che “chiunque possieda un corpo in buone condizioni di salute e un altrettanto robusto conto in banca nel 2050 avrà parecchie possibilità di raggiungere l’immortalità sfuggendo alla morte un decennio alla volta”.

Ergo, se siete ricchi e diventate sempre più ricchi, di decennio in decennio, potete beffare la morte, mentre se siete poveri rimanete solo come dei maiali, senza anima e senza spirito, carne da cannone da mandare al fronte per arricchire chi produce armi, ossia gli stessi che volevano il green (inondato di piscia di vacca dai trattoristi) e che hanno condotto la pandemia con una campagna di controllo delle masse da regime nazicomunista.

Per dirla in sintesi, se la vita e addirittura la felicità sono determinate dal nostro sistema biochimico, allora, con adeguata dose di soldi (la musica è sempre la stessa), si possono attivare gli aggiustamenti del sistema, fino a diventare immortali.

Attenzione però: “Sarà necessario intervenire sulla nostra biochimica e reingegnerizzare i nostri corpi e le nostre menti” e “l’applicazione delle biotecnologie non attenderà pazientemente che la selezione naturale si esibisca con i suoi consueti numeri di magia. Al contrario, gli ingegneri genetici prenderanno il vecchio corpo Sapiens e in modo intenzionale riscriveranno il suo codice genetico, allacceranno in diverse configurazioni i circuiti neuronali, altereranno il suo equilibrio biochimico e addirittura svilupperanno arti del tutto nuovi. Di conseguenza creeranno una nuova specie di divinità minori, che potrebbero essere tanto diverse dai Sapiens quanto noi lo siamo da Homo erectus”.

Follia nazista? Follia cosmista? Follia tecnocratica? In ogni caso follia. Manicomio. Delirio.

E invece? Morirete. Morirete anche voi, con la vostra tecnologia, e morirete disperati, perché stando all’idea che l’essere umano non è altro che corpo, quando avrete di fronte la morte avrete di fronte il nero abisso del nulla, la fine di ogni vostro desiderio, pensiero, azione, potere, ricchezza. Sarete di fronte alla vostra totale eliminazione. Sarete disperati e soli, mentre Sorella Morte vi dissolverà nel vostro nulla.

Ora gli stessi che hanno favorito le follie transumaniste, l’ideologia woke, il Green Deal, la carne sintetica, la farina di grilli, la fine della storia, hanno cominciato a suonare la ballata della morte per gli altri, ossia per i “maiali” senza soldi, quelli da mandare al fronte come carne da cannone.

Il gioco è quello della paura, dell’angoscia, del nemico alle porte, della guerra nucleare e, conseguentemente, della fine del mondo.

Ci dicono senza ritegno che è finita l’era post bellica e che siamo entrati nell’era pre bellica.

Attenti signori della guerra: morirete, morirete anche voi.

La morte è ‘a livella.

Ce lo dice Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, massone, in arte Totò.

'A Livella
La livella è le escroveto che l'usa il muratore per nivelari il muro, dunque
Ogn'anno, il due novembre, c'é l'usanza
Per i defunti andare al Cimitero
Ognuno ll'adda fà chesta crianza
Ognuno adda tené chistu penziero
Ogn'anno, puntualmente, in questo giorno
Di questa triste e mesta ricorrenza
Anch'io ci vado, e con dei fiori adorno
Il loculo marmoreo 'e zi' Vicenza

St'anno m'é capitato 'navventura
Dopo di aver compiuto il triste omaggio
Madonna, si ce penzo, e che paura!
Ma po' facette un'anema e curaggio

'O fatto è chisto, statemi a sentire
S'avvicinava ll'ora d'à chiusura
Io, tomo tomo, stavo per uscire
Buttando un occhio a qualche sepoltura

"Qui dorme in pace il nobile marchese
Signore di Rovigo e di Belluno
Ardimentoso eroe di mille imprese
Morto l'11 maggio del'31"

'O stemma cu 'a curona 'ncoppa a tutto
Sotto 'na croce fatta 'e lampadine
Tre mazze 'e rose cu 'na lista 'e lutto
Cannele, cannelotte e sei lumine

Proprio azzeccata 'a tomba 'e stu signore
Nce stava 'n 'ata tomba piccerella
Abbandunata, senza manco un fiore
Pe' segno, sulamente 'na crucella

E ncoppa 'a croce appena se liggeva:
"Esposito Gennaro - netturbino"
Guardannola, che ppena me faceva
Stu muorto senza manco nu lumino

Questa è la vita! 'ncapo a me penzavo
Chi ha avuto tanto e chi nun ave niente
Stu povero maronna s'aspettava
Ca pur all'atu munno era pezzente?

Mentre fantasticavo stu penziero
S'era ggià fatta quase mezanotte
E i'rimanette 'nchiuso priggiuniero
Muorto 'e paura... nnanze 'e cannelotte

Tutto a 'nu tratto, che veco 'a luntano?
Ddoje ombre avvicenarse 'a parte mia
Penzaje: stu fatto a me mme pare strano
Stongo scetato... dormo, o è fantasia?

Ate che fantasia; era 'o Marchese
C'o' tubbo, 'a caramella e c'o' pastrano
Chill'ato apriesso a isso un brutto arnese
Tutto fetente e cu 'nascopa mmano

E chillo certamente è don Gennaro
'Omuorto puveriello' o scupatore
'Int 'a stu fatto i' nun ce veco chiaro
So' muorte e se ritirano a chest'ora?

Putevano sta' 'a me quase 'nu palmo
Quanno 'o Marchese se fermaje 'e botto
S'avota e tomo, tomo, calmo, calmo
Dicette a don Gennaro: "Giovanotto!"

Da Voi vorrei saper, vile carogna
Con quale ardire e come avete osato
Di farvi seppellir, per mia vergogna
Accanto a me che sono blasonato!

La casta è casta e va, si, rispettata,
Ma Voi perdeste il senso e la misura
La Vostra salma andava, si, inumata
Ma seppellita nella spazzatura

Ancora oltre sopportar non posso
La Vostra vicinanza puzzolente
Fa d'uopo, quindi, che cerchiate un fosso
Tra i vostri pari, tra la vostra gente

"Signor Marchese, nun è colpa mia
I'nun v'avesse fatto chistu tuorto
Mia moglie è stata a ffa' sta fesseria
I' che putevo fa' si ero muorto?

Si fosse vivo ve farrei cuntento
Pigliasse 'a casciulella cu 'e qquatt'osse
E proprio mo, obbj'...'nd'a stu mumento
Mme ne trasesse dinto a n'ata fossa"

"E cosa aspetti, oh turpe malcreato
Che l'ira mia raggiunga l'eccedenza?
Se io non fossi stato un titolato
Avrei già dato piglio alla violenza!"

"Famme vedé.-piglia sta violenza
'A verità, Marché, mme so' scucciato
'E te senti; e si perdo 'a pacienza
Mme scordo ca so' muorto e so mazzate!

Ma chi te cride d'essere, nu ddio?
Ccà dinto, 'o vvuo capi, ca simmo eguale?
Muorto si'tu e muorto so' pur'io;
Ognuno comme a 'na'ato é tale e quale"

"Lurido porco! Come ti permetti
Paragonarti a me ch'ebbi natali
Illustri, nobilissimi e perfetti
Da fare invidia a Principi Reali?"

"Tu qua' Natale, Pasca e Ppifania
T"o vvuo' mettere 'ncapo' int'a cervella
Che staje malato ancora è fantasia?
'A morte 'o ssaje ched"e? è una livella.

'Nu rre, 'nu maggistrato, 'nu grand'ommo
Trasenno stu canciello ha fatt'o punto
C'ha perzo tutto, 'a vita e pure 'o nomme
Tu nu t'hè fatto ancora chistu cunto?

Perciò, stamme a ssenti, nun fa"o restivo
Suppuorteme vicino-che te 'mporta?
Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive
Nuje simmo serie, appartenimmo à morte!"

 

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